Tutti a osannare Enrico Letta dopo la vittoria ai ballottaggi delle elezioni amministrative. Tutti a magnificare il “campo largo” dei progressisti. “Contro le destre”. Da Calenda a Conte, passando per Renzi e Di Maio. Mentre la politica di centrosinistra si arrovella per trovare una formula che tenga insieme tutte queste differenze, un vecchio alfiere del centrosinistra che fu, in quota sinistra radicale, cerca di tenere uno sguardo distaccato sul caravanserraglio della politica di oggi. Erre moscia e pensieri affilati. Fausto Bertinotti commenta con true-news.it il dibattito interno alla coalizione guidata con il Pd. E non è ottimista, soprattutto per quanto riguarda il futuro della sinistra.
Il campo largo è incomprensibile
L’ex presidente della Camera ed ex leader di Rifondazione Comunista ha ospiti a casa. Bisogna andare veloci con le domande. La prima questione è il campo largo, definizione di cui il segretario dem ha abusato in questi ultimi mesi. Bertinotti sembra un marziano. “Quando parliamo di campo largo a me risulta una grammatica incomprensibile. Quando sento queste formule vedo l’assenza di una grammatica della politica”, spiega a true-news.it.
Poi rilancia: “Veda, si può dire qualsiasi parola, ma queste parole non corrisponde un’ipotesi politica leggibile”. Che per l’ex segretario di Rifondazione Comunista equivale a dire che non si capisce bene quali siano i programmi di questa grande alleanza progressista.
Bertinotti scomoda uno dei due autori del manifesto del Partito Comunista. “Un vecchio signore che si chiamava Engels diceva che un programma è una bandiera issata nella testa della gente. Ecco a me basterebbe che ci fosse un programma, non un’ideologia”. E quindi il campo largo non è nient’altro che “una parola vuota”. Perché “chi si candida a governare dovrebbe avere un programma, una visione della società che io non vedo”.
Quale centrosinistra?
Il futuro, dunque, sembra quello di un centrosinistra liquido. Ma Bertinotti va oltre: “Quale centrosinistra? Per esserci un centrosinistra deve esserci un centro e una sinistra. Tanto che ai miei tempi c’era il dibattito se mettere il trattino o no tra le due parole. Adesso io vedo solo un centro e non vedo la sinistra, che politicamente non esiste più”.
Meglio l’accozzaglia della Seconda Repubblica rispetto al campo largo di oggi? “In quel periodo c’era un centro definibile politicamente e una sinistra che era ancora abbastanza definibile politicamente. Adesso c’è un grande centro che sostiene Draghi, il campo largo è quello che dovrebbe sostenere Draghi, il capo assoluto della politica italiana”.
Sinistra e esteri
Inevitabile andare a parare sul conflitto in Ucraina. “Le dico che la sinistra politica è scomparsa perché l’idea della sinistra è quella pacifista. E non è interpretata da nessuno dei partiti”, affonda Bertinotti. Però c’è il M5s di Giuseppe Conte, che ha tentato di cavalcare il pacifismo. La risposta è secca: “Hanno votato contro o a favore dell’invio di armi in Ucraina? Hanno votato a favore, se sei per la pace voti contro le armi, è semplice”.
Allora una sinistra esiste ancora in Francia, dove Mélenchon ha ottenuto ottimi risultati elettorali? “Lì esiste una sinistra che non si allea con il centro, ma che combatte il centro e la destra, considerandoli entrambi avversari, in Francia la sinistra antagonista ha portato alla tripartizione del sistema: c’è un centro tecnocratico e capitalista guidato da Macron, che è parente stretto di Draghi, anche se devo dire che Draghi rispetto a Macron è più prossimo alla cultura della guerra; c’è una destra conservatrice e reazionaria e c’è la sinistra”. In Italia, invece, il panorama è più piatto: “C’è un centro e c’è una destra che pure si nasconde dietro il governo, in Italia sono tutti draghiani”.