Perché leggere questo articolo? I paesi del Gruppo Visegrad sono i più anti-europeisti d’Europa. Ma anche quelli che dall’Unione europea ricevono più fondi in rapporto al Pil. Ecco quanto percepiscono da Bruxelles Ungheria, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Slovenia.
Un vento di cambiamento starebbe soffiando sull’Est. Questo è il commento entusiasta di molti giornali dopo la recente sconfitta dei sovranisti in Polonia. La strada per una vera Unione è però ancora molto lunga. Il fronte dell’Est dei paesi di Visegrad si scaglia contro lo stato di diritto, valori e trattati europei, e poi passano all’incasso con Bruxelles. Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Slovenia sono tutti percettori netti dei fondi Ue. Ecco quanto l’Unione europea elargisce ai paesi anti-europeisti di Visegrad.
Il fronte anti-europeisti si restringe, ma incassa dall’Europa
Qualcosa effettivamente è cambiato. Il voto polacco è in scia con l’ondata di rigetto degli anti-europeista in tutto l’Est Europa. Il gruppo di Visegrad si sta rivelando tutt’altro che monolitico. Con la caduta di uno dei leader più illiberali del continente – Jarosław Kaczynski del Pis – resta solamente l’Ungheria di Viktor Orban come irriducibile euroscettica. Nel giro di un anno, molti riferimenti della galassia di Visegrad sono caduti.
Il premier sloveno Janez Jansa, era stato sconfitto alle elezioni dall’ecologista e progressista Robert Golob. Mentre la parabola politica del “Berlusconi di Praga”, Andrej Babis è in fase calante, dopo le sconfitte alle politiche e alle presidenziali del 2021 e 2023. Dal 2023 in mano a un governo tecnico ad interim guidato da Ludovit Odor. Se il gruppo Visegrad pare sgretolarsi dal punto di vista politico, a livello economica rimane un punto comune: la dipendenza dai fondi dell’Unione europea.
I fondi dell’Unione europea al gruppo Visegrad
Andiamo allora con ordine a vedere l’ammontare dei fondi che l’Ue ha elargito ai paesi anti-europeisti dell’Est Europa. Il più grande – in termini di popolazione e Pil – è proprio la Polonia, da poco uscita dalle urne con una nuova maggioranza europeista. Dalla fine del comunismo nel 1989, Varsavia ha conosciuto un aumento annuo medio del Pil del 13%. A tutt’oggi, i fondi dell’Unione costituiscono il 2,3% del Pil polacco che mediamente cresce del 4%. La Polonia è un percettore netto dei fondi di coesione. Ha già ricevuto 28 miliardi, al netto di quelli versati il saldo è in positivo per 11 miliardi.
La Polonia è di gran lunga il più ricco paese dell’Est, con oltre 500 miliardi di Pil. Al secondo posto c’è la Repubblica Ceca, con circa 225 miliardi. Il Prodotto interno lordo di Praga è in crescita media del 2,5%. Anche qui c’è poco da fare gli anti-europeisti: al paese arrivano ogni anno quasi 8 miliardi di fondi dall’Ue, con un saldo netto di 2 miliardi. La proporzione dimezzata vale allo stesso modo per i cugini slovacchi. La Slovacchia genera un Pil da circa 100 miliardi, 5 dei quali provengono da Bruxelles (un saldo di oltre 1 miliardo e mezzo). La piccola Slovenia guadagna quasi mezzo miliardo all’anno dallo stare in Ue. Il Pil di Lubiana è di meno di 30 miliardi, con Bruxelles che eroga fondi per quasi 4 miliardi.
Orban e l’Ungheria, gli highlander degli anti-europeisti
Negli ultimi due anni sembra essersi aperta una voragine dentro il fronte degli anti-europeisti. Dei paladini dell’euro-scetticismo dell’area est-europea sembra essere rimasto solo l’ungherese Viktor Orban. Il suo è il massimo esempio di anti-europeismo coi fondi di Bruxelles. Questo perchè l’Ungheria è il secondo paese dell’intera Unione europea per fondi ricevuti in percentuale. Nonostante le accuse – che sono costate il congelamento di quasi 30 miliardi negli anni – Budapest riceve ogni anno più di 8 miliardi da Bruxelles. Parliamo di un saldo netto annuale di quasi cinque miliardi. Significa che l’Unione europea garantisce ogni anno circa il 7,5% delle spesa pubblica del paese di Orban. Che porta comunque avanti la propria politica anti-europeista.