Perché questo articolo potrebbe interessarti? Prima l’ingresso nel mondo delle televisioni, poi quello in politica: Berlusconi, nel bene e nel male, ha segnato un periodo importante e ha contribuito a cambiare in qualche modo l’immagine dell’Italia.
Un annuncio televisivo per la propria candidatura in Italia non si era mai visto. Quando nel 1994 Silvio Berlusconi ha inviato un videomessaggio per la famosa “discesa in campo”, l’elettore italiano non era ancora abituato a una simile comunicazione politica. È forse questo il segno di una precisa spaccatura tra un prima e un dopo Berlusconi nel nostro Paese. Una forte cesura che però nasce da lontano. Da quando il cavaliere ha iniziato, sul finire degli anni ’70, a occuparsi di televisione. Fino a fondarne una tutta sua.
L’arrivo di Berlusconi nel mondo della televisione
C’è una data importante per la storia della Tv italiana: è quella del primo febbraio 1976. Quel giorno, per la prima volta è stata autorizzata la trasmissione a colori dei programmi. Gli spettatori dello stivale fino a quel momento guardavano le trasmissioni dei due canali del servizio pubblico in bianco e nero, esattamente come avveniva agli esordi della televisione nel 1954. L’avvento del colore, tardato in Italia per motivi politici, si è avuto mentre stava già cambiando il modo di concepire la comunicazione televisiva. Nel 1974 la Corte Costituzionale aveva dato sostanziale via libera alle emittenti private locali via cavo, poco dopo il disco verde è valso anche per le trasmissioni via etere.
Il pubblico ha quindi iniziato ad avere più scelta e si stava preparando alla perdita del monopolio pubblico. Inoltre, in tante case oramai erano entrati i nuovi televisori a colori. Ed è in questo contesto che Silvio Berlusconi nel 1976 ha rilevato TeleMilano, una delle tv locali sorte in quegli anni. L’ambizione dell’imprenditore era quella di dare vita a una televisione nazionale. Per questo il 23 febbraio 1979 ha registrato il marchio Canale 5, destinato a sostituire quello locale di TeleMilano. Sempre in quell’anno è stato ingaggiato Mike Bongiorno, il più popolare volto televisivo. La strada era quindi tracciata. L’unico ingombro veniva dal divieto di trasmettere a livello nazionale. Un divieto aggirato con il metodo della cosiddetta syndication, concernente nella creazione di accordi con le varie Tv locali sparse per la penisola per trasmettere lo stesso palinsesto.
Dopo Canale 5, Berlusconi con la sua Fininvest ha acquistato Italia 1 e Rete 4. Grazie anche agli interventi del governo Craxi, il quale in almeno due occasioni tra il 1984 e il 1985 ha emanato decreti per consentire le trasmissioni delle tv private dopo un intervento contrario da parte di alcuni pretori, oramai il monopolio retto dalla televisione pubblica a livello nazionale si era spezzato. E nel 1990, con la cosiddetta Legge Mammì, si è avuta la definitiva regolamentazione legislativa del mondo radiotelevisivo.
L’inizio di un nuovo modo di intrattenere
I cambiamenti con l’avvento della Fininvest non sono ovviamente stati limitati solo al mercato televisivo. Già in quegli anni in realtà si era notato un importante mutamento nella quotidianità degli italiani. Nel Bel Paese sono arrivate le prime fiction, così come i film statunitensi e altre produzioni internazionali. Una programmazione ampia destinata a cambiare il costume stesso della penisola. Circostanza che ha esposto Berlusconi sia a compiacimenti che a feroci critiche. Una tv commerciale voleva dire infatti anche l’inizio della concorrenza nel settore, con sempre maggior peso acquisito dalla pubblicità e dalla ricerca di programmi volti a stuzzicare la curiosità del pubblico.
L’intero mondo dell’intrattenimento ha così subito drastici mutamenti. Un esempio è dato dal programma Drive In. L’attore Vittorio Gasmann, nel giudicare quel settimanale appuntamento televisivo, ha dichiarato di esserne rimasto talmente impressionato e colpito “da aver dovuto cambiare anche i ritmi negli spettacoli teatrali”. Per alcuni critici, come ad esempio lo scrittore Oreste Del Bono, Drive In ha rappresentato “la trasmissione di satira più libera che si sia mai vista e sentita”, dando quindi un giudizio positivo. Per altri invece, i contenuti sono risultati volgari soprattutto per l’abbigliamento delle ragazze protagoniste del programma, considerato all’epoca troppo spinto.
Ad ogni modo, tra estimatori e detrattori, la tv berlusconiana ha segnato un’epoca importante. Un’epoca di maggiore libertà per i primi, un’epoca contrassegnata da una certa decadenza culturale per i secondi. Intervistato il 4 febbraio 1986 da Enzo Biagi, Berlusconi si è detto convinto di aver migliorato la qualità della vita del Paese. In quel momento il gruppo Fininvest preparava lo sbarco in Francia e, rispondendo alle critiche rivoltegli dalla stampa transalpina, l’imprenditore ha voluto tranquillizzare. “Noi abbiamo potuto spiegare a Parigi – ha dichiarato Berlusconi a Enzo Biagi – che su 54 programmi del nostro gruppo il 30% è di informazione e cultura e che cerchiamo proprio di non fare una televisione americana, con il 60% del nostro budget speso in produzioni originali”.
Un’immagine molto diversa
Certo è che il cambio di paradigma della tv italiana e del costume italiano, ha inciso e non poco sull’immagine del Paese all’estero. Specie quando lo stesso Berlusconi è entrato in politica. E qui si torna alla discesa in campo del 1994. Il linguaggio, con la caduta dei partiti della prima repubblica, è destinato a mutare per sempre. Forza Italia è il primo partito inquadrato attorno al suo fondatore, da allora in poi i nomi dei leader andranno a essere sempre più compresi all’interno dei loghi e dei simboli.
Da una comunicazione forgiata sulla dialettica dei capi dei vecchi partiti ideologici, si passa a singoli frasi a effetto e a singoli slogan volti ad acchiappare le simpatie degli elettori. Non è un caso se oggi la morte di Berlusconi ha fatto notizia all’estero. In Gran Bretagna ci si ricorda delle passeggiate in Sardegna di Tony Blair con l’ex presidente del consiglio. Negli Usa sono stati ripescati i video in cui Berlusconi urla “mister Obama” dopo una riunione del G20. In Germania è stato ritrasmesso l’improvvisato “cucù” rivolto ad Angela Merkel. E in molte testate internazionali, campeggia anche la foto di Berlusconi mentre fa le corna al termine di un summit. Nel bene e nel male, tra semplice ironia e critiche rivolte contro il comportamento dell’ex capo del governo, l’immagine dell’Italia è stata in parte plasmata anche da questo.