Lo scorso 24 maggio Papa Francesco ha nominato il cardinale Matteo Maria Zuppi Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. La nomina del successore di Gualtiero Bassetti alla guida della Cei è stata salutato con simpatia dalla stampa italiana. Un entusiasmo amplificato dall’annuncio della pubblicazione entro il prossimo novembre di un rapporto sugli abusi sui minori nella Chiesa dal 2000. Ma chi è veramente il cardinale Zuppi? Domenico Agasso, esperto vaticanista de La Stampa e coordinatore del portale Vatican Insider, fa un ritratto dell’arcivescovo di Bologna e nuovo presidente della Cei.
Dottor Agasso, chi è davvero il cardinale Zuppi?
È un prelato che è stato prete di strada e che adesso, anche da arcivescovo di una diocesi molto importante come quella di Bologna, sa essere uomo di governo. Non ha perso lo spirito del prete di strada, ma ha mostrato capacità di governo attraverso il dialogo e l’ascolto. Di tutti, a destra e a sinistra. Lo dimostra l’enorme consenso trasversale che ha ricevuto la sua nomina. È una figura che riesce a conciliare un po’ tutte le virtù dell’uomo di Chiesa. La sua diplomazia e capacità di unire porteranno una maggiore coesione all’interno dell’episcopato italiano.
Pensa che troverà più sponde anche in politica italiana?
Quando qualcuno, semplificando, dice che Zuppi è più vicino alla sinistra, sbaglia. La sua forza sta nella trasversalità. Certamente, incarna molti valori che idealmente appartengono alla sinistra. Sarà il presidente degli ultimi, come ha titolato La Stampa, ma possiede anche un alto profilo teologico e spirituale. Soprattutto, non ha pregiudizi politici: troverà sponde dappertutto. Il suo nome parte con una forza mediatica e politica enorme. Un patrimonio di affetto, di consenso e di stima bipartisan. È ovvio che in futuro si esporrà da presidente della Cei, con i rischi di polemica che comporterà. Lui d’altronde non si è mai sottratto, anche quando era arcivescovo di Bologna. Il suo era un nome già influente a livello giornalistico e politico, prima ancora di diventare presidente della Cei. Quando parlava, non lasciava indifferenti i politici e i commentatori.
Dopo anni sotto traccia di Bassetti, pensa che la Cei tornerà a esercitare una qualche influenza sulla politica italiana, come era stata magari negli anni addietro?
Penso che potrà avere una incisività maggiore nel dibattito politico, ma questo non vuol dire per forza “ingerenza”. Ho intervistato Zuppi tante volte e credo che abbia la capacità di intuire dov’è il confine nel dovere di intervenire come Chiesa sui temi politici, sociali e di attualità.
In molti hanno cominciato a ipotizzare che anche in Italia la Chiesa possa scardinare il velo che c’è stato intorno alle questioni delle molestie.
Il dossier inchiesta sulla pedofilia è sicuramente il più spinoso che dovrà affrontare. Prima di tutto, Zuppi ascolterà quali sono le idee, le proposte e le richieste dell’episcopato italiano. Ha parlato chiaro nelle poche ore dopo la nomina e ha usato subito chiaramente le parole “sinodalità” e collegialità”. Lo farà all’interno del percorso sinodale che la Chiesa ha intrapreso per volere di Papa Francesco. Credo che metterà al centro dell’agenda il dossier abusi, dopo avere ascoltato collegialmente con la corresponsabilità degli altri vescovi. Secondo i retroscena che conosciamo noi vaticanisti, l’episcopato è un po’ diviso tra chi sostiene che l’indagine debba essere fatta da una commissione interna alla Chiesa e chi invece sostiene che debba essere fatta da una commissione esterna – come avvenuto in Francia e in Germania.
“Ascolto” e “sinodalità” sono parole chiave del mandato di Papa Francesco. Quando è vicino Zuppi al Pontefice?
Mi risulta vicinissimo. Il Papa ha una grande stima di lui, fin dai tempi di quando lo ha nominato arcivescovo di Bologna e poi lo ha creato cardinale. C’è sintonia tra i due, tant’è che Bergoglio non ha esitato, vedendo che è stato il più votato anche a nominarlo.
C’è chi sostiene che, dietro la nomina alla presidenza della Cei di Zuppi, ci sia un potenziale allontanamento da quella che poteva essere una possibile successione a Bergoglio. Sono supposizioni?
Non ci credo. Per quella che è la mia esperienza, il Conclave ha molto di prevedibile e moltissimo di imprevedibile. Quindi la tesi secondo cui diventare presidente della Cei provochi nemici che poi si riveleranno tali, ha poche basi. Non conosco figure di così alto livello, che hanno una capacità di dialogo e di consenso come Zuppi. E’ una presidenza che parte fortissimo. La Chiesa rimane un punto di riferimento sociale e politico, tuttora rilevante che con Zuppi potrà essere ancora più rilevante.
Più rilevante del mandato di Bassetti?
Non si possono fare confronti espliciti con Bassetti, che fu nominato in un momento diverso. C’erano esigenze diverse nella Cei e credo che Bassetti che abbia fatto il lavoro per cui il Papa lo aveva scelto: quello di cercare di puntare alla fraternità, a evitare gli scontri. Cinque anni fa il contesto storico e sociopolitico era molto diverso. Il confronto sarebbe fuorviante.
Tra i tre nomi che sono stati sottoposti al Papa per la Cei c’erano anche quello di Castellucci e Lojudice, secondo alcuni i veri candidati progressisti. Saranno i nomi della svolta tra 5 anni?
Il nome Zuppi era talmente forte che non poteva che finire così. Castelluccie Lojudice eano molto apprezzati e autorevoli. Però ho registrato che a livello giornalistico, politico e mediatico, ma anche tra la non segue le vicende ecclesiali e politiche, Zuppi viene veramente visto come una persona affidabile. Tutte queste dinamiche sono semplicemente una conseguenza del fatto che è entrato all’Assemblea generale elettiva n nome fortissimo, cioè.
Facciamo “fanta-conclave”. Può essere un nome papabile, quello di Zuppi, per interrompere la serie storica che vede che i presidenti della Cei non sono mai diventati papi?
La risposta secca è: sì. Ma non voglio portargli sfortuna, lo dico con scaramanzia per il nome di Zuppi. Vuole essere un auspicio.