Piano piano, lemme lemme, il muro viene giù. Quel muro invisibile che circondava la Terrazza Sentimento, il regno del milionario Alberto Genovese. Un muro fatto di soldi, di potere, di relazioni, di giornali e giornalisti compiacenti. Viene giù, quel muro, perché di fronte alle violenze sessuali, alle brutalità documentate nelle immagini del servizio di riprese a circuito chiuso della magione con affaccio sul Duomo, le balle e le pinzillacchere, le ginocchia piegate e la protezione pelosa hanno poco da reggere.
Anche perché sullo sfondo c’è questo diffondersi di casi, uno dopo l’altro, di ragazze che denunciano. Perché denunciano? Hanno ragione? Lo dirà il tribunale. Certo è che se ci fossero le riprese – e di immagini video ce ne sono a migliaia di ore – , saranno casi processualmente abbastanza semplici. E allora, se quello di Genovese è un pattern, uno schema, il problema non riguarda più solo lui. Riguarda tutti quelli che sono entrati in quella Terrazza Sentimento. Magari non tutti sapevano del vizietto, magari non tutti hanno visto. Ma non è neppure possibile che non abbia visto nessuno. E sorprende che qualcuno non si sia fatto avanti per denunciare. Perché una cosa come l’omertà con affaccio sulla Madonnina è qualcosa che l’immagine di Milano non si merita.