Perché leggere questo articolo? Basilicata, Sardegna, Abruzzo. Nessuno è stato l’Ohio d’Italia. E, di fatto, al resto del Paese politico di questi voti locali è fregato relativamente poco. I contagi su scala nazionale esistono solo nella testa di chi li vuole vedere. Le Regionali sono un voto locale, e come tali andrebbero analizzati.
Basilicata, cronaca di una vittoria annunciata, e del tutto irrilevante. O meglio, come tutte le elezioni merita la giusta considerazione. Intendiamoci: ogni voto regionale di per sé parla solo per il suo territorio. Ha valenza nazionale nella misura in cui gliela danno opinione pubblica, politica e mondo dell’informazione. Spesso, come nel caso del voto in Sardegna e in Abruzzo, l’enfasi è del tutto sproporzionata. Un voto locale tale deve restare. Altra cosa sono le elezioni Politiche o le Europee. Il voto del prossimo 8 e 9 giugno, quello sì che sarà decisivo.
Basilicata, un voto locale tale deve restare
La verità è che la Basilicata, al pari della Sardegna, conta ben poco (o forse nulla) sul grande gioco della politica nazionale. Il peso dei partiti lo danno Politiche e Europee. Lungi da noi sminuire la Lucania, sia ben chiaro, e i riflessi politici delle sue regionali giunte all’ultimo voto. Ma guai a vedere in quest’isola l’ennesimo, paventato “Ohio d’Italia”. Ovvero il territorio-laboratorio di formule poi valide a livello nazionale.
Il voto in Basilicata dimostra che dal punto di vista della comunicazione politica si tratta di vicende locali che dovrebbero avere rilevanza locale. Se si vuole, si può unire qualche punto di congiunzione con la politica nazionale. Un puntino a matita, che bisogna subito essere pronti a cancellare. In Italia si tende a sopravvalutare ogni elezione. Basta spostare una virgola, una frazione percentuale, e secondo i giornali devono cambiare gli equilibri mondiali. Ma non è faziosità affermare che invece non cambia niente.
Equilibri locali, non nazionali
Entriamo nel dettaglio, per capire come l’esito del voto in Basilicata ha pesato la politica di Roma. E non viceversa. Sul voto locale ha deciso la strategia politica nazionale. Il centrodestra si è aggiudicato le Regionali lucane a febbraio. Due mesi prima del voto, e pochi giorni dopo la debacle in Sardegna, i tre leader della maggioranza hanno stipulato una pace armata. Dall’accordo tra Meloni, Salvini e Tajani è arrivata la riconferma della candidatura di Bardi.
Una candidatura autorevole, scelte chiare su programma e orizzonte di governo, nessuna ambiguità sul piano ideologico, limitazione dell’esposizione dei leader. Ecco che allora, anche in Basilicata, la rivolta degli elettori non c’è stata. Il Sistema di potere ha retto alla lieve scossa astensionistica. Il governatore uscente e uomo forte del territorio puntualmente ha avuto vita facile contro un Campo Largo che a livello locale ha confermato le sue nebulose nazionali. Ma qui finiscono le influenze: non c’è nessun effetto contagio.
La Basilicata non è le Europee
Con una candidato migliore – e magari deciso per tempo – il centrosinistra avrebbe potuto giocarsela. Il campo largo perde male in Basilicata, e a fare la differenza sono Azione e Italia Viva, i due partiti transitati nel centrodestra anche a causa dei veti posti nei loro confronti dal Movimento 5Stelle. Attenzione, però, a non sovraccaricare le tendenze nazionali sul voto locale. Il 15% dei partiti dell’area del Terzo Polo è frutto della candidatura di un notabile della politica lucana come Maurizio Pittella, più che delle capacità di attrazione del voto delle compaginie di Renzi e Calenda. Allo stesso modo, il sorpasso di Forza Italia sulla Lega in Basilicata non va in automatico trasposto al voto del prossimo giugno. Le Europee sono un’altra cosa.