Mentre in Russia viene attaccato il premio Nobel per la pace Dmitrij Muratov, direttore della Novaja Gazeta, e le influencer distruggono le borse di Chanel per protesta, gli episodi di russofobia avvengono e crescono anche in Italia.
Dalla Bicocca al festival Fotografia Europea
Un mese fa l’Università Bicocca ha annullato la lezione di Paolo Nori su Dostoevskij, ma questo non è stato l’unico caso. In generale si è verificato un aumento dell’isolamento e della violenza verso le persone di origine russa. Il fenomeno coinvolge anche chi è stato adottato ed è cresciuto come cittadino italiano fin dai primi anni di vita. È un fenomeno speculare a quello avvenuto a marzo 2020 con la prima ondata della pandemia: la discriminazione delle persone di origine asiatica.
La russofobia dilagante riguarda più ambiti. Innanzitutto i grandi eventi pubblici, come la retrospettiva sul regista russo Karen Georgievich, cancellata dal Museo del Cinema di Torino. Simile è la dipartita dalla Scala di Milano del direttore d’orchestra Valery Gergiev, considerato filogovernativo, e della soprano Anna Netrebko, che invece si era espressa contro l’invasione russa. Anche il fotografo Alexander Gronsky è stato escluso dal festival Fotografia Europea di Reggio Emilia, pur essendo stato arrestato in precedenza per aver manifestato contro il governo di Putin.
Russofobia anche nelle scuole
Gli eventi violenti verso chi ha origini russe, però, pervadono ogni aspetto della vita quotidiana. Sono stati riportati casi di russofobia anche all’interno del contesto scolastico. Nel bresciano una donna russa ha denunciato l’aggressione subita dal figlio adolescente, accusato dai compagni di classe di sostenere il conflitto. Un episodio analogo si è verificato in una scuola elementare. Ci sono poi casi in cui la mancata sensibilità dei docenti gioca un ruolo chiave. Ciò avviene quando vengono affidati temi sulla guerra in Ucraina unicamente agli studenti e alle studentesse di origine russa o quando li si chiama a esprimersi davanti all’intera classe. Episodi che sembrano voler tastare l’affidabilità e la neutralità dei soggetti coinvolti, individuati come pericolosi su una base etnica.
La dimensione virtuale
La dimensione virtuale è terreno fertile per la diffusione della russofobia. A differenza di altri conflitti (come quello tra Israele e Palestina) o temi per cui i principali social pongono un ban sugli hashtag e sui contenuti pubblicabili, quando si parla di Ucraina e Russia ciò non avviene.
Indubbiamente la scelta di Meta – in particolare – garantisce una maggior circolazione di notizie, ma favorisce anche una diffusione notevole di discorsi d’odio su base etnica. Infine, seppur non colpisca direttamente le persone di origine russa, bisogna considerare anche l’iniziativa di chi in Italia sostiene Putin e ha scelto di dimostrarlo accendendo i fornelli del gas e pagando una bolletta più alta per finanziare le operazioni militari di Mosca. Una strategia che sembrerebbe surreale se non fosse testimoniata da numerose fotografie postate online e accompagnate dall’hashtag #uncarroarmatoperputin. Un tale sostegno a Putin non colpisce direttamente le persone russe o ucraine, ma mira a sorreggere economicamente la guerra e, di conseguenza, l’oppressione dei due popoli.