Perché questo articolo potrebbe interessarti? La rotta libica dell’immigrazione potrebbe tornare a far paura: i trafficanti del Paese nordafricano sono pronti a sfruttare le conseguenze della linea dura del governo tunisino contro le organizzazioni locali. A confermarlo a TrueNews è anche una fonte diplomatica impegnata sul campo: “Aspettiamoci – dichiara – un nuovo aumento di partenze dalla Libia il prossimo anno”. Intanto a Tripoli si fa ancora fatica a trovare una stabilità.
Il maltempo degli ultimi giorni sta dissuadendo molti trafficanti dal mettere in mare i barconi. Questo spiega come mai, secondo i dati aggiornati del Viminale, nei primi giorni di dicembre sono stati registrati 475 migranti sbarcati. Una cifra esigua, specie se paragonata a quella dei mesi precedenti.
Guardando però sempre ai dati del ministero dell’Interno, da ottobre in poi un certo calo nel trend degli arrivi irregolari c’è effettivamente stato. Se ad esempio nel mese di ottobre del 2022 i migranti approdati sono stati 13.492, nello stesso mese dell’anno in corso invece i numeri si sono fermati a 10.277 persone arrivate. Nel novembre 2022 invece, gli arrivi lungo le coste italiane sono stati 9.061, nel mese appena trascorso invece ci si è fermati a 8.317.
“Un piccolo trend al ribasso c’è stato, poca cosa se considerato che si viaggia su medie record di sbarchi – dichiara una fonte diplomatica a TrueNews – ma almeno forse si sta riuscendo a invertire la tendenza”. È la stessa fonte però a spiegare come all’orizzonte non mancano altre insidie e altre incognite per l’Italia: “Se oggi i numeri appaiono quantomeno stabilizzarsi – ha aggiunto – è perché qualcosa di positivo si muove dalla Tunisia. Il problema però è che i trafficanti si stanno riorganizzando in Libia”.
Dalla Tunisia alla Libia, i trafficanti non rinunciano al business
Nell’ultimo biennio la rotta che ha maggiormente preoccupato l’Italia è stata quella tunisina. Per rendere un’idea, così come scritto da Alessandro Scipione su AgenziaNova, nel 2023 dalla Tunisia sono arrivati 99mila migranti. Più della metà complessivi. Dalla Libia invece, le persone sbarcate irregolarmente sono state 44mila. Non è un caso se Giorgia Meloni più volte si è recata a Tunisi e in due occasioni anche in compagnia del presidente della commissione europea, Ursula Von Der Leyen.
Tra le parti sono stati sottoscritti memorandum e accordi che prevedono soldi diretti verso l’altra sponda del Mediterraneo, in cambio di maggiori controlli da parte della guardia costiera tunisina: “Posso confermare – sostiene la fonte diplomatica sentita da TrueNews – che le partenze dalla Tunisia stanno diminuendo. Non è detto però che tutto sia semplicemente figlio degli accordi dei mesi scorsi”. I dati dell’ultimo bimestre sono condizionati dalle condizioni meteo, per forza di cose più avverse rispetto alla stagione estiva.
“Al netto del mare mosso, qualcosa comunque si muove – ha aggiunto la fonte – è possibile registrare molti interventi da parte delle forze dell’ordine tunisine”. Non è il momento però di tirare un sospiro di sollievo: “I trafficanti tunisini hanno sostituito quelli libici – spiega il diplomatico – questi ultimi sono stati per mesi perseguitati dal governo di Tripoli, contro di loro sono stati usati anche i droni”. Adesso però tutto potrebbe tornare al punto di partenza: “A breve in Libia accadrà esattamente quello che è accaduto prima in Tunisia – ha sottolineato la fonte – quando è stata Tripoli a reprimere il fenomeno migratorio, a guadagnarci sono stati i trafficanti tunisini. Ora che Tunisi ha deciso di arginare l’attività dei trafficanti, tutto passerà nuovamente nelle mani dei criminali libici”.
