Perché leggere questo articolo? Dal G2o in Brasile Lula rilancia il vecchio mantra: “tassiamo i ricchi”. Il concetto è encomiabile, avrebbe una sua importanza in termini di giustizia sociale. Ma è davvero difficile da mettere in pratica. Qualcosa si è mosso di recente, ma molto lentamente e in maniera confusa.
A San Paolo in Brasile ci sono i rappresentanti dei quattro quinti dei miliardari del pianeta. Perché nei paesi del G20 vive l’80% dei paperoni della Terra. La riunione dei ministri economici e dei governatori delle banche centrali è sicuramente il palcoscenico più suggestivo per rilanciare un vecchio cavallo di battaglia: “tassiamo i ricchi”. Un mantra per economisti, politici e simpatizzanti di sinistra. Un potenziale toccasana per le economie più povere e un grande passo verso una vera giustizia fiscale. Purtroppo, però, tra il dire “tassiamo i ricchi” e far loro pagare effettivamente il giusto, c’è di mezzo un mare di problematiche.
Si fa presto a dire “tassiamo i ricchi”
Il mare di problemi che impedisce il “fare”
La tanto annunciata tassa minima globale, però, ha trovato non pochi problemi di attuazione. Alla base c’è la difficoltà di trovare un accordo comune tra i tutti i paesi del mondo, così da impedire il cosiddetto “dumping” fiscale. I ricchi non sono statici come monumenti, si possono spostare. E prendere residenza in un paradiso fiscale. Si stanno riducendo di numero, ma continuano a vivere e lottare insieme ai Paperoni del pianeta. Se proprio proprio morite dalla voglia di scoprire quali sono, qui c’è una lista degli ultimi rimasti. Per un vostro amico o cugino, si intende.
Il tentativo di tassare i ricchi è reso complicato anche da un altro meccanismo di elusione: il movimento di capitali. In linea di principio, tutti siamo d’accordo, ma mancano ancora gli strumenti giusti che siano efficaci e non producano effetti di ritorno negativi. Come l’abbandono di ingenti patrimoni. Da questo punto di vista abbiamo a disposizione strumenti antichi a cominciare dalle aliquote sui redditi molto alti. C’è poi il problema del differimento dei redditi da capitale. Nell’ultimo Rapporto dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) si sottolinea proprio il problema del differimento d’imposta che inevitabilmente riduce le entrate fiscali.
In Italia abbiamo poi un terzo problema che incide sugli assetti del sistema fiscale che è la tassazione degli immobili che è radicolarmente bassa. Detto tutto ciò, io sono a favore di una tassazione dei ricchi, ma ritengo difficilmente praticabile una imposta ordinaria sulla ricchezza complessiva delle persone, cosa che risulta difficile in tutto il mondo. Sono però convinto che bisogna intervenire sull’origine di queste ricchezze, come ho appena detto con i tre esempi precedenti. Al contrario in Italia le regole sulla formazione di queste ricchezze sono molto permissive. Ci sono tutti questi aspetti il cui smantellamento ha prodotto grosse concentrazioni di ricchezza.
La global minimum tax che Biden ha messo in soffitta
A complicare il quadro ci si mette poi di mezzo la politica. Non solo a destra è difficile tassare i ricchi. “Gli Stati Uniti non saranno pronti entro quest’anno ad aggiungere la propria firma al trattato“. Dal Lussemburgo arriva una doccia gelate per chi sognava una tassa mondiale del 15% alle 100 aziende più ricche. La segretaria al Tesoro americana, Janet Yellen, ha fatto scendere il gelo sulla riunione dei paesi Ocse alla fine dello scorso. Complici le imminenti Presidenziali, la global minium tax resterà un sogno anche per tutto l’anno prossimo. Anche quest’anno i ricchi li tassiamo il prossimo.