Perché questo articolo potrebbe interessarti? A meno di due settimane dalle Regionali in Lazio e Lombardia, si affaccia nel Consiglio dei ministri il disegno di legge sull’Autonomia differenziata. Il provvedimento di bandiera – soprattutto leghista – non hai mai avuto così tante chance come oggi per essere realizzato. Ma restano ancora non pochi ostacoli. A che punto siamo?
Ieri c’è stato l’esame in pre-Consiglio e oggi approda ufficialmente in Cdm. La quarta bozza Calderoli per la riforma delle Autonomie è in agenda a Palazzo Chigi. A meno di due settimane dal primo banco di prova elettorale per il governo Meloni, col voto in Lazio e Lombardia, è soprattutto la Lega a pressare per un via libera più rapido possibile al progetto. Un dossier sentito, soprattutto in Lombardia, un feudo dove il Carroccio teme il sorpasso di Fratelli d’Italia.
Meloni col freno sull’Autonomia
Le opposizioni sembrano ricompattarsi, ma è soprattutto la premier a placare gli entusiasmi sull’Autonomia differenziata. “No a cittadini di serie A e di serie B” ha tuonato Giorgia Meloni. “Vogliamo una sola Italia, con servizi e diritti uguali per tutti” ha dichiarato in settimana, in perfetto asse con il Quirinale.
Anche il candidato – scelto da Fratelli d’Italia e col favore dei pronostici – in Lazio, Francesco Rocca si è dichiarato scettico nei confronti della riforma dell’Autonomia. Il timore che la Regione di Roma Capitale sia relegata in seconda fila frena gli entusiasmi della pattuglia meloniana, soprattutto tra i numerosi notabili meridionali del partito.
Cosa prevede la bozza Calderoli
Il progetto presentato dal Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, il leghista Roberto Calderoli, prevede che le Regioni possano chiedere maggiori prerogative su 23 materie. Dalla scuola alle reti energetiche, dalla salute alle infrastrutture stradali. Gli accordi con le singole Regioni saranno al vaglio della conferenza unificata; poi, con il parere del Parlamento, arriveranno al varo del Consiglio dei ministri.
Una Commissione paritetica tra Stato e Regioni definirà le risorse per i singoli territori. Ma solo dopo la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Questi ultimi devono essere stabiliti con Dpcm, i decreti della Presidenza del Consiglio.
Meloni decisiva per l’Autonomia, il Parlamento no
Sarà dunque fondamentale il benestare di Giorgia Meloni; mentre Camera e Senato avranno giocheranno di fatto un ruolo marginale sulla riforma dell’Autonomia. Il Parlamento sarà incaricato di dare un parere – ma non vincolante – entro 45 giorni sui decreti e sulle intese con le Regioni. Sulla legittimità dei Dpcm, inoltre, potrà intervenire il Tar, ma non la Corte Costituzionale. Le Regioni potranno procedere con l’Autonomia anche prima che arrivino le risorse. Non sono dunque mancate le critiche. Il Pd attacca: “E’ inaccettabile che il Parlamento non possa dire la sua su una riforma così radicale, che cambia l’assetto istituzionale del paese. Un disastro annunciato, che disarticola l’Italia e non affronta le disuguaglianze” tuona Beatrice Lorenzin. Per il Governatore campano Vincenzo De Luca “è a rischio l’unità del paese”. Si annuncia battaglia. Quel che è certo è che l’Autonomia non è mai stata così vicina; anche se non mancano gli ostacoli.