Tuonava Carlo Bonomi, nelle settimane successive alla sua elezione alla guida di Confindustria. Ne aveva per tutti l’ex leader di Assolombarda asceso al panorama nazionale. L’Italia? È un “Sussidistan” che “sta scegliendo di favorire l’assistenza invece di liberare l’energia del settore privato”. La politica? Non ne parliamo: “Può fare peggio del virus”. La fase 3? Come la fase 2. Senza “visione” o “pianificazione”. Nel mirino di Bonomi c’era soprattutto una persona: Giuseppe Conte.
Sembra diventato improvvisamente mansueto il numero uno di viale dell’Astronomia con l’ingresso di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Basta stilettate e frecciate. Basta interviste al vetriolo.
Carlo Bonomi si è innamorato di Mario Draghi?
Cosa dice negli ultimi mesi Bonomi? Più o meno identifica la politica – tutta – con l’ex governatore della Bce. “Mario Draghi sa quello che va fatto” perché è un “moltiplicatore di credibilità e autorevolezza”. Ancora: “Bisogna sperare che duri il più a lungo possibile” (sempre Draghi), perché “anche nelle nomine abbiamo percepito discontinuità”. E ci mancherebbe altro – verrebbe da dire: la nuova Cassa Depositi e Presititi targata “tecnici” e “migliori” ha messo sul piatto, per esempio, il bazooka “Patrimonio Rilancio”: 44 miliardi di euro in titoli di debito (3 miliardi deliberati per ora) da usare per ricapitalizzare le aziende da 50 milioni di fatturato in su, senza impattare sulla governance delle stesse. Niente male.
Per tutto il resto ci sono le “Semplificaizoni” e gli appalti. La richiesta avanzata da Confindustria al Governo è molto chiara: compartecipare al processo di sfoltimento e alle misure da adottare sulle semplificazioni. Con un dossier di 80 pagine che è già stato recapito all’Esecutivo a maggio.
I dissidi tra Confindustria e il sindacato? Scomparsi
Terzo? Il nodo lavoro. Sblocco licenziamenti ma non solo. Ci sarà da litigare con la compagine governativa degli Andrea Orlando vicini al segretario della Cgil Maurizio Landini? Macché. Le parole d’ordine sono: riforma degli ammortizzatori sociali ma, soprattutto, politiche attive per il lavoro. Ecco l’indicazione che arriva dagli industriali. Con una sorpresa: si comincia a fare breccia anche nel cuore degli eterni nemici del Movimento Cinque Stelle che hanno costruito il loro consenso sui voti al sud Italia.
L’emendamento M5S per il reddito di cittadinanza
Avete presente il dibattito infuocato sul reddito di cittadinanza che disincentiverebbe al lavoro, nonostante un importo medio in Italia di 500 euro e 733 euro di assegno massimo? Bene. È di queste ore una proposta della deputata grillina, Valentina D’Orso. Un emendamento al Dl Sostegni-bis per obbligare i percettori di Rdc ad accettare proposte lavorative con un compenso uguale, o inferiore, al sussidio.
Se la cifra pagata dall’azienda o dal datore di lavoro privato sarà inferiore allora toccherà allo Stato mettere la differenza, tramite l’Inps. Il motivo? Spingere i lavoretti stagionali per far ripartire il turismo. Mica male: uno strumento di welfare per i più poveri utilizzato per creare lavoro ulteriormente povero.
Morale? Carlo Bonomi si è innamorato di Draghi. Ma ha fatto breccia nel cuore dei Cinque Stelle.