Perché leggere questo articolo: Dalle auto blu al treno, non conta come un leader politico viaggia. Ci sarà sempre una battaglia anti-casta pronta a emergere. Il caso Lollobrigida insegna
“Auto blu, cieli blu, rock and blues…” E, aggiungiamo, non ce ne vogliano Rino Gaetano e la sua irriverente, mitica, canzone “Nun te reggae più”, anche “treni blu”. Dopo la richiesta del ministro Francesco Lollobrigida di fermare un convoglio Frecciarossa in ritardo per scendere e accelerare il suo arrivo a Caivano per un evento istituzionale, si tornano ad attaccare i “presunti” privilegi della classe politica. “La casta”, la chiamava qualcuno. Vittima di contestazioni – un po’ in salsa populista, speziata da aggressività da social – quando si tratta sopratttuto di trasporti.
Treni, “altre 207 fermate straordinarie negli ultimi sei mesi”
Prima il bersaglio erano le auto blu, ora diventano i treni blu. Eppure, non è la prima volta che Trenitalia ferma un treno per “casi straordinari”. E’ successo, come dichiara l’azienda in una nota, 207 volte negli ultimi sei mesi.
Inoltre la fermata straordinaria era “disponibile alla discesa di tutti, come da annuncio diffuso sul treno, e non solo per me come qualcuno ha riportato”, ha detto Lollobrigida. Anzi: “Si è trattato di una fermata straordinaria che, al ricorrere di casi straordinari, Trenitalia realizza abitualmente”. Nessuna violazione della legge, nessun abuso, secondo il ministro che voleva assicurare “la sua presenza dove era stata richiesta e prevista“. Lollobrigida, nella giornata di mercoledì 22 novembre, era a bordo di un Frecciarossa 9519 partito alle 7 da Torino e diretto a Salerno. Viaggiava con 111 minuti di ritardo. Il ministro è salito a Roma Termini da dove poi si sarebbe dovuto recare a Caivano per l’inaugurazione del nuovo parco urbano. Ha chiesto e ottenuto di scendere a Ciampino: da lì si è mosso verso Caivano, accompagnato da scorta e collaboratori, in auto blu.
Una mossa assolutamente lecita. “Nelle condizioni generali di trasporto, in conformità al regolamento europeo 782 del 2021 è indicato che, nel caso in cui l’arrivo alla destinazione finale sia previsto con un ritardo superiore a 60 minuti, qualora il viaggio non risulti più utile ai fini del programma originario di viaggio, il passeggero ha diritto al rientro al punto di partenza o ad altra località intermedia di sua scelta“. Nel caso di esigenze particolari – come emergenze o motivi di ordine pubblico – “tale richiesta viene valutata caso per caso e, in relazione ai possibili impatti sulla circolazione”. Un fatto successo, appunto, altre 207 volte. Ma lo scandalo è esploso solo nel caso di Lollobrigida. Forse perchè è un ministro? Sarà a causa della sua appartenenza politica?
Non solo treni, la battaglia del Movimento Cinque Stelle contro le “auto blu”
A raccontare l’episodio è stato il Fatto Quotidiano, co-fondato da Marco Travaglio che di polemiche contro vizi e privilegi della classe politica, quantomeno di una parte di essa, ne ha fatto il core-business. E che non lesina appoggi ed endorsement al Movimento Cinque Stelle. Proprio loro, i grillini, il partito anti-casta che per anni hanno tuonato contro le auto blu. Il simbolo del potere dell’apparato pubblico.
L’Italia deteneva un triste primato europeo, poi si è passati a un corposo taglio: nel 2016 ne vennero cancellate oltre 20mila. Sempre il Movimento parlava, durante la presentazione della relativa proposta di legge nel 2015, di una presenza stimata di 50mila auto blu. Con un costo per il contribuente di almeno 400 milioni di euro. Battaglia vinta legittiamente, trattandosi di un risparmio per le tasche dei cittadini. E così via a sfilate di politici in bicicletta, da tutti i luoghi, i laghi, gli orientamenti politici. Da Romano Prodi a Daniela Santanchè. Fino a “Giggino” Di Maio che, però, quando era vicepremier, nel 2009, fu costretto ad avviare un’indagine interna per comprendere come fosse stato autorizzato l’acquisto di 8280 vetture blu. Una fattura da 168 milioni. Altro che lotta ai privilegi della casta.
Treni blu, auto blu: gli attacchi veloci alla “casta”
Insomma, tra la solita ipocrisia che coinvolge in questi contesti tutte le parti politiche, a parti inverse in base al colore del governo, e una spending review sulle auto, gli esponenti delle istituzioni hanno cominciato a utilizzare altri mezzi di trasporto. Più sostenibili, meno blu. Anzi, rossi, come la Freccia su cui si muoveva Lollobrigida. Tutti contenti dal fronte populista. Ma, poi, basta un episodio, lecito e giustificato da impegni istituzionali, per gridare, ancora, alla vergogna. Alle dimissioni.
Se il ministro fosse andato in auto, qualche mal pensante avrebbe sparato a zero sull’utilizzo del “mezzo blu”. Ci è andato in treno, finendo succube dei classici e riprovevoli ritardi di Trenitalia. Che avrebbero compromesso la sua presenza a Caivano. E lì sarebbero montate altre polemiche. L’arte dell’attacco “alla casta” è sempre più veloce di un aereo, di un treno, di un auto. Di qualsiasi colore.