Perché questo articolo potrebbe interessarti? Così come visto in passato e seguendo la scia di altri politici coinvolti in scandali, anche Sangiuliano ha preferito il fresco del convento alle intemperie dei palazzi romani appena lasciati. Ma agli italiani, oggi, di avere dei politici santi in preghiera interessa poco.
Paese di poeti, santi e navigatori: chissà quante volte questo cliché è stato ripetuto, soprattutto all’estero. Del resto, il nostro è identificato come il Bel Paese, non solo per l’oggettiva bellezza artistica diffusamente radicata nella penisola, ma anche per il modo di vivere. Un modo che comprende, per via della plurisecolare presenza di Santa Romana Chiesa, anche per l’appunto l’aura della santità.
Pazienza poi se, nel corso della storia, gli italiani non sempre si sono dimostrati propriamente santi. Anche perché, seguendo un’altra tradizione molto italica, la cultura cattolica permette la redenzione. E quale migliore occasione di redimersi, se santi agli occhi della gente non si è più, se non quella di entrare nelle mura di qualche convento? Di luoghi cioè “insospettabili”, lontani dal marasma odierno della penisola e dunque gli unici, almeno sulla carta, a conservare una certa genuinità e una certa lontananza dai vizi.
Sangiuliano tra le mura francescane
Probabilmente, travolto dal caso Boccia, l’ex ministro Gennaro Sangiuliano ha pensato proprio di ricucire il suo presunto personale strappo con la sua morale adagiandosi in preghiera dentro un convento. Così come riportato su diversi quotidiani, già ad agosto l’ex ministro avrebbe fatto visita al convento francescano di Greccio. Non uno qualsiasi: riporta infatti il Corriere della Sera che, proprio qui, San Francesco per la prima volta ha rievocato la nascita del Cristo con personaggi viventi nella notte di Natale del 1223. Si tratta quindi del convento in cui è andato in scena il primo presepe vivente della storia.
Le testimonianze raccolte dal quotidiano di via Solferino hanno ricostruito la visita fugace di Gennaro Sangiuliano tra le mura francescane. E non era da solo: assieme a lui c’era la moglie Federica Corsini, suo malgrado finita nel tritacarne della vicenda Boccia. Il caso cioè scoppiato dal botta e risposta a distanza tra l’ex ministro della Cultura e la sua “mancata collaboratrice”, l’imprenditrice campana Maria Rosaria Boccia.
Come si sa, la mancata nomina dell’aspirante consulente ha innescato una delle tragedie politiche più seguite degli ultimi anni. Con Boccia che ha reso palesi le sue frequentazioni tra le mura non dei conventi ma del ministero della Cultura, in compagnia dell’ex ministro. E con quest’ultimo che, messo alle strette, ha confessato con tanto di lacrime il rapporto sentimentale (per la verità non del tutto confermato dalla stessa Boccia in una più recente intervista) con l’imprenditrice campana durante un’intervista fiume al Tg1.
La deflagrazione della vicenda ha comportato le dimissioni del ministro il 6 settembre scorso, ma evidentemente già ad agosto Sangiuliano aveva tra le priorità quella di recuperare la sua personalissima aurea. Lui, ministro della cultura che aveva promesso di far sbiadire il rosso dalla cultura italica e di rilanciare i valori nazionali e tradizionali, non può permettersi quella macchia sentimentale capace di oscurargli la sua buona nomea di persona perbene.
L’ex ministro come Piero Marrazzo
Sangiuliano e consorte sarebbero andati al convento di Greccio dopo ferragosto e comunque, secondo i testimoni sentiti dal Corriere, una o due settimane fa. Quando lo scandalo era già in embrione e quando il Bel Paese iniziava a leggere le prime notizie trapelate dal ministero della Cultura. Forse non è un caso se la notizia della fugace visita al convento, durata non più di due ore, sia uscita solo adesso. Dare l’immagine di un marito redento e pronto a non commettere più leggerezze è quanto mai importante per recuperare credito. Umano, prima ancora che politico.
Ed è qui che la vicenda si incrocia con quella di un caso non così dissimile, capitato 15 anni fa. Di mezzo c’era un’altra stanza del potere, quella del presidente della Regione Lazio, e un altro partito politico: il Pd. Il riferimento è al caso Marrazzo, esploso nell’ottobre del 2009 quando l’ex conduttore di “Mi Manda Raitre” era a capo della Regione Lazio grazie alla sua vittoria, quattro anni prima, contro Francesco Storace. Nessuna macchia per lui, fino a quando però è stata diffusa la notizia di foto compromettenti tra lo stesso Marrazzo e alcune trans. Nel giro di pochi giorni, il capo della giunta regionale ha dovuto dare le dimissioni e ha dovuto lasciare ogni incarico.
Marrazzo, sotto un profilo prettamente penale, di quella vicenda è risultato vittima: i processi hanno dimostrato che l’ex conduttore Rai era finito sotto ricatto da parte di quattro carabinieri, poi condannati, a conoscenza delle sue frequentazioni. Ma la nomea, quando di mezzo ci sono vizi, in Italia non viene riabilitata a suon di sentenze favorevoli. Quella, se si è personaggi pubblici, può essere riscattata solo facendo ammenda e dimostrando che sì, forse non si è santi, ma si frequentano comunque i luoghi da loro fondati. E così, anche di Marrazzo 15 anni fa si è saputo che dopo lo scandalo per alcune settimane si era ritirato in convento, anche lui a meditare e pregare e a “espiare i propri peccati”, come da copione nel Paese dove navigatori e poeti godono di buona compagnia.
Vale la pena salire in convento?
Il diverso colore dei partiti rappresenta l’unica differenza tra i casi Sangiuliano e Marrazzo. Entrambi ex Rai, entrambi nelle stanze che contano dopo una carriera da giornalisti, entrambi defenestrati senza reati ma con la macchia quasi indelebile creata da qualche “leggerezza”. E forse le similitudini non finiranno qui, visto che Marrazzo poi è stato riassunto in Rai e Sangiuliano aspira nuovamente a entrare negli uffici di viale Mazzini.
Vien da chiedersi però se la fretta nel dimostrare di voler tornare all’abito chiaro non costituisca uno sforzo vano. Si dice spesso che, una volta dentro gli uffici importanti, in molti perdano il contatto con la realtà. Marrazzo prima e Sangiuliano poi forse non hanno compreso che gli italiani di oggi non aspirano alla santità. Dunque, probabilmente non la pretendono nemmeno da chi li governa. Pianti in diretta e preghiere al fresco dei conventi non fanno più breccia nel cuore degli abitanti dello stivale.
Del resto, oggi si sta riabilitando Craxi che, al fresco dei conventi e di altri luoghi, ha preferito il caldo di Hammamet. Mentre in molti di Berlusconi oggi non ricordano le gesta politiche, bensì alcuni racconti emersi sulle presunte serate di Arcore. Nessun italiano oggi nei bar sta piangendo ma, al contrario, in tanti in questi giorni hanno riacquistato il ghigno della risata nel leggere i giornali. Consegnando la vicenda Boccia più alla sua reale dimensione da tragicommedia, anch’essa, a dire il vero, tipicamente italica.