Candidature aperte e competenza territoriale. E poi: la votazione del 28 marzo scorso sulla leadership di Giuseppe Conte era la prima oppure la seconda? Potrebbero sembrare questioni di poco conto. Cavilli, anzi “carte bollate” come dice l’ex premier per provare a sminuire la spada di Damocle della battaglia legale che pende sul suo futuro e su quello del M5s. Eppure sono questi i nodi intorno a cui ruota il secondo atto della disfida giudiziaria tra il Movimento e il gruppo di attivisti napoletani che ha fatto di nuovo ricorso contro la seconda incoronazione di Conte alla guida dei Cinque Stelle.
Duello davanti ai giudici
A febbraio, i ricorrenti difesi dall’avvocato Lorenzo Borrè, l’avevano spuntata. Primo voto annullato, vertici grillini decapitati. Tutto da rifare. Conte a marzo ha deciso di continuare dritto per la sua strada e, sulla piattaforma SkyVote, ha convocato una nuova consultazione. Sostanzialmente una fotocopia di quella cassata dal Tribunale di Napoli a febbraio scorso.
Ed ora il secondo round, con un verdetto atteso tra una settimana o poco più. Martedì, davanti ai giudici partenopei, è andato in scena un nuovo duello. “È stato un confronto molto serrato. Quasi due ore di discussione, ma non voglio dire che siamo ottimisti, perché sono scaramantico. Comunque sicuramente abbiamo difeso le ragioni del nostro ricorso”, spiega Borrè a true-news.it.
Due nodi del contendere
Secondo le indiscrezioni, i giudici di Napoli dovranno esaminare un bel po’ di materiale. A partire dalle corpose memorie presentate dai due team legali. 75 pagine per la difesa del Movimento Cinque Stelle, 50 pagine per i ricorrenti. Sono sostanzialmente due i punti su cui si sono confrontati Francesco Astone, avvocato del M5s, e Borrè: la contendibilità della leadership pentastellata e la competenza territoriale sull’esame e il giudizio sul ricorso.
La prima questione è stata sollevata dai ricorrenti. Che sostengono che la competizione per la carica di presidente del M5s sia stata un plebiscito sulla persona di Conte, senza la possibilità per tutti gli attivisti di poter concorrere per la leadership e in assenza di un regolamento che disciplinasse la votazione. Obiezione a cui i legali del partito hanno risposto facendo notare che la votazione di fine marzo fosse per il secondo leader, non per il primo, e che quindi la gara era aperta a tutti.
“Ma come si faceva a candidarsi se nei giorni precedenti non era stata spiegata la modalità per correre, cosa bisognava fare, mandare una mail? Allegare un curriculum? E quali erano le tempistiche per presentare la candidatura?”, dice a true-news.it una fonte a conoscenza del dossier. E ancora, un’altra contestazione. Nella votazione si chiedeva di ratificare l’operato di Conte, ma non era specificato di quali atti si parlasse e, soprattutto, per la legge Conte non era il capo del M5s, in quanto la votazione era stata annullata.
La difesa di Conte
La difesa dell’avvocato di Volturara Appula punta invece sulla competenza territoriale. Secondo i legali del Movimento, la sede competente dovrebbe essere Roma, dove si trova la sede legale del M5s, non Napoli dove sono residenti gli attivisti che hanno fatto ricorso. I ricorrenti, anche su questa rilevazione, hanno risposto colpo su colpo, evidenziando che un partito non ha personalità giuridica e che non conta la sede legale ai fini della determinazione della sede competente. Piuttosto – hanno fatto notare i ricorrenti – bisognerebbe dimostrare che la vecchia sede legale di Via Nomentana 257 era il luogo fisico dove si svolgeva il grosso dell’attività politica. Ma lo stesso Vito Crimi, ai tempi della sua reggenza, aveva parlato della sede di Via Nomentana come di una sorta di “buca delle lettere” del M5s, una sede legale in cui non si svolgeva l’attività politica.