Secondo alcuni commentatori sono indubbiamente tra i vincitori di questa tornata elettorale, mentre per i critici, quella di Azione è sostanzialmente una vittoria di Pirro. Perché il partito di Carlo Calenda avrebbe preso a livello nazionale non più dello 0,4%. E però il presidente e cofondatore di Azione Matteo Richetti, senatore ex Pd, non nasconde la soddisfazione per i risultati alle amministrative.
Polo alternativo
“Io cerco di non cedere alla modalità italica per cui vincono sempre tutti – dice Richetti a True-News.it – però è evidente che c’è un dato di analisi politica da non sottovalutare, ovvero una crescita di tutte quelle proposte alternative a due poli di centrodestra e centrosinistra che si contrappongono sul nulla”.
Il senatore vede un dibattito vuoto, una dialettica sterile tra i due blocchi. “Ci sono il Pd e il M5s che chiamano al voto per contrapporsi a Salvini e ai fascisti, e ci sono quegli altri di centrodestra che dicono che bisogna votarli sennò arrivano la sinistra e i grillini”, affonda il fondatore di Azione insieme a Calenda.
Senza Renzi e Cinque stelle
“In molte città importanti dove ci siamo presentati da soli siamo arrivati al 14-15%. Abbiamo eletto molti consiglieri comunali di spessore che rappresentano il progetto di Azione e +Europa”, continua il ragionamento. Calenda e Richetti, per il momento, escludono Italia Viva dalla loro prospettiva di centro autonomo in grado di condizionare la formazione del prossimo governo, orientando le forze politiche verso un nuovo esecutivo di larghe intese, con o senza Draghi.
“Renzi deve decidere cosa fare, noi invece diciamo chiaramente che non vogliamo fare parte di un campo largo fatto solo per vincere”, insiste il parlamentare. Un campo largo che però, all’indomani delle elezioni, non sembra fatto nemmeno solo per vincere, almeno stando a guardare le percentuali misere raccolte dai Cinque Stelle.
Il Pd deve decidere
Il presidente di Azione conferma: “Il M5s nel 2018 ha contribuito a far perdere al Pd una serie di collegi a beneficio del centrodestra. Ora anche il consenso si sta spostando verso il riformismo di Azione e +Europa. Come dimostra ad esempio il dato di Palermo, dove la nostra lista ha preso più voti del Movimento Cinque Stelle. Proprio a Palermo il Pd ha scelto di non appoggiare un candidato sostenibilissimo come Ferrandelli, ma hanno preferito i grillini che alla fine hanno preso meno voti di noi”.
Ed è proprio il Pd del segretario Enrico Letta che, secondo Richetti, si trova di fronte a un bivio. “Noi vogliamo arrivare alle politiche con una proposta riformista e liberaldemocratica. Che unisca popolari e progressisti e che non si unisce ai populisti antieuropeisti come Lega e Fratelli d’Italia – spiega il presidente di Azione – a questo punto è il Pd che deve decidere tra il lavoro e l’assistenzialismo, tra il garantismo e il giustizialismo, tra uno stato liberale o uno stato attore che interviene come è accaduto con Alitalia o con Monte dei Paschi di Siena”.
Con noi o con loro
E sulle contraddizioni dei giallorossi un’altra faglia evidente è rappresentata dall’ambientalismo. Richetti fa l’esempio del dibattito sul termovalorizzatore a Roma: “Parliamo dei termovalorizzatori. Il Pd sta con noi che vogliamo incentivare anche le energie rinnovabili; oppure sta con Conte che dice no al termovalorizzatore ma dice no anche all’eolico e ad altre fonti di energia rinnovabile. Non ci trascineranno mai in un campo largo messo su solo per prendere qualche collegio in più alle prossime elezioni politiche. Non è il nostro orizzonte”.