Perché leggere questo articolo? L’unico vero dato di fatto nella curiosa vicenda della candidatura tramontata di Ilaria Salis alle Europee. Le correnti Pd sono vive, ma non lottano insieme a Elly Schlein. Tutte le anime dem, cacicco per cacicco.
Il caso Salis è chiuso. O meglio, le traversie giudiziarie (per non dire violazione delle più basilari norme del diritto) che riguardano la maestra italiana in Ungheria sono purtroppo tutt’altro che risolte. Mettiamola così, la questione di una sua possibile candidatura alle Europee è definitivamente tramontata. “Ilaria Salis non sarà candidata dal Pd alle prossime Europee”. Parola di Elly Schlein, che proprio dalle liste Europee deve ammettere un primo lampante passo indietro della propria segreteria. Le correnti del Pd stanno ancora lì. Quelle fazioni che Schlein aveva promesso di eliminare si stanno riorganizzando e ora sono insofferenti per la scelta dei candidati alle europee. Quella di Salis, ma non solo.
La candidatura di Salis era troppo “controcorrente” per il Pd
L’ipotesi di una candidatura di Ilaria Salis nelle liste del Partito Democratico per le europee aveva agitato le acque dem dal principio. A riaccendere i fuochi è stato l’incontro tra la segretaria Elly Schlein e il padre di Salis, avvenuto al Nazareno la mattina del 4 aprile. La sera prima, nel salotto di Porta a Porta, la segretaria si è affrettata a sgomberare l’ipotesi dal campo: “Non è in campo. Ho letto elucubrazioni su trattative, non c’è in corso nessuna trattativa”. Un approccio però c’era stato. Più interno al Pd che con Salis – lei stessa, per tramite del padre, ha fatto sapere di essere militante di estrema sinistra e dunque tutt’altro che entusiasta di una candidatura coi dem. Salis sfuma, le correnti Pd restano lì.
Schlein è sempre più in affanno nel cercare di definire la strategia elettorale e soprattutto le candidature del partito per le europee. Le varie correnti Pd non aiutano. Al contrario, stanno rivendicando ciascuna i propri spazi nelle liste elettorali, generando così discussioni interne alle correnti stesse. I due nomi di cui si continua a discutere sono Marco Tarquinio e Ignazio Marino. Quest’ultimo, ex sindaco di Roma del Pd che ha abbandonato in polemica con Renzi nel 2015, si candiderà con Alleanza Verdi e Sinistra. Tarquinio è l’ex direttore di Avvenire (forse il quotidiano con le posizioni più di sinistra tra quelli più letti, il che la dice lunga, visto che è organo della Cei) fa parlare di sé per le posizioni non proprio vicine alla linea ufficiale del Pd su Ucraina e diritti civili.
Le correnti Pd stanno ancora lì, ufficialmente con Schlein
Le correnti Pd, coi loro gruppi parlamentari, con gli amministratori e funzionari di partito, coi militanti sul territorio, le aree culturali e i gruppi d’interesse sono ancora lì. I “capicorrente”, che Schelin aveva ribattezzato “cacicchi” nella speranza di farli sparire, vivono e imperano. Hanno semplicemente cambiato orientamento, che poi è sempre lo stesso: stanno dalla parte del segretario finché dura.
Tutto cambia affinché tutto resti com’è, insomma. A più di un anno dal 26 febbraio scorso che a sorpresa ha visto la vittoria dell’outsider Schein, fino a poche settimane prima neanche iscritta al partito, alle primarie le correnti Pd sono vive, ma lottano con Schlein? Formalmente sì, a giudicare dalle dichiarazioni di facciata dei vari Dario Franceschini, Nicola Zingaretti e Andrea Orlando. La verità sotterranea sembra, però, essere riemersa al primo vero giro di boa della segreteria che nessuna ha visto arrivare.
Europee, correnti e un mare di problemi per Schlein
Era abbastanza prevedibile che intorno alla definizione delle candidature si generassero tensioni nel PD. Schlein vuole favorire l’elezione di un gruppo di europarlamentari che le siano più fedeli. Come è normale che sia, visto che tutti i predecessori hanno fatto così. E, infatti, l’attuale pattuglia dem a Bruxelles è perlopiù composto da rappresentanti di altre correnti e in generale piuttosto vicini al suo avversario alle primarie, Stefano Bonaccini.
A fine marzo Schlein ha convocato la segreteria del PD per discutere proprio della scelta di candidate e candidati per le europee di giugno. Dopo mesi di ambiguità, ha confermato ai componenti della segreteria che vuole candidarsi in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali in cui è divisa l’Italia, anche se non in tutte come capolista. Ha anche detto che le capilista alle europee saranno tutte e cinque donne non iscritte al partito: è il caso per esempio della giornalista Lucia Annunziata, storica conduttrice della Rai da cui si dimise nel maggio scorso. A quel punto però la presenza della segretaria e di altre donne scelte da lei ridurrebbe lo spazio per candidature di altre aree, e questo ha prodotto risentimenti anche tra gli esponenti delle correnti che hanno finora sempre convintamente sostenuto Schlein.
Tutte le correnti Pd, cacicco per cacicco
Le varie ristrutturazioni sembrano più di facciata che sostanziali. Le correnti interne sono grossomodo le stesse, cambiano semmai gli equilibri di potere. A sinistra il più attivo è Andrea Orlando, referente dei DEMS. Sempre a sinistra ci sono Matteo Orfini ed Enzo Amendola che puntano a incanalare il malcontento dei deputati fuoriusciti dalle correnti. A differenza del Paese, nel Pd il centro è grande e forte. Il suo leader è l’onnipresente ex ministro Dario Franceschini, che guida AreaDem, corrente di cui fa parte la capogruppo alla Camera, Chiara Braga. Dopo essere passato armi e bagagli con Schlein, Franceschini punta ad aggregare l’area centrista con Dario Nardella e i lettiani di CREA, coordinata dal senatore sardo Marco Meloni. E infine c’è l’area di Bonaccini, che almeno nominalmente dovrebbe avere nel partito un ruolo di opposizione interna: anche questa è in una fase di travagliata transizione che sta esasperando i suoi, come Luca Lotti, Pina Picierno e Alessia Rotta. Tutti nomi che rappresentano anime del Pd, ma anche grattacapi per la segreteria. Le correnti continuano la navigazione, con buona pace di Schlein.