Perché leggere questo articolo? Dopo il caso della sottosegretaria di Fdi Augusta Montaruli, costretta alle dimissioni dal governo per la condanna sul caso “spese pazze” in regione Piemonte, sono tornati di nuovo al centro del dibattito gli acquisti disinvolti dei politici a spese del contribuente. Tra condanne e assoluzioni, il fenomeno ha riguardato tutti i partiti a ogni latitudine dell’Italia.
Spese pazze, di nuovo. Tornano alla ribalta gli acquisti disinvolti dei politici a spese del contribuente. La condanna in Cassazione della sottosegretaria all’Università, Augusta Montaruli di Fdi, ha costretto alle dimissioni la fedelissima di Giorgia Meloni. E i giornali stanno riparlando del campionario dello shopping dell’allora consigliera regionale piemontese. Pranzi e cene al ristorante, borse firmate, capi di Hermes, cristalli Swarovski. Ma soprattutto due libri dal contenuto erotico e dai titoli involontariamente comici: Sexploration-Giochi proibiti per coppie e Mia suocera beve.
Dieci anni di inchieste sulle spese
La condanna che ha portato alle dimissioni della sottosegretaria meloniana, con tanto di litigi tra Forza Italia e Fdi, è la coda di una delle stagioni che più hanno portato i cittadini all’insofferenza nei confronti della classe politica, contribuendo anche all’ascesa populista e anti-casta del M5s di Beppe Grillo. Tra il 2013 e il 2014 c’è stato l’apice delle inchieste sulle spese pazze. Coinvolti soprattutto consiglieri regionali. Dalla Liguria al Piemonte. Dalla Campania alla Lombardia.
Spese pazze: i caffè e le birre di Rixi
E se Montaruli si è beccata una condanna, l’anno scorso invece era stato assolto definitivamente l’ex viceministro della Lega Edoardo Rixi, all’epoca dei fatti contestati consigliere regionale ligure. Al netto dell’epilogo giudiziario, quando scoppiò lo scandalo fecero discutere i quindici caffè consumati uno dietro l’altro da Rixi in un bar di Cuneo, uno scontrino da 4,80 euro alla Lindt Chocolate Town dell’outlet di Serravalle e le birre trangugiate sul pratone di Pontida. Queste alcune delle spese contestate all’esponente del Carroccio, condannato in primo grado e prosciolto in Appello e Cassazione.
Mutande, Red Bull e libri
Restando alla Lega, in Piemonte fecero discutere le mutande verdi di Roberto Cota, ex governatore piemontese. Oltre al famigerato intimo del colore simbolo del suo partito, a Cota sono state contestate fatture per sigarette, cravatte, regali di nozze, pernottamenti in albergo. Chiudiamo la pagina leghista con l’ex consigliere regionale della Lega Renzo Bossi, figlio di Umberto, finito nei guai per rimborsi di Red Bull, sigarette e spazzolini da denti personalizzati. Sempre per quanto riguarda il filone-lombardo, c’è Nicole Minetti, Forza Italia, che presentò la fattura per l’acquisto del libro Mignottocrazia di Paolo Guzzanti. Anche in questo caso, condanne annullate in Cassazione.
Spese pazze, da destra a sinistra
Nelle spese pazze c’è di tutto e sono coinvolti tutti i partiti, anche se non sempre si tratta di nomi famosi. Sex Toys in Emilia Romagna e Alto Adige, spese per andare alle Terme di Chianciano in Basilicata, un campanaccio per le mucche in Piemonte, una cena romantica al ristorante “Il vecchio porco” per un consigliere regionale abruzzese. Ma non solo. Fecero scalpore le cene dell’allora sindaco di Roma Ignazio Marino, del Pd, che secondo i Pm erano state pagate con la carta di credito del Campidoglio. E pure in questo caso tutto è finito con un’assoluzione in Cassazione.
I casi Fiorito e Polverini
In Lazio erano finiti sotto accusa e poi assolti 13 ex consiglieri regionali del Pd. Condannato invece l’ex consigliere regionale laziale del Pdl Franco Fiorito, detto Batman, accusato di essersi fatto rimborsare in due anni più di un milione di euro, tra una vacanza in Sardegna e la ristrutturazione di una villa al Circeo. Condannata anche l’ex presidente del Lazio Renata Polverini. Secondo l’accusa Polverini ha usato la carta di credito del sindacato di destra Ugl per coprire le spese più disparate: manicure, cene ai Parioli e shopping a New York e Parigi.