Perché leggere questo articolo? Dalla terra dell’Amaro Lucano arriva una storia che a sentirla uno pensa di essere ubriaco. Chi vuol esser candidato del campo largo in Basilicata? Una domanda da un milione di dollari. Tra candidati che non vogliono fare campagna elettorale e personalismi. Cronaca di una sconfitta annunciata per il centrosinistra.
La Basilicata è la quintessenza del “Campo Largo”: un pasticciaccio brutto. Dalla terra dell’Amaro Lucano arriva una storia che nemmeno al Bar Sport: quella della scelta del candidato del centrosinistra. Per la cronaca, si vota a fine aprile. Pd e M5s – se poi vogliono aggiungersi anche Alleanza Verdi e Sinistra e il Terzo Polo – hanno tempo fino alla fine di questa settimana. E, in effetti, un candidato l’avrebbero trovato. Poi un altro. E infine un altro ancora. Le comiche, se solo facessero teatro e non politica. Proviamo ad arrivare in fondo a questa storia (e anche al bicchiere, potrebbe aiutare).
Chi vuol esser candidato in Basilicata
Un po’ di punti fermi. In Basilicata si vota il 21 e 22 aprile. Il centrodestra ricandida il governatore uscente, Vito Bardi. Il vice-comandante della Guardia di Finanza ha ricevuto gode della stima anche di Azione e Italia Viva. Passiamo allora al campo largo. Il centrosinistra, dopo averci riflettuto a lungo, ha proposto — su suggerimento, s’è letto, di Roberto Speranza — un nome davvero imprevedibile: Angelo Chiorazzo.
Il primo a essere candidato in Basilicata è il gran custode della memoria di Giulio Andreotti, amico di Gianni Letta, stimato da papa Francesco. Chiorazzo è un imprenditore attivo nel Terzo Settore, in particolare nell’accoglienza dei migranti. Ecco, non proprio un’eccellenza italiana. E infatti il M5s, fresco vincitore delle regionali in Sardegna non ha gradito la candidatura. Per non lasciar supporre di avere qualche cadavere nell’armadio, Chiorazzo si è impuntato. A questo punto Elly Schlein ha spedito giù in Lucania il duo a cui affida questo genere di grane: Baruffi&Taruffi.
Bauffi & Taruffi, i due luogotenenti che Schlein in Lucania
Il primo, Davide Baruffi, è un bonario bonacciniano che ne ha viste di tutti i colori nel Pd dell’ultimo decennio. Il secondo, Igor Taruffi, piuttosto sanguigno, è invece arrivato al Pd da poco, dopo Rifondazione e Sinistra italiana. Il duo è stato impegnato in riunioni durate ore. Al termine di una di queste discussioni, Taruffi, apostrofato malamente da chi dubitava delle sue doti di comprendonio, ha lasciato il convivio e se ne è tornato in Emilia per proseguire gli incontri coi notabili dem della Basilicata in videoconferenza.
Alla fine, un nome lo hanno trovato: Domenico Lacerenza (detto Mimmo), un primario di oculistica nato a Barletta trasferitosi da anni in Basilicata. Da allora, per senso del dovere e per la sua famiglia, Laceranza ha lavorato a ritmi instancabili. Si è trovato paracadutato, anzi “catapultato” (parole sue) in questa avventura. A questo punti, ha rivelato di non aver “mai fatto politica”, ha chiesto tempo per “buttar giù uno straccio di programma” e infine ha detto: “Spero che non mi facciano fare la campagna elettorale, dal momento che ho molti impegni in camera operatoria“. Non è uno scherzo, forse un bicchiere di troppo di Amaro Lucano, ma è tutto vero. Quindi, dopo altre riunioni il luminare è stato indotto a uscire dal “campo largo”. Ora si prova con Piero Marrese, presidente della provincia di Matera. L’ultima carta. Pare.
Il gran rifiuto si Speranza nella sua Basilicata
Eppure, il campo largo del centrosinistra, un candidato – lucano, politico e pure di rilievo – per la Basilicata ce l’avrebbe anche. Quel Roberto Speranza, nato a Potenza 45 anni fa, già ministro e leader di partito. Un partito che è all’opposizione e dunque gli permette di non avere incarichi politici impegnativi. Insomma, il candidato perfetto. Peccato che nella sua Basilicata Speranza non voglia proprio candidarsi. Non ha mai dato spiegazioni, ma all’ex ministro viene attribuito un virgolettato – da lui smentito, ma significativo. “Io gioco in nazionale, volete farmi tornare in Serie B“. Insomma, le ambizioni personali romani lasciano presagire un disastro in terra lucana. Vi viene in mente una metafora più precisa del Campo Largo?