Perché leggere questo articolo? In Cdp e Acri la partita si chiuderà sulla scia del volere di Guzzetti. Blindato Micciché alla presidenza, si stringe sull’ad.
Su Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e l’Associazione delle Casse di Risparmio Italiane (Acri), nomine incrociate del 2024, il vero dominus che darà le carte sarà il grande vecchio della finanza bianca ambrosiana, Giuseppe Guzzetti. Prossimo ai 90 anni, il banchiere e storico presidente di Fondazione Cariplo dà ancora le carte. Alle casse e alla “Cassa” per antonomasia. Non è il nominante effettivo, così come non lo è l’Acri che di prassi indica il presidente al governo per l’investitura. Ma nelle logiche non scritte del potere italiano.
Dove passa il potere economico non passa quello politico
Laddove passa il potere economico, nei fatti difficilmente passa il potere politico. La “fiamma” di Giorgia Meloni, alla prova delle casse e della Cassa, lo sta capendo. Il Tesoro ratificherà e selezionerà una rosa ristretta di candidati al ruolo di amministratore delegato e presidente di Cdp. Ma i veri censori saranno i vertici di fondazioni come Cariplo, e in ultima istanza, lo stesso Guzzetti. Le fondazioni interpretano, da loro azionisti chiave, il valore di quella finanza privata con cui Cdp deve giocoforza interfacciarsi. Guzzetti, alla guida dell’Acri dal 2000 al 2019, rappresenta, tramite Cariplo, gli obiettivi di Intesa San Paolo; ha stoppato gli obiettivi di Fabrizio Palenzona, che con Fondazione Crt dal Piemonte guida un importante azionista di Unicredit, di scalare l’Acri. Ma lo ha accontentato interdicendo l’uscente, Francesco Profumo, dal salto in Via Goito.
Guzzetti dà le carte in Acri e Cdp
All’Acri è destinato Giuseppe Azzone, già rettore del Politecnico di Milano imposto da Guzzetti, nei mesi scorsi, alla guida di Cariplo battendo in volata il suo successore Ferruccio Resta. C’è intesa, però, sul candidato alla presidenza di Cdp: Gaetano Micciché, già presidente della Lega Calcio Serie A e attualmente presidente della divisione Imi del gruppo Intesa Sanpaolo, presidente di Engineering Ingegneria Informatica S.p.A.. e vicepresidente di Prelios, la società di sviluppo immobiliare di cui presidente è lo stesso Palenzona. E che di recente, en passant, è stata rilevata dall’uomo nuovo della finanza italiana, Andrea Pignataro.
Queste logiche di “grandi intese” fanno capire che la politica interviene con un ruolo di vidimazione più che di scelta operativa diretta per la “cassaforte” dello Stato, custode del risparmio postale e delle partecipazioni di gruppi come Eni, Snam, Terna e Fincantieri. E la stessa logica si può applicare alla scelta dell’amministratore delegato. In cui il vero headhunter sono, nei fatti, le fondazioni e i loro leader, da Guzzetti in giù. Al potere politico che passa il compito di scegliere una rosa ristretta o di andare nella direzione della ricerca di figure che possano essere gradite e approvate dal top management delle banche private.
Il futuro ad di Cdp? Deve avere la benedizione di Guzzetti
In quest’ottica, Guzzetti ha già dato il suo assenso alla possibilità che, oltre alla sostituzione di Giovanni Gorno Tempini con Micciché, l’ad di Cdp Dario Scannapieco possa passare la mano a un’altra figura. Il presidente di Ita Antonino Turicchi e il direttore generale delle partecipazioni del Tesoro, Marcello Sala. Il primo ha una storia consolidata nella finanza, da Mps a Fintecna, il secondo è stato chiamato a essere “Mister Privatizzazioni” e conosce con attenzione la galassia Cdp e il rapporto con la finanza privata. La quale, in fin dei conti, tramite le Fondazioni sa dare le carte. Nulla di nuovo nell’era Meloni rispetto al passato. “Ci sono dei luoghi del potere economico-finanziario nei quali la destra non riesce a entrare”, ha detto a Mow il direttore di Lettera43, Paolo Madron. “Nemmeno il milanese Berlusconi riuscì a far sua Banca Intesa, o la Fondazione Cariplo, dove passa il potere economico/culturale italiano. Figuriamoci se ci riesce la Meloni”. Passano i tempi, ma Guzzetti e le Fondazioni restano. E dureranno, in Cdp e non solo.