Perché la situazione in Libia preoccupa
Il premier Ddeibah a Tripoli è in carica dal marzo del 2021. Il suo mandato si sarebbe dovuto limitare al dicembre di quello stesso anno, mese individuato per le elezioni. Il voto non c’è mai stato e il politico e uomo d’affari misuratino è potuto rimanere al suo posto. Ddeibah in questi due anni ha intrattenuto ottimi rapporti con gli ultimi presidenti del consiglio italiani, Draghi prima e Meloni poi. E ha promesso una lotta senza quartiere ai trafficanti e ai contrabbandieri. Non certo per amor di pace o amor d’Italia, ma più semplicemente perché il premier libico non sopporta di dover spartire il controllo del territorio con piccoli e grandi gruppi criminali, i quali agiscono come unici attori in grado di avere voce in tante realtà locali.
Ad ogni modo, una campagna contro i trafficanti Ddeibah l’ha seriamente lanciata. E non soltanto elargendo soldi per mantenere buoni i capi locali oppure trasformando loro in guardiacoste, come accaduto in passato. Le forze vicine a Tripoli hanno lanciato attacchi frontali ai contrabbandieri, bombardando i loro covi e le fabbriche di produzione dei barconi. Questo ha portato alla diminuzione delle partenze dalla Tripolitania o almeno a un contenimento.
“Ma ora il quadro sta nuovamente mutando – dichiara la fonte diplomatica – non perché Ddeibah ha rinunciato alla lotta contro i trafficanti, ma semplicemente perché i criminali stanno prendendo le loro contromisure”. I clan che hanno conservato un forte radicamento territoriale, soprattutto nelle aree di Zawiya, Sabratah e in altre città a ovest di Tripoli, sono pronti a serrare i ranghi e ad approfittare di un’eventuale parziale chiusura della rotta tunisina.
La partita internazionale per il controllo del Paese nordafricano
Il vero problema della Libia riguarda la stabilità e la mancanza di vere istituzioni statali. Al netto della buona volontà di Ddeibah, senza però un vero esercito e un vero apparato di sicurezza è impossibile dare continuità alla lotta ai trafficanti. Questi ultimi, non appena notano un calo nell’azione delle forze di Tripoli, sono subito pronti a rialzare la testa. Anche perché, in un contesto frammentato e diviso come quello libico, la corruzione rimane un’arma molto potente nelle mani di chi controlla l’enorme flusso di denaro ricavato illegalmente.
Senza la ricostruzione di un vero apparato statale e senza la riunificazione del Paese, l’Italia sarà sempre esposta alla posizione di forza di molti trafficanti. Nel 2024 è quindi lecito attendersi un nuovo aumento di partenze dalla Libia, in grado di rimpiazzare i vuoti che probabilmente lasceranno i trafficanti tunisini.
Anche perché il processo di riunificazione è tutt’altro che semplice. Sotto il profilo interno, il Paese è spaccato tra un’area di influenza del governo di Tripoli e una, corrispondente alla Cirenaica e a parte del Fezzan, sotto il controllo militare dell’esercito di Haftar. Ddeibah e Haftar hanno dialogato nei mesi scorsi, giungendo a un tacito cessate il fuoco. Ma sulla stabilità della Libia spirano venti esterni che potrebbero far deragliare nuovamente il treno della stabilizzazione.
Gli Usa ad esempio, sono impegnati a dialogare sia con Ddeibah e con Haftar: è interesse di Washington giungere a una risoluzione della questione libica, questo al fine di ridimensionare l’influenza della Russia. Mosca infatti ha in Haftar il principale alleato in Libia e spera, in virtù dei generosi aiuti forniti al generale, di ottenere il via libera per la costruzione di una base navale in Cirenaica. Sarebbe la seconda base russa nel Mediterraneo, dopo quella siriana di Tartus. Circostanza non certo gradita dalla Casa Bianca. La Libia, in poche parole, potrebbe diventare nuovo terreno di scontro tra Mosca e Washington.