Perché questo articolo potrebbe interessarti? Perché il Pd a Brescia è un’anomalia rispetto a tutto il resto della Lombardia. E il “modello Del Bono” può essere la vera chiave per la famosa ripartenza dai territori del centrosinistra.
Il Partito Democratico ha una nuova “capitale” in Lombardia, Brescia. La Leonessa è la città in cui il Pd conquista la maggiore quota di consensi nei centri capoluogo di Provincia alle Regionali. Con 23.690 voti il Pd tocca il 38,18% all’ombra della Loggia e migliora il risultato rispetto alle Politiche sia in termini percentuali (23,15% a settembre) che in valori assoluti. A settembre, con 73,1% di affluenza, a Brescia i dem conquistarono 22.089 voti.
Il boom del Pd a Brescia
Nella città il Pd conquista oltre un quarto degli 88mila voti presi in Provincia alle Regionali e Pierfrancesco Majorino stacca Attilio Fontana. A trascinare la prestazione la prova di forza del sindaco uscente Emilio Del Bono, che con oltre 35mila preferenze supera il risultato di ogni candidato in Lombardia e nel Lazio. E apre alla prossima sfida: la corsa a Palazzo della Loggia, sede del comune.
Del Bono ha tirato la volata al Pd per prendersi la rivincita a breve, a fine primavera, quando Brescia tornerà al voto per eleggere il successore di Del Bono. A maggio o più probabilmente a inizio giugno il Pd vuole continuare la tradizione di amministrazione centrista, moderata e pragmatica di Del Bono. La corsa del sindaco uscente è innanzitutto un ammonimento al suo successore designato, il vicesindaco Laura Castelletti, figura nettamente più spostata a sinistra rispetto all’ex democristiano Del Bono.
Il metodo Del Bono plasma Brescia
Come Ravenna in Emilia-Romagna per Stefano Bonaccini, la Leonessa è un laboratorio per il Pd della Lombardia. Più della ben più attenzionata Bergamo di Giorgio Gori, città con una peculiarità turistica notevole e dimensioni più ridotte. Del Bono ha voluto fare di Brescia il “laboratorio” di un Partito Democratico aperto ai territori, ai corpi intermedi, a una visione di sviluppo che coniughi sostenibilità, cura del tessuto urbano e tutela dell’industria. Dai sindacati alle confederazioni imprenditoriali, dall’università all’associazionismo Del Bono, sottolinea chi gli è vicino, ha cercato di moderare le istanze di molti. E di fatto ha conquistato sul campo il “terzo mandato”, l’elezione al Pirellone.
Quello di Del Bono al Pd è l’invito al Festina Lente, all’affrettarsi ma con gradualità. Affrettarsi a pensare a un cambiamento, certamente, alla luce delle sconfitte più recenti. Ma farlo con gradualità, perché è l’impostazione a dover cambiare. E il “ripartire dai territori” tanto mitizzato non deve risolversi nella solita impostazione da trinceramento nella Ztl. A Brescia il Partito Democratico vince in centro, in periferia, nei quartieri popolari e in quelli più abbienti. E lo fa perché Del Bono “trasmette vicinanza”, ripetono ad alta voce i dem bresciani, e ha conquistato la “vocazione maggioritaria”. Mettendo in un certo senso in crisi la destra in città, dato che Fratelli d’Italia ha messo in discussione la possibilità di Fabio Rolfi, esponente della Lega, di sfidare Castelletti in maniera vincente.
Modello Brescia per il Pd lombardo?
La vittoria del Pd a Brescia parte, dunque, dal trasversalismo. Parliamo di un Pd che non è stato appiattito sul contismo ai tempi del governo giallorosso né su Draghi nella fase di larghe intese nazionali. Di un Pd che ha sempre dialogato, senza preclusioni di superiorità morale, con la destra al governo in Regione.
E dal Pnrr alla Capitale Italiana della Cultura, la Loggia ha in asse con Palazzo Regione costruito progetti e strategie sinergiche. La visione dei dem della Leonessa è governista per vocazione e può insegnare al centrosinistra lombardo il tanto inseguito “rapporto coi territori”. A patto di abbandonare ogni presunzione di superiorità morale sugli avversari e pensare al pragmatismo amministrativo.