La procura di Cagliari ha sequestrato beni per un valore di circa 350mila euro al presidente della Sardegna, Christian Solinas, e ad altre sei persone, tutte indagate in un’inchiesta per corruzione cominciata l’anno scorso. Solinas è indagato con l’accusa di concorso in corruzione e concorso in riciclaggio. Non sarà ricandidato alla guida della Regione, dove è pronto a correre il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, di Fratelli d’Italia.
L’inchiesta nel silenzio della stampa sarda
Il fascicolo a carico di Solinas è stato aperto dopo la pubblicazione di una serie di inchieste del giornalista Andrea Sparaciari, pubblicate sul Fatto Quotidiano e ora su La Notizia. “E’ un’inchiesta alla quale ho lavorato tanto in solitaria e nel silenzio della stampa sarda”, esordisce l’ex allievo dell’Ifg di Milano, recentemente insignito del premio Vergani “Cronista dell’anno” per un’altra sua inchiesta pubblicata su FQ Millennium.
Una villa da 1,1 milioni di euro per Solinas
Quando e perché hai deciso di indagare sugli affari del presidente sardo?
“Il primo articolo è uscito nel 2020, passaggi sono stati tanti. Ho cominciato a indagare quando ho saputo che Solinas aveva comprato una villa da 1,1 milione di euro. Mi sono chiesto: come fa a pagarla? Solinas ha sempre lavorato nella politica, ma non sono tanti i politici che possono compare una villa da 1,1 villa a Poeto, la principale spiaggia di Cagliari. Una villa con 20 stanze, parco, faraoinica, tutta da ristrutturare. Sono andato a vedere i rogiti che riguardavano Solinas e mi sono reso conto che lui, almeno in due occasioni ha firmato dei preliminari di vendita, ha preso delle caparre, senza però che mai risultassero i contratti definitivi”.
Come funzionava il “sistema” Solinas?
“Nel 2013, appena nominato assessore ai trasporti, si accorda con il titolare della più grande azienda di trasporti sarda per vendergli un terreno. Incassa una caparra di 200mila euro per una vendita da 400mila che non si è mai conclusa. Quindi è saltata agli occhi l’operazione dei fine 2020 quando cerca di vendere alcuni ruderi di cui è proprietario che aveva comprato per 40mila euro nel 2002 e si accorda per venderli a 5550mila euro a uno storico fornitore della Regione Sardegna”.
A quel punto cosa succede?
“Solinas prende una caparra da 210mila euro impegnandosi a fissare il contratto di vendita definito da lì a un anno, ma questo preliminare non arriva mai. Ho pubblicato questa storia chiedendo a Solinas che fine avessero fatto quelle caparre perché, secondo la legge, se i contratti non vengono conclusi, la responsabilità può essere o del venditore o dell’acquirente e scattano le penali, qui invece non risultavano mai penali”.
Solinas ti ha mai risposto?
“Si è sempre rifiutato, lo ha fatto solo due volte via Facebook, la prima dopo giorni che noi chiedevamo conto di questi soldi tirando fuori i documenti, si è limitato a dire che “andrà tutto bene”, con un linguaggio estremamente criptico, massonico. La seconda volta per spiegare che il rogito per il rudere non era stato ancora fatto ma sarebbe stato perfezionato di lì a poco mentre quello per i terreni del 2013 non era stato fatto perché nel frattempo era morto l’acquirente”.
Ed era vero?
“In realtà l‘acquirente è morto 24 mesi dopo il limite previsto dal contratto per perfezionare il passaggio, Solinas di fatto ha mentito”.
Gran parte delle tue inchieste è finito nel fascicolo del pm Pilia a carico di Solinas…
“Ieri stavo rileggendo il decreto di sequestro. Ripercorre esattamente quello che ho scritto confermandolo e arricchendolo con l’attività investigativa. La cosa che che viene fuori che in pochi hanno sottolineato è che ci sono delle intercettazioni nelle quali si dice che Solinas è un massone. Dormiente, ma è un massone. Interessante è poi una intercettazione in cui quello che compra i ruderi e tira fuori 210mila euro di caparra, appena sottoscrive il preliminare di vendita con Solinas riceve un incarico per fornire 150 termoscanner alla Regione. Intercettato mentre parla con u un suo compratore dice ‘Ormai siamo dentro, compra tutto quello che c’è in giro che ormai lo rivendiamo alla Regione'”.
La tua storia dice che in Italia è ancora possibile fare giornalismo d’inchiesta.
“Il giornalismo d’inchiesta esiste o meglio resiste, perché farlo è diventato sempre più duro per i paletti legali e le querele temerarie. E’ sempre più difficile fare questo lavoro e solo se hai un giornale forte alle spalle puoi farlo, altrimenti il gioco non vale la candela”.