Io non ho mai visto una campagna elettorale più moscia e inutile di quella che dovrebbe interessare – in effetti non interessa a nessuno – la città di Milano. Le ragioni sono varie, e alcune molto scontate. La prima è che manca il competitor di Beppe Sala. Se sarà uno sparring partner, contro il quale Sala potrà esercitarsi, o un competitor vero, lo vedremo. Roberto Rasia è in campo, anche se Alessandro Cattaneo ha detto che Maurizio Lupi è la prima scelta di Forza Italia, aggiungendo però che tocca alla Lega scegliere sotto la Madonnina. Ad ogni modo, se manca il competitor manca la competizione. E’ un problema che si devono porre anche quelli che sostengono Sala. Le campagne elettorali servono a far emergere idee, ad ascoltare i quartieri, e nella difficoltà viene distillato il succo migliore. Così invece si rischia di addormentarsi, e la città è ferma nella sua elaborazione politica.
La destra al governo è – appunto – una destra di governo. Come declina questa sua nuova natura a Milano? Ha voglia di iniziare a intrecciare un percorso con le realtà produttive e con i ceti che un tempo votavano centrodestra e che adesso sono saldissimi capisaldi del centrosinistra? La competizione sulle idee di futuro, sulle soluzioni per il lavoro, i diritti, lo smartworking, è sana e giusta per la città di Milano. Questo deserto dei tartari, dove la gente sta chiusa in casa, e neanche riflette più su quello che avviene fuori, ricorda quella metafora del tornado. Durante una tempesta tutti si chiudono dentro, ma i danni che ha fatto il tornato, là fuori, li vedranno solo quando sarà finito tutto. Ecco, la politica dovrebbe occuparsi di questo: guardare quello che sta succedendo col Covid e ipotizzare la città del futuro. Che nell’immediato sarà più povera, con più diseguaglianze, con meno possibilità e attrattività. Ma che proprio da questo deve ripartire, in una logica di dialogo e anche di contrapposizione tra le parti, non di monologo da parte di un lato solo.