di Francesco Floris
“Una settimana di successi” dice il portavoce dei Verdi milanesi, l’architetto Andrea Bonessa. Iniziata con la deputata Rossella Muroni che lascia Leu per rifondare alla Camera dei Deputati il gruppo ecologista sotto l’egida del nome “Facciamo Eco”. E conclusa con l’annuncio a Repubblica del sindaco di Milano Beppe Sala: “Entro nei Verdi europei”. Con stoccata al Pd che “da troppi anni” è dilaniato “dalle correnti”. Ma tra l’ex manager di Expo e il partito ecologista non è stato affatto matrimonio a prima vista. “Dovrebbero scusarsi con gli italiani perché sono riusciti a raccogliere il 2 per cento a malapena del consenso, mentre in altri Paesi d’Europa sono arrivati anche al 15” diceva Sala un anno fa. E loro a muso duro: “È arrivato il giorno in cui gli ecologisti d’Italia devono crescere e smetterla di essere la stampella altrui” annunciava a settembre scorso la portavoce nazionale, Elena Grandi, vicepresidente del Municipio 1 di Milano, brandendo contro la giunta Sala tutte le più importanti partite dell’ultimo quinquennio, dagli scali ferroviari al nuovo stadio di Milan e Inter. Poi la svolta nei rapporti. Imposta dalla Federazione europea dei Verdi, come raccontato da True-News a dicembre.
Ora? Ne è passata di acqua sotto i ponti. “I verdi sono coscienti che la strada è lunga – dichiara a True-News Andrea Bonessa – però avere Sala che partecipa a questo processo ci fa piacere, con Sala si faranno tutte quelle azioni che ci porteranno alla transizione ecologica ed è chiaro che una transizione non si fa in tre giorni ma si parte da un punto di partenza per arrivare ad uno di arrivo”. “Oggi inizia un processo per creare una città e un mondo migliore”.
C’è un entusiasmo inaspettato nelle parole del portavoce cittadino del partito ambientalista e si sprecano le metafore. Quelle calcistiche: Sala? “Come avere Ronaldo in squadra”. Obiezione: ma è stato il Direttore Generale della Moratti, il sindaco che ha definito “interessante” il progetto di Manfredi Catella sul “Pirellino” lasciando da solo in giunta a combattere l’assessore Pierfrancesco Maran contro i regali di volumetrie che piovevano da Regione Lombardia?. Più in generale è stato il sindaco nei cinque anni in cui gli immobiliaristi hanno spadroneggiato durante la crescita di Milano. O ancora: in giunta ha voluto Roberta Guaineri allo Sport, avvocato che fino al 2019 era socia nello storico studio legale che difende Paolo Scaroni, il Presidente del Milan, con i suoi faraonici progetti immobiliari su San Siro. “Certo – risponde Bonessa alle provocazioni – Sala è stato il sindaco di Expo e di un certo modo di governare” ma “adesso cambiamo radicalmente senza buttare tutto ciò che è stato fatto. Del resto si chiama ‘transizione’ ecologica non si chiama ‘punto a capo’”. É per chi ha fede anche un pizzico di religiosità non guasta: “La sua decisione è come la conversione di San Paolo sulla via di Damasco”. Anche se non è chiaro chi si stia davvero convertendo.
Gli altri del partito che dicono? Il consigliere comunale Enrico Fedrighini, che ha sempre sostenuto la scelta di stare con Sala arrivando anche a litigare con toni aspri dentro il partito, ha scritto su Facebook che “Le città sono il luogo del cambiamento. Concreto, visibile, attivo. E il cambiamento deve avere come priorità la conversione ecologica del nostro sistema di vita, integrando i temi dell’economia, dell’ecologia e della giustizia sociale. A partire dai nostri territori, e insieme a tutte le forze che – in una situazione difficilissima – stanno governando il cambiamento di Milano. Benvenuto nella famiglia dei Verdi Europei, Beppe! Andiamo avanti!”.
Dopo essersi presi letteralmente a randellate per anni ora il clima – per restare in tema “green” – fra Sala e i Verdi è cambiato. “Per noi rimane fondamentale la giustizia ambientale” dice Bonessa ma per fare ciò “bisogna cominciare dalle persone: devono cambiare testa, cultura, modo di vivere e un uomo come Beppe Sala può essere una pedina fondamentale per riuscirci”. C’è odore di stanza dei bottoni per gli ecologisti milanesi ora che hanno il numero uno di Palazzo Marino a bordo. E anche alla luce di ciò si leggono i rumors trapelati in questi mesi che vorrebbero fuori dalla prossima giunta di centrosinistra – in caso di vittoria – alcuni dei pezzi grossi del Pd che hanno guidato gli assessorati in questi anni. Su tutti Pierfrancesco Maran (Urbanistica, Verde e Agricoltura) e Marco Granelli (Mobilità e Lavori pubblici). Sarà un caso ma si tratta proprio delle deleghe cruciali per qualsiasi svolta ambientalista. Lì dove si giocano e governano tutte le partite importanti su gestione del territorio, ambiente, manutenzione del verde, trasporti, consumo di suolo, riqualificazione energetica degli edifici pubblici e via dicendo. Ma le stanze dei bottoni non sono solo in politica e a Palazzo Marino. Ci sono le partecipate. Con la più importante – A2A per l’energia – che ha appena presentato un piano industriale a 10 anni con 16 miliardi di investimenti. Una cifra monstre. E non solo: Amsa, Atm, MM, a cui nel 2022 ritornerà la gestione diretta del verde pubblico dopo l’esperienza degli appalti su lotti a società come il Consorzio Miami, finito anche in grossi guai giudiziari in Calabria. Ci sono le agenzie come Amat che si occupano di analisi e monitoraggio. È lì che si giocano le partite vere per gli ambientalisti che vogliono diventare “egemonici”.
Il rischio? Di essere cooptati e sparire dalla scena. Perché se falliscono è la volta in cui nessuno potrà più credere alle loro parole, alle loro promesse, alla loro coerenza. Infatti c’è già chi prova a mangiare il loro spazio, quello degli ambientalisti “duri e puri”. A cominciare dal movimento Friday For Future, apartitico e nato sulla scia dell’attivista Greta Thunberg, che ha portato centinaia di migliaia di persone per le strade delle città di tutto il mondo prima della pandemia, e ha annunciato per il 19 marzo lo “Sciopero Globale del Clima” contro le false promesse di politici e amministratori. Fra cui Beppe Sala. Ma c’è anche il candidato sindaco Gabriele Mariani, sostenuto da “Milano in Comune”, Rifondazione comunista, la sinistra radicale e la neonata lista dei Comitati ambientalisti di Milano. Mariani ha colto subito l’occasione per attaccare i Verdi e drenare acqua (e magari i loro voti) attraverso Beppe Sala. Inviando una nota in cui contesta che nell’intervista al sindaco su Repubblica “non leggiamo però che in questi 5 anni la sua amministrazione ha promosso investimenti immobiliari per i ricchi, non ha fatto nulla per il miglioramento dell’inquinamento e del il traffico e ha trasformato la partecipazione in propaganda. Le persone che vivono nelle periferie hanno visto aumentare il biglietto Atm a 2 euro e proprio in questi giorni nella zona Bovisa è iniziato il taglio degli alberi al parco La Goccia. Vogliamo una città veramente ambientalista che possa garantire a tutte e tutti parchi e spazi verdi vivibili e non solo a Citylife. La Milano bella per pochi a spese di molti non pare un modello ecosostenibile”.
I rischi per Beppe Sala? Semplice: complicarsi la vita e perdere – da solo vista la timidezza, per ora, delgi avversari e del centrodestra – le elezioni comunali. “Ha fatto una scelta coraggiosa – chiude Bonessa – perché di fatto aveva le elezioni in tasca e ora con questa decisione rischia di inimicarsi un pezzo della città, che in più è quello che tiene il pallino in mano”. I benefici invece per il sindaco? La possibilità di passare alla storia. Dopo essere stato il sindaco della crescita economica di Milano – diseguale, con molti lati oscuri, ma pur sempre crescita in una nazione stagnante da 20 anni – diventare il sindaco che imprime per sempre la svolta “green”. E farlo nel cuore della inquinata Pianura Padana. Una battaglia che un guerriero ambizioso come Sala vuole di certo combattere. Da vedere chi saranno le vittime che resteranno a terra.