Perché leggere questo articolo: Fdi convoca i congressi territoriali, ma la vera partita sarà a Roma. Vediamo tra ala governista e “gabbiani” di Rampelli cosa bolle in pentola
Fratelli d’Italia ha lanciato la stagione dei congressi territoriali e un dato appare certo: la madre di tutte le battaglie per Fdi sarà quella di Roma. Cuore pulsante e crocevia della stagione meloniana. Capitale d’Italia e luogo d’elezione del “cerchio magico” di un partito giunto ai vertici di un governo con Giorgia Meloni e di un partito europeo come i Conservatori e Riformisti trovandosi, in larga parte, a doversi basare su una struttura costruita entro il Raccordo.
Roma, crocevia di Fdi
Tra Colle Oppio e la Garbatella si è plasmata la “generazione Atreju“, quella di Giorgia Meloni e del decollo della destra sociale nazionale. Il partito coordinato dalla sorella della premier, Arianna, ha una spina dorsale di leadership che, eccezion fatta per alcune figure di spicco dal passato consolidato (Guido Crosetto e Ignazio La Russa) è sostanzialmente capitolina. Da Francesco Lollobrigida a Chiara Colosimo, passando per Nicola Procaccini e il capo della “minoranza” interna Fabio Rampelli tutte le strade, per Fdi, portano a Roma.
Chiaramente, però, c’è un tempo del movimentismo e un tempo del governo. I giovani della “generazione Atreju” cantavano “il domani appartiene a noi”. Ora il “domani” è arrivato: Fdi guida l’esecutivo nazionale nell’era della “grande tempesta” globale. Tra venti recessivi, un braccio di ferro costante con le opposizioni e grandi sfide geopolitiche, con le Europee alle porte il bivio è chiaro. E da Nord a Sud tra i militanti e i vertici Fdi serpeggia un imperativo: non far fare al partito e a Giorgia Meloni la fine della Lega di Matteo Salvini. Dopo il cui boom e il 34,8% alle Europee 2019 l’astro si è rapidamente eclissato in virtù del declino delle fortune del segretario.
Fdi vuole durare e consolidarsi in vista delle sfide di domani. Un grande partito conservatore deve saper smussare le differenze e accogliere tutte le visioni. La centralità di Roma sarà, in tal senso, chiara. Roma è la cinghia di trasmissione da cui si dipanerà tutta la dialettica interna del partito. Ha ragione Simone Canettieri, che su Il Foglio ha scritto che quello romano sarà l’unico “congresso vero” di Fdi.
I gabbiani vogliono spiccare il volo
A Roma ci sarà in scena da un lato l’ala governista, il “melonismo” in purezza. E dall’altro la frangia più legata alla destra sociale. I “gabbiani” di Fabio Rampelli, decisi a condizionare con le loro proposte l’agenda di governo. Restituendole, nelle loro intenzioni, lo stimolo alla discontinuità e alla purezza. Non dimenticano, i ben informati, che i “gabbiani”, minoranza riconosciuta del partito, prendono il nome dal Gabbiano Johnatan Livingston di Richard Bach.
“Scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo”, scrive Bach nel romanzo il cui protagonista è rivendicato come simbolo di libertà. “Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche là le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap”, aggiunge. Una citazione che può essere considerata eponima degli obiettivi di Rampelli e dei suoi per il congresso romano. In cui l’obiettivo è contarsi nel cuore del partito. Portare, senza preclusioni, i temi all’ordine del giorno: da una visione economica maggiormente aperta a una rottura su ruolo dello Stato e welfare a un’attenzione chiave ai temi dell’ambiente e delle disuguaglianze, ritenute trascurate, Rampelli e i suoi chiedono una destra che sia pienamente “sociale”. Meno conservatrice e liberale, ergo anglosassone, più destra “italiana” e latina a tutto tondo.
“Aperti a tante forze”: Cera spiega il congresso Fdi
Il terreno di gioco sarà chiaro: capire in che misura la barra dritta del melonismo di governo è condiviso dalla base del partito. Andare alla conta interna sull’agenda degli ordini del giorno per, eventualmente, comprendere se e dove osare di più. Un movimento destinato a trasmettersi al territorio nazionale. E di cui dentro Fdi molti aspettano gli esiti, ritenendolo però un appuntamento decisivo e necessario. Contattato da True-News, a tal proposito, il consigliere regionale del Lazio Flavio Cera, non ha dubbi in merito: “è certo che un partito grande come il nostro sia aperto a tante forze”, spiega.
Fratelli d’Italia, sottolinea