I binari della Rete ferroviaria italiana, meglio nota come Rfi, fanno gola a Matteo Salvini, che al prossimo giro di nomine vuole far pesare il ruolo da ministro delle Infrastrutture. I vertici aziendali sono infatti in scadenza e il leader della Lega ha spedito l’avviso di sfratto. A un mese dall’insediamento ha lanciato siluri contro il management di una delle società più importanti del gruppo Ferrovie dello Stato. «Spesso non mancano i soldi, ci sono ma non si spendono. C’è un piano di interventi finanziati da Rfi fermo, c’è qualcosa che non funziona in Rfi: ci sono i soldi ma non i progetti», ha aggiunto, puntando il dito anche contro Anas: «Ci sono 23 progetti Anas fermi sulla carta». Insomma, ha assestato il più classico dell’uno-due. Ma se per Rfi il progetto salvianiano è più semplice, per la società che gestisce la gran parte della rete autostradale la missione è più complicata. Ma andiamo con ordine.
L’opa di Salvini sulle infrastrutture
Non è un mistero che Vera Fiorani, attuale amministratrice delegata di Rfi, non sarà rinnovata. Nell’ambiente viene confermata da settimane. Il suo insediamento è avvenuto con il governo Conte bis grazie alla sponsorizzazione dell’allora ministra, la dem Paola De Micheli. Una macchia indelebile per il nuovo esecutivo che vuole imprimere un’accelerazione sulla gestione delle infrastrutture. Ed è fondamentale in questo senso controllare da vicino Rfi, che è considerata la “cassaforte” del gruppo per l’importanza che riveste dal punto di vista degli investimenti.
Salvini punta perciò alla sostituzione di Fiorani e nel repulisti rientra inevitabilmente anche la presidente Anna Masutti, all’epoca benedetta dal Movimento 5 Stelle. Difficile fare nomi dei possibili sostituti, almeno oggi, perché da qui alla primavera passerà parecchia acqua sotto i ponti. Ma non è escluso che il ministro in carica possa optare per Marco Piuri, attualmente al comando di Trenord, la società di trasporti lombarda. Per lui sarebbe una promozione, per il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, impegnato in campagna elettorale, ci sarebbe la grande soddisfazione di aver proiettato il manager in un’orbita nazionale. Ma sono solo voci che circolano, in linea con la lombardizzazione della Lega, che ha tutti ministri lombardi nella squadra di governo.
Clima teso nelle aziende
Il clima, secondo quanto raccontano a True-news.it, è comunque molto elettrico all’interno della società: c’è la consapevolezza di una serie di possibili avvicendamenti anche al livello dirigenziale. Ma gli appetiti leghisti possono andare anche oltre, guardando a Trenitalia, altra società di Ferrovie. Al vertice c’è oggi Luigi Corradi, anche lui appesantito da una nomina legata al Conte bis. Dalla sua parte, tuttavia, c’è la provenienza territoriale: è ligure come Edoardo Rixi, il vice di Salvini al Ministero e da tutto visto come la figura chiave nelle politiche della Lega in materia di trasporti.
Da definire pure il futuro di Luigi Ferraris, attualmente alla tolda di comando della holding, Fs. Fortemente voluto dall’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha preso il posto di Gianfranco Battisti. Il suo arrivo ha coinciso con un profondo cambio della struttura interna, una vera draghizzazione di Ferrovie. Al momento è difficile immaginare che possa restare in sella, visti anche i rapporti tra il numero uno leghista e l’ex premier.
L’assalto di Salvini ad Anas
Diverso, invece, il discorso per Anas per cui è necessaria una fase di coabitazione: Aldo Isi è stato nominato solo nel dicembre 2021 dopo l’esperienza in un’altra società del gruppo, la Italferr, anche in questo caso sotto l’egida draghiana. La scadenza del suo mandato non è quindi imminente, quindi – per dirla con Salvini – se qualcosa continuerà a non funzionare, bisogna trovare il modo di evitare lo scontro. A meno che il ministro non cerchi proprio per quello per forzare il cambio della guardia ai vertici.