«I social producono il 4 per cento dell’anidride carbonica che viene immessa in atmosfera». Parole e musica di Roberto Cingolani, nel corso della sua prima partecipazione televisiva lo scorso aprile. Un motivetto riproposto, cambiando solo leggermente lo sparito, in settimana: la stessa percentuale d’inquinamento sarebbe prodotta “dall’intero comparto digitale”.
Cingolani, un dato indiscutibilmente falso
Il dato diffuso dal ministro in una diretta streaming di fronte a una platea di oltre 15mila studenti delle scuole superiori, è indiscutibilmente falso. “I social media inquinano troppo. Quando mandate inutili fotografie pensate al loro impatto ambientale. Sembra assurdo, ma – secondo alcune ricerche – applicazioni come Facebook, Twitter, Instagram e Youtube inquinano più degli aerei: il traffico aereo infatti produce il 2% della produzione di CO₂ mondiale, il digitale il 4 di cui la metà proviene dai social”.
A cosa fa realmente riferimento il dato menzionato dal ministro
Il punto è proprio l’interpretazione delle ricerche menzionate dal ministro per la Transizione ecologica. Già ad aprile, in seguito alla prima tuonata di Cingolani contro il mondo digital, Pagella Politica aveva svolto un’indagine sulla validità del dato. Proviene da un rapporto pubblicato nel marzo 2019 da The Shift Project, un centro studi francese che promuove la decarbonizzazione nel mondo. Secondo i calcoli dei ricercatori transalpini, la percentuale del 3,7% è il contributo alle emissioni di un settore che è estremamente più ampio di quello dei semplici social, non rappresenta nemmeno il dato dell’enorme comparto del digitale, ma addirittura dell’intero settore delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione. Lo stesso rapporto non menziona mai i social, ma parla di reti di telecomunicazione, data center, computer, smartphone, elettrodomestici connessi alla rete e internet delle cose.
Stime da prendere con la dovuta cautela
Un dato ridimensionato dunque, che merita un’ulteriore precisazione. Quelle di The Shift Project sono stime. Non occorre essere uno scienziato per comprendere la differenza tra una stima e un’elaborazione puntale e approfondita. I ricercatori di riferimento del ministro Cingolani non hanno dunque svolto delle misurazioni, ma – come afferma Pagella Politica – “dei tentativi di quantificare un fenomeno sulla base di un’ampia serie di assunzioni da prendere con la dovuta cautela”. Tra i vari strumenti digitali, il mondo dei social network sembra essere quello con il minor impatto ambientale.
I tre quarti delle emissioni globali prodotti dall’energia
Ma quali sono dunque i settori dell’economia globale che producono le maggiori emissioni di CO2? Le stime, questa volta attendibili, quantificano le emissioni annuali di gas serra a 50 miliardi di tonnellate di CO2. Quasi i tre quarti, il 73% delle emissioni è frutto del mondo dell’energia, produzione e consumo. Segue staccato al 18% – un quinto delle emissioni del pianeta – l’agricoltura, mentre il mondo dell’industria contribuisce al 5% – un decimo – dell’inquinamento. Chiude la panoramica il 3% d’inquinamento dettato dallo spreco di acqua e dalle discariche del mondo.
La fetta più grossa dell’inquinamento globale è dunque rappresentata dalle emissioni energetiche. Al suo interno, il sottoinsieme più inquinante è quello dell’energia industria – 24%, a cui contribuiscono per il 7% ferro e acciaio, al 3,5 chimica e petrolchimica e all’1% di cibo e tabacco. I trasporti inquinano al 16% (nell’ordine su strada all’11, aereo al 2 come quello navale, mentre il treno allo 0,5). Ci sono le emissioni per riscaldamento e illuminazione degli edifici al 17,5 (distribuite tra l’11 per cento di quelli residenziali e il 6,5 di quelli commerciali).
Confrontando la dichiarazione di Cingolani con dati alla mano, affermare che i social contribuiscono al 4% dell’inquinamento significherebbe dire che inquinano il doppio del trasporto aereo e navale, più dell’industria chimica e del petrolio e tanto quanto deforestazione e inquinamento agricolo messi insieme.