Cinque anni fa Deborah Montalbano si era candidata con il Movimento 5 Stelle, entrando in Sala Rossa come consigliera di maggioranza. A cinque anni di distanza l’ex grillina, iscrittasi al partito “Dema” fondato da Luigi de Magistris, afferma che Chiara Appendino ha compiuto “una finta rivoluzione” e ha deciso di appoggiare la candidatura di Angelo d’Orsi (promossa dalle forze di sinistra radicale).
L’intervista a Deborah Montalbano
Consigliera Montalbano, il mandato di Chiara Appendino sta per volgere al termine. Che ne pensa di questi cinque anni di Amministrazione?
Ricucire lo strappo tra centro e periferia doveva essere l’obiettivo principale da portare avanti nei cinque anni, invece nulla in questo senso è cambiato. E quella portata avanti dal Movimento cinque stelle, purtroppo, è stata una finta rivoluzione. Rispetto al passato c’è stato un cambio del personale politico, ma non di linea politica. In molti casi l’attuale Giunta si è piegata ai poteri forti.
Il candidato sindaco del vostro schieramento, Angelo d’Orsi, ha parlato un “sistema Torino” economico-finanziario che da decenni governa la città. Lei è d’accordo?
Assolutamente sì, e faccio un esempio. Il Comune di Torino è uno dei più indebitati d’Italia motivo per cui i debiti, e lo stesso futuro di Torino, sono in mano alla Compagnia di San Paolo. Con questo istituto Chiara Appendino e la sua maggioranza dovevano avere molto più coraggio. E invece la sindaca, come altri prima di lei, non ha fatto valere il primato della politica e ha accettato in toto l’aiuto della Compagnia di San Paolo. Ed è anche per questo motivo che ho lasciato il Movimento Cinque Stelle. Il rapporto tra enti pubblici e banche va rivisto, la politica deve tornare centrale. Bisogna tornare a mettere in discussione il debito e aprire una discussione pubblica sul patto di stabilità.
Chiara Appendino, però, rivendica di aver molto lavorato per sistemare i conti della città..
In poche parole, visto che c’ero, posso riassumere io come è andata la vicenda. Due anni fa la città di Torino ha rinegoziato i mutui con la banca San Paolo, è vero. Ma rinegoziare i mutui, tradotto, vuol dire spalmare il debito in più anni. L’accordo fatto, in sostanza, prevedeva che per uno-due anni non si pagavano rate del debito, liberando così liquidità. Soldi con i quali l’amministrazione uscente può farsi campagna elettorale.
Una delle questioni che ha fatto molto discutere, in merito alla compagnia di San Paolo, è la conferma di Francesco Profumo. Cosa ne pensa lei di questa nomina?
In quell’occasione Appendino, decidendo di riconfermarlo, si è piegata ai poteri forti. Un vero peccato per la città, che aveva chiesto un cambiamento.
La domanda che però molti si fanno, e che coinvolge a Torino anche il Tav, è questa: quanto può incidere davvero la politica? Perchè spesso l’impressione è che, almeno per i progetti già avviati, sia già tutto deciso
Se sono entrata in politica è perchè non mi sono arresa a questo pensiero. Per me la politica è l’arte del possibile e il Movimento cinque stelle, nel Conte I, aveva la maggioranza nel consiglio dei Ministri. Eppure le risorse per l’infrastruttura, che a mio avviso non si farà mai, sono state confermate dal Governo. Sarebbe però interessante capire, e pongo qui una questione politica, quanti denari si stiano spendendo per garantire la sicurezza di un cantiere fermo. Le forze dell’ordine, infatti, anche se i lavori sono fermi, sono un presidio fisso in quell’area. L’uscita della città di Torino dall’Osservatorio è stato un passaggio simbolico, ma nel concreto del tutto inefficace. E si stanno spendendo soldi per un’opera del tutto inutile.
A proposito di soldi, ora è in arrivo il Recovery Plan e Torino deve rialzarsi dalla crisi Covid. Qual è la ricetta per farlo?
Puntare sui grandi eventi, come Chiara Appendino sta facendo, non è la soluzione. Le grandi opere per me sono risistemare il manto stradale in maniera diffusa, intervenire nell’edilizia sociale e fare interventi sulle fognature della città. Il grande evento dura una settimana o due, prevede un forte investimento di denaro pubblico e va a giovamento di una piccolissima parte di città.
Quindi anche portare a Torino le Atp Finals non è stata una buona idea?
Per me no, tanto che non ho votato in Sala Rossa neanche quella delibera. Saranno felici gli sponsor, ma è un evento di tanta apparenza e poca sostanza. Idem le Universiadi. Un rischio che vedo è che le infrastrutture dedicate diventino cattedrali nel deserto. Certo, ora si parla tanto del grande Tennis, ma quanti quartieri di periferia hanno un campo da tennis a disposizione? Quanti giovani ragazzi possiedono una racchetta da tennis? Io in periferia ci vivo e l’unico sport che esiste è il calcio. Gli altri sport non esistono, a cominciare dal basket o dalla pallavolo, e le ragazze sono penalizzate da questo scenario. Io ho un’altra visione dello sport e, purtroppo, in questi anni in Sala Rossa, ho visto passare più volte esternalizzazioni delle strutture sportive dei quartieri. Una sconfitta per la città di Torino.
Chiara Appendino però crede molto in questo evento, tanto da essere stata promossa vicepresidente di FederTennis. Che ne pensa di questa nomina?
Io di questa operazione ho un giudizio pessimo, sembra che si confezionano le cose e ci si mette dentro a dirigerle. Per alcuni questa mossa è positiva, perché vedono in Appendino una buona capacità politica. Per me invece dedicarsi alla cittadinanza è un’altra cosa. E sono molto contenta e orgogliosa della candidatura di Angelo d’Orsi. Sentiamo la responsabilità di dare a Torino una proposta alternativa, in grado di cambiare i paradigmi rispetto a un conservatorismo politico.
Nell’intervista a True-News il candidato sindaco D’Orsi ha criticato anche il progetto della Città della Salute. Lei come valuta questo progetto?
La delibera che dava i permessi per costruire la città della Salute, quando è arrivata in Sala Rossa, mi sono rifiutata di votarla. È un progetto che, a mio modo di vedere, non dà vantaggi alla città e penalizza una sanità sparsa a macchia d’olio sul territorio. Non sono mai stata d’accordo nel concentrare tutto in grandi centri, lontani dalla periferia e per giunta poco raggiungibili. Aggiungo poi che il progetto, sebbene se ne parli poco, prevede la chiusura di altri ospedali a Torino e una riduzione totale dei posti letto. Quindi, con la nuova città della salute, avremo meno posti letto di quello che attualmente abbiamo. La mia domanda è: a chi giova questa città della salute? Forse alle case farmaceutiche?