Premessa: visto che la stampa di mezza Europa si è cimentata nell’operazione di scrivere di un documento senza possederlo e/o senza citarlo, qui si possono scaricare le ormai celebri “#UnionofEquality – European Commission Guidelines for Inclusive Communication”, ora ritirate dopo di 24 ore di “bufera” per merito della destra italiana, a cominciare da Matteo Salvini e l’ex Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani.
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Buon Natale e Maria, cosa dicono davvero le linee guida dell’Unione Europea
Seconda premessa: dalla lettura del documento di 31 pagine voluto dalla Commissaria Ue per l’Uguaglianza, la maltese Helena Dalli, non si è capisce chi è più stupido fra Bruxelles e gli integralisti cattolici di destra tricolori e di tutto il Vecchio Continente.
Il consiglio di Bruxelles ai funzionari: “Non date per scontato che tutti siano cristiani”
Nelle linee guida comunitarie per una comunicazione inclusiva non si parla mai né di “cancellare il Natale” o di non usare la parola “Maria”. L’esempio che il documento contro ogni discriminazione fa è quello di “Evitare di dare per scontato che tutti siano cristiani” (tabella a pagina 19) perché “non tutti celebrano le festività cristiane e non tutti i cristiani le celebrano nelle stesse date”. Quindi, il suggerimento non richiesto della Commissione Ue, è di “essere sensibili rispetto al fatto che esistono persone con differenti tradizioni religiose o calendari”.
Meglio augurare “Buone feste” o “Buon Natale”?
Per questo motivo viene fatto un esempio: poniamo che durante una conversazione con un collega che non si conosce qualcuno voglia dire che le ferie di dicembre sono più stressanti che andare a lavoro, a causa delle continue cene con i parenti e i tempi serrati. Le Guidelines suggeriscono di non usare l’espressione “Il Natale può essere stressante” bensì “le vacanze possono essere stressanti” così da non urtare eventualmente una persona che non festeggia e/o riconosce il Natale. Stesso discorso per la querelle sul nome di “Maria”.
Il nome di Maria non è vietato
In nessun punto del documento c’è scritto, come ovvio, di non chiamare le persone con il nome della Vergine del Vangelo. C’è invece scritto che, quando si fanno degli esempi o si scrivono delle storie, sarebbe il caso di alternare nomi di matrice cristiana con altri di differente tradizione. Per esempio, meglio dire “Malika e Giulio sono una coppia internazionale” invece che “Maria e Giovanni sono una coppia internazionale”. È facile immaginare che nella testa di qualche integralista fascio-cattolico con giornalisti al seguito questo potrà pur sembrare un gigantesco sforzo intellettuale degno di una censura del Terzo Reich, ma rimane quello che è.
A Bruxelles non hanno nulla da fare
Ora, veniamo ai nodi critici. La domanda di fondo è: quanta gente paghiamo come contribuenti europei per occuparsi del nulla o quasi? Perché il documento che ha scatenato le polemiche e che fornisce indicazioni ai funzionari europei su come realizzare “speech”, slide, post sui social network, mail e circolari, con suggerimenti che potrebbero essere risolti con un po’ di buona educazione e buon senso, non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo.
La guerra i pronomi maschili e femminili
E oltre a fare la guerra ai pronomi (“his” “her” etc.) o alle espressioni come “Miss” o “Mrs”, un po’ dispregiative e sessiste (come “signorina” in italiano) e da sostituire con il più universale “Ms” che non presuppone che la donna sia coniugata in matrimonio, ogni tanto si concentra su delle vere e proprie sciocchezze. Esempi? Evitare di dire “signore e signori” presentandosi a una serata a o un convegno. Da sostituire con “cari colleghi”. E se non sono tutti colleghi? Chissà.
Meglio “cari colleghi” di “signore e signori”
O ancora: non usare la parola “cittadini” per riferirsi alla popolazione in generale. Perché, ad esempio, potrebbe essere che una persona paghi le tasse in un Paese pur non essendo cittadina di quel Paese ed è quindi discriminatorio pronunciare una frase come “il governo sta agendo per abbassare le tasse a tutti i cittadini”.
La neolingua della Ue: non va bene dire “Padri fondatori”
Se non bastasse, vale la pena sapere che in altri documenti per “l’inclusività” e un po’ più datati rispetto a quest’ultimo, si legge anche che una corretta “prospettiva di genere” applicata alla “House of European History” (un museo di Bruxelles, vero e proprio gioiello della storia comunitaria) farebbe sì che l’espressione “I padri dell’Europa” o “i padri fondatori dell’Europa” (“the founding fathers”) venga sostituita da un più generico “the EU architects” meno connotato a livello di genere. Di certo un duro colpo al patriarcato sperando di non far infuriare a quel punto altre categorie lavorative rispetto agli “architetti”, che si sentirebbero bistrattate dalla burocrazia comunitaria.
Le linee guida di Bruxelles per i parrucchieri
Del resto nella giornata odierna, alla disperata ricerca dei documenti che hanno fatto infuriare i leghisti e Fratelli d’Italia, abbiamo scoperto che Bruxelles ha pubblicato anche delle “Linee guida non vincolanti per il settore dei parrucchieri” (non stiamo scherzando) che pure non offre una prospettiva né di genere né per l’inclusività ma più banali suggerimenti di “sicurezza sul lavoro” come ad esempio consigli su come arredare il proprio punto vendita per evitare danni muscolari o altre patologie. Si leggono suggerimenti come “una giusta illuminazione” e una “buona ventilazione” sono “caratteristiche di un ambiente lavorativo ben progettato”.
Ecco: quante delle migliori menti d’Europa lavorano, pagate da noi, su questi dossier? E quanti europarlamentari, o ex europarlamentari, o aspiranti tali, hanno intenzione di passare le loro giornate (sempre pagate da noi) a contestare gli stessi inutili documenti?