Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il leader del Terzo Polo Carlo Calenda è appena tornato dalla sua visita in Ucraina. Una tre giorni molto densa, soprattutto sui social. E non sono mancati gli utenti che hanno accusato il senatore di voler strumentalizzare il conflitto in corso. Ma Calenda non è stato il primo parlamentare italiano a visitare le zone di guerra, mentre a marzo scorso una delegazione di trenta deputati, senatori ed europarlamentari era stata bloccata dalla Farnesina per motivi di sicurezza.
Tu-tu-tu-tu… Carlo Calenda, senatore e leader di Azione, è appena tornato dal suo viaggio in Ucraina, ma il suo telefono è staccato. Eppure l’ex ministro e frontman del Terzo Polo, anche durante la tre giorni in territorio di guerra, non si è mai allontanato dal suo smartphone. Anzi, a metà tra il reporter e l’influencer, ha continuato a twittare, indemoniato, come suo solito. Una vera e propria diretta social quasi a un ritmo H24. Un format che gli ha attirato anche alcune critiche. Da chi sui social lo ha accusato di farsi “pubblicità sfruttando la sofferenza altrui” a chi lo ha definito “sciacallo” o lo ha preso in giro così: “E io che la pensavo in trincea a fianco di ucraini e contractors, perché per intervistare solo chi fa comodo ci sono già i reporters italiani”. Insomma, Calenda ha diviso e ha fatto parlare di sé.
Calenda ha diviso e ha fatto parlare di sé
Nelle cronache da Kiev e Leopoli ha trovato spazio anche un video in diretta dalla camera di albergo alle 6 di mattina con tanto di sirene degli allarmi anti aerei. E ancora: “Sembra fossero due droni a 4km da qui abbattuti dalla contraerea Ucraina”. Una cronaca puntuale, a ogni allarme anti aereo che scatta – spiega Calenda – “con un preavviso di dieci minuti prima dell’impatto” e “la cosa abbastanza incredibile è che tutti continuano a fare la loro vita. Noi compresi”. Poi spazio anche per i monumenti e la storia dell’Ucraina, “una terra bellissima” e per le dirette in esterna in giaccone Barbour sotto la nevicata.
Ma Calenda non è il primo parlamentare a visitare l’Ucraina
Ma Calenda non è il primo parlamentare a visitare l’Ucraina. Se escludiamo gli esponenti di governo e il presidente del Consiglio, personalità che a Kiev hanno incontrato il presidente Volodymyr Zelensky e i suoi ministri, non sono mancate le visite di semplici deputati e senatori. Per i maligni “passerelle inutili e pericolose”, per altri commentatori “testimonianze di solidarietà verso il popolo ucraino”. Ed ecco allora Lia Quartapelle, deputata del Pd in Commissione Esteri, con ben due visite nella nazione in guerra nel giro di un mese. Prima a inizio maggio con il gruppo interparlamentare internazionale United 4 Ukraine, poi l’8 giugno insieme ad altri quattro parlamentari italiani: Andrea Romano, Fausto Raciti ed Enrico Borghi del Pd e Massimo Ungaro di Italia Viva. Tutti e cinque sono tra i massimi sostenitori della causa ucraina nelle Aule del Parlamento italiano. I cinque, come Calenda, sono andati in Polonia e da lì hanno attraversato il confine con l’Ucraina. Ma, a differenza del leader di Azione, il programma del viaggio è rimasto riservato per motivi di sicurezza.
Tra i più attivi sull’Ucraina anche il deputato di +Europa Riccardo Magi
Tra i più attivi sull’Ucraina anche il deputato di +Europa Riccardo Magi. Anche lui in Ucraina a maggio, ha concesso interviste in presa diretta, parlando con toni perentori di “sterminio, altro che denazificazione”. E ancora: “Il Parlamento di Kiev è ridotto a trincea”. Sia Quartapelle sia Magi sono stati a Bucha, dove sono stati uccisi moltissimi civili ucraini. Ma la frenesia parlamentare di visitare l’Ucraina era cominciata già a marzo, poche settimane dopo l’inizio dell’invasione russa. Allora ben trenta parlamentari italiani di un po’ tutti i partiti – dal dimaiano Nicola Grimaldi a Isabella Rauti di Fdi – si erano organizzati per visitare i luoghi della guerra insieme alla Comunità Papa Giovanni XXIII. A dissuaderli dalla mega spedizione ci pensò la Farnesina guidata da Luigi Di Maio: “Sconsigliamo viaggi a qualsiasi titolo, sareste a rischio della vita, non solo di una strumentalizzazione”. Un consiglio che, dopo mesi, non è stato seguito.