Home Politics Antonio Costa, il grande ritorno in barba al giustizialismo becero

Antonio Costa, il grande ritorno in barba al giustizialismo becero

Surrealismo giudiziario, il Portogallo ha un problema con la giustizia

Perché leggere questo articolo? Antonio Costa sarà il prossimo Presidente del Consiglio Europeo. Una bella notizia per chi si ostina a credere nella giustizia. L’ex Primo ministro del Portogallo si era dovuto dimettere per una vicenda di surrealismo giudiziario, con una scambio di persona che aveva messo a soqquadro la politica del Paese.

Da Costa a Costa, dalla polvere al trionfo. Indipendentemente dalle posizioni politiche, il ritorno sulla scena dell’ex premier portoghese, Antonio Costa, è una bella notizia. La Presidenza del Consiglio europeo è una ricompensa a un politico colpito da un caso di malagiustizia che ha dell’incredibile. Uno scambio di persona aveva portato il Primo ministro alle dimissioni. Poteva sembrare uno scherzo, ma non fa ridere, anzi. Vale per il Portogallo come per l’Italia, per la sinistra come per la destra: ogni volta che un politico viene costretto a dimettersi senza una sentenza di condanna definitiva è un piccolo golpe. Per fortuna, sua e di chi ancora crede nella giustizia, la carriera di Antonio Costa può riprendere.

L’Antonio Costa sbagliato, il surrealismo giudiziario portoghese

Per molti anni Costa è stato uno dei primi ministri più a sinistra in Europa, molto popolare nel suo paese e rispettato in ambito internazionale. Alla fine del 2023 però fu coinvolto in una intricata inchiesta sulla corruzione che riguarda vari membri del Partito Socialista portoghese, di cui era segretario, oltre a diversi suoi collaboratori. Pochi giorni le dimissioni di Costa, si scoprì che la procura generale aveva fatto un importante errore di trascrizione nelle carte delle indagini.

L’Antonio Costa che compariva nella trascrizione che mise a soqquadro la politica portoghese non era l’Antonio Costa, Primo ministro del Portogallo. Avete letto bene: i giudici avevano scritto male la trascrizione fondamentale del caso di presunta corruzione che ha portato alle dimissioni dell’intero esecutivo portoghese. Un pm portoghese ha candidamente ammesso che al nome “Antonio Costa”, tirato in ballo dalle udienze per lo scandalo di corruzione, nelle trascrizione è venuta meno la parola “Silva“.

Tragicommedia giustizialista

Nel registro degli indagati non sarebbe quindi dovuto comparire il premier, ma il ministro dell’Economia del Portogallo, Antonio Costa Silva, per l’appunto. Peccato però che nel frattempo l’Antonio Costa – che dal 2015 guida il governo del Paese – si era dimesso. Il Portogallo, nel bel mezzo della discussione della Legge di Bilancio, si era così trovato il governo sfiduciato ed è dovuto tornare alle urne tre mesi fa.

Una tragicommedia in salsa portoghese, che quasi fa rivalutare le ingerenze indebite della Magistratura sulla politica nostrana. Da anni – spesso anche a ragione – lamentiamo ingerenze e bombe a orologeria delle Toghe italiane, che per lo meno riescono – a differenza dei colleghi lusitani – a salvare la forma. La sostanza, invece, resta spesso una sconosciuta. I contorni della vicenda – e dell’inchiesta – rimangono misteriosi. A partire da un interrogativo che da tempo rischia di diventare retorico: ma perchè il Primo ministro si è dimesso? Costa, nella breve conferenza stampa del 7 novembre, si era dichiarato innocente e disse di essersi dimesso “con la coscienza pulita”. Rimaneva un principio di fondo: prima di emettere sentenze mediatiche, si dovrebbero attendere l’esito di un processo che abbia portato a condanna dell’imputato.

In Portogallo come in Italia: piccoli golpe giudiziari

La vicenda di Antonio Costa ha un lieto fine doppio. Per cominciare, l’indagine che mise a soqquadro il Portogallo non ha avuto ulteriori sviluppi, e anzi in parte si è sgonfiata. E quindi, finalmente, l’ex Primo ministro è potuto tornare in politica. Fedele a una massima che dal Portogallo, passando per Italia ed Europa dovrebbe valere sempre. In dubio pro reo. Indipendentemente dal fatto che l’imputato sia un politico o un uomo comune, di destra o di sinistra, in Portogallo o in Italia. Se quel “reo” è invece costretto a dimettersi, non si tratta solo di accanimento giudiziario o mediatico: ci troviamo di fronte all’ennesimo piccolo golpe. Dietro la farsa del caso Antonio Costa si è celata una tragedia a lieto fine, ben nota alle nostre latitudini. Quella del sovvertimento capzioso e forzato della volontà popolare. La parola fine nella vicende, però, non è ancora detta. Antonio Costa rimane comunque sotto indagine della procura generale portoghese: nel caso venga ufficialmente incriminato si porrebbe verosimilmente un problema politico con la sua nuova carica di presidente del Consiglio Europeo.