Perché leggere questo articolo? Dopo i risultati deludenti del M5s in Lombardia e Lazio, nel partito guidato da Giuseppe Conte ci si interroga sulle ragioni della sconfitta. E, in vista delle elezioni europee del 2024, bisognerà sciogliere alcuni nodi: la regola del doppio mandato, le alleanze, il rapporto con Beppe Grillo.
Doppio mandato, alleanze, prospettive in vista delle elezioni europee del 2024. Dopo qualche mese di tranquillità, nel M5s sembra tornato il caos. Anche se si tratta di una confusione più silenziosa rispetto al recente passato, alcuni nodi stanno per tornare al pettine. E la riflessione post-voto dell’avvocato di Volturara Appula sulla sconfitta alle regionali di Lazio e Lombardia sta aprendo nuove faglie all’interno del partito fondato da Beppe Grillo.
Le riflessioni di Conte
La prima spaccatura è tra i gruppi parlamentare e parte della base, tra deputati e senatori e il leader Conte. Dopo la batosta presa con Pierfrancesco Majorino e con la corsa solitaria di Donatella Bianchi, spuntano le prime critiche alla strategia di Giuseppe Conte. Tutte rigorosamente a taccuini chiusi, perché – come dice un parlamentare nel cortile di Montecitorio – “non metteremo mai in difficoltà pubblicamente il M5s, né parleremo male di Conte, abbiamo imparato dagli errori del passato”. Eppure l’ostinazione del leader 5 stelle nel chiudere le porte a ogni tentativo di dialogo con il Pd non trova l’approvazione degli eletti. Conte, prima della conferenza stampa la sera del voto, era indeciso se presentarsi o no davanti ai cronisti. “Ma gli altri leader non l’hanno fatto“, la giustificazione. E così l’ex premier guarda a ciò che accade negli altri partiti per decidere la prossima mossa.
“Dobbiamo capire che senza il Pd non vinceremo mai, nemmeno a livello nazionale”, dice a True-News.it un parlamentare al secondo mandato. Ma Conte ha spiegato che, in Lazio, la somma algebrica dei voti del candidato di centrosinistra Alessio D’Amato e della Bianchi non avrebbe comunque portato alla sconfitta del centrodestra, o no? “La gente non ha votato né noi né il Pd perché erano certi della nostra sconfitta. Se fossimo stati alleati avremmo preso tutti quanti più voti, a partire dal M5s”, è la voce che arriva dai gruppi parlamentari. Una voce diversa rispetto all’atteggiamento di Conte, che dopo le regionali si è presentato in conferenza stampa e ha picchiato a testa bassa contro il segretario uscente Enrico Letta.
Pd e Azione ma senza Italia Viva
Perciò nel Movimento aspettano il nuovo leader dei dem e sperano che l’abbraccio con il Nazareno arrivi, prima o poi, quasi obbligato dalla realtà dei numeri. Ma la cosa nuova è che tra gli eletti stellati non viene esclusa nemmeno la partecipazione del Terzo Polo – o di parte dei centristi – alla nuova coalizione contro la destra. Qui la speranza è quella di un divorzio tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, con il M5s che non si opporrebbe nemmeno a un accordo con Azione, ma senza Italia Viva.
In maniera più sfumata rispetto alle voci anonime, è arrivato anche un invito alla distensione da parte dall’ex ministro Stefano Patuanelli. In un’intervista a La Stampa, ha stemperato i toni: “Non facciamo la corsa sui dem, loro mettano da parte il loro ego”. Perfino Marco Travaglio, grande consigliere di Conte, in un editoriale sul Fatto Quotidiano di mercoledì, ha ricordato che la destra vince lucrando sulle divisioni delle opposizioni. Due voci molto importanti che aprono alla possibilità di un recupero dei rapporti con il Pd. A cui si aggiungono moltissimi parlamentari, con qualche nome di vertice come i vice di Conte Michele Gubitosa e Alessandra Todde. Più dubbiosi, oltre allo stesso leader, altri esponenti di peso come Paola Taverna, Riccardo Ricciardi e l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino.
Le spade di Damocle di Conte: Europee e doppio mandato
Il tema si intreccia con le previsioni in vista delle Europee del prossimo anno. I Cinque Stelle in Parlamento sperano di arrivare a quell’appuntamento con un rapporto ritrovato con il Pd. Ma temono le preferenze, in virtù delle performance negative dei candidati del M5s nelle elezioni in cui l’elettore sceglie direttamente il candidato. Uno dei motivi di questa debolezza è la poca riconoscibilità dei candidati grillini. L’elettorato, infatti, riconosce chiaramente Conte e pochi altri. Proprio per questo motivo crescono le richieste di rivedere la regola del doppio mandato, consentendo di correre in altre Istituzioni anche a chi ha già esaurito i due mandati in Parlamento. Resta la contrarietà di Beppe Grillo a qualunque tipo di deroghe. E quello del rapporto con il fondatore è un altro dei nodi da risolvere, per il nuovo M5s di Giuseppe Conte.