Perché leggere questo articolo? Cosa c’è dietro la testata “Antidiplomatico”, che di recente ha intervistato Rovelli. Ma anche Tremonti, Orsini e altri pensatori fuori dal coro. Non il classico blog. L’Antidiplomatico fa controinformazione fatta bene.
L’Antidiplomatico di recente ha fatto parlare di sé, l’11 febbraio scorso, per un’ampia e approfondita intervista al fisico Carlo Rovelli, in cui lo scienziato e noto attivista pacifista ha espresso la sua visione del mondo. Leggendo l’interessante dialogo con Rovelli del giornalista Luca Busca emerge dalle risposte del fisico un forte afflato critico verso gli Stati Uniti e la loro egemonia nell’Occidente. Rovelli ha parlato alla testata poco prima del politologo Alessandro Orsini, e si inserisce in un filone di intervistati che comprende anche figure come Giulio Tremonti e l’ex ambasciatore russo in Italia Sergej Razov. “I politici italiani in grande parte vedono l’Italia come un feudo di Washington”, ha detto Rovelli a L’Antidiplomatico. “Pensano”, ha aggiunto, “che se non si inchinano al volere dell’Impero, non possono avere spazio”.
Cosa ha detto Rovelli a “L’Antidiplomatico”
Rovelli, uomo storicamente di sinistra, aggiunge una stoccata a Giorgia Meloni: “Il governo attuale è arrivato al potere facendo propaganda elettorale sull’idea di un’Italia con più indipendenza, e poi appena arrivato al potere si è steso a zerbino sotto l’America più di quanto l’Italia abbia mai fatto in passato”. Una critica che appare molto consonante a quella fatta da Gianni Alemanno, da destra, parlando con la nostra testata nella giornata del 27 febbraio. In cui l’ex sindaco di Roma imputava all’atlantismo manifesto di Meloni la disaffezione che avrebbe portato alla sconfitta in Sardegna.
Posizioni di questo tipo ormai travalicano la destra e la sinistra. Qualcuno chiama, sprezzantemente, “rossobruni” coloro che convergono sulla critica al sistema atlantico rivendicato sovranità e sono contro alle posizioni definite “mainstream”. L’Antidiplomatico preferisce travalicare queste distinzioni definendosi, nella sua presentazione, “una delle voci di riferimento del mondo multipolare che si è affermato sul sanguinoso unilateralismo a guida Usa”.
Rovelli nella sua intervista analizza con attenzione le posizioni che, di fatto, sono proprie di questa realtà che ha superato il decennio di vita. E che dal 2015 è testata registrata. Piaccia o meno, nel dibattito pubblico, soprattutto online, L’Antidiplomatico è risultata una delle più affermate e longeve voci di un certo sistema di informazione critica del mainstream.
Le chiavi politiche de “L’Antidiplomatico”
Un decennio fa molti di questi siti e blog proliferavano: si ricordano, tra questi, L’Intellettuale Dissidente, Come Don Chisciotte e Volere la Luna. Ma di questi portali, solo L’Antidiplomatico è riuscito a consolidarsi come realtà e, anzi, a diventare una testata giornalistica capace di avere a fianco un gruppo editoriale, la L.A.D. Gruppo Editoriale E.T.S. I temi forti? L’appoggio al multipolarismo nelle sue varie forme. Con un punto di riferimento: la critica agli Stati Uniti nelle sue varie manifestazioni e alle loro politiche nel mondo.
Cinque, almeno, i cavalli di battaglia de L’Antidiplomatico costanti nel tempo: l’ostilità verso l’interventismo in Medio Oriente degli Usa, che in passato si è sostanziato soprattutto nell’appoggio ai lealisti siriani nella guerra civile, e verso le politiche odierne di Israele; l’appoggio ai governi espressione del socialismo bolivariano in America Latina; una critica delle politiche economiche dell’Unione Europea, forte fin dai tempi in cui si sosteneva la rivolta anti-austeritaria della Grecia, ormai quasi un decennio fa; un rifiuto della contrapposizione tra Occidente e Russia, palese dai tempi della Crimea fino all’invasione dell’Ucraina, consolidatosi in una critica delle politiche euroatlantiche a sostegno di Kiev; last but not least, un appoggio all’ascesa della Cina come attore benevolo della globalizzazione.
Antiamericani, non sovranisti
Temi che, sostanzialmente, si possono riassumere in una visione del mondo ostile all’egemonia del neoliberismo, della globalizzazione finanziaria e, dunque, degli Usa. Un “secondo tempo” di quella stagione di forte contestazione di questo mondo andata in scena nei primi Anni Duemila. L’Antidiplomatico si colloca a sinistra, dunque rifiuta la dicotomia sovranista che ha portato certa parte del mondo del dissenso a cavalcare figure come Donald Trump, Jair Bolsonaro e Javier Milei, ma su una posizione ostile alla globalizzazione imperante.
A prescindere dal giudizio sulle idee, un fattore emerge: una costanza di prospettive riguardo la visione del mondo al cambiare degli scenari degna di nota per una testata che riesce a mantenere, secondo i dati Semrush, circa 2 milioni di accessi alle sue pagine ogni mese. Questo è dovuto, principalmente, alla continuità della leadership della testata.
Bianchi e Verde, il duo di testa de “L’Antidiplomatico”
In testa c’è, dall’inizio, Alessandro Bianchi. Giornalista proveniente dalle file della sinistra romana, ritenuto vicino al Movimento Cinque Stelle quando una delle sue figure di punta era Alessandro Di Battista, Bianchi, secondo Il Foglio, avrebbe lavorato nella XVIII Legislatura come uno dei sette consulenti dell’ufficio legislativo dei Cinque stelle alla Camera. e oggi è alla guida di L.A.D Gruppo editoriale ETS, l’editrice de L’Antidiplomatico con sede in Viale Carso a Roma.
Bianchi è anche direttore editoriale della testata. Come direttore responsabile emerge Fabrizio Verde. Il quale, napoletano classe 1980, risulta collaboratore del think tank turco di geopolitica United World International. Tra gli autori pubblicati dalla casa editrice molti analisti geopolitici che interpretano la nuova ondata di critica al sistema globale, molto più focalizzata sui rapporti di forza politico-militari rispetto a quella precedente della sinistra no-global, focalizzata sul tema delle multinazionali e del loro potere: da Giacomo Gabellini a Antonio Di Siena, da Pasquale Cicalese a Alessandro Pascale.
Il successo della controinformazione e la crisi della stampa
Insomma, parliamo di un organo di stampa con un posizionamento chiaro e netto. In aperta controtendenza rispetto a una larga fetta dell’informazione italiana. Il quale, negli ultimi due anni, dopo l’invasione russa dell’Ucraina ha attratto su di sé più volte le critiche di molti commentatori per una presunta convergenza con una retorica dominante anti-occidentale. Un fatto che, nel dibattito attuale, crea un precedente problematico: l’idea che un’opinione sia squalificabile solo per la visione ideologica del suo proponente apre diverse problematiche di complicata gestione. L’Antidiplomatico rappresenta uno dei perni di un’ampia galassia del dissenso che, in termini assoluti, dovrebbe con la sua crescita piuttosto far interrogare sulla disaffezione di una fetta di opinione pubblica da una stampa e da un’informazione ritenuta non credibile. E su questo dato di fatto commentatori, analisti e opinionisti devono riflettere, prima che squalificare in partenza posizioni diverse dalle loro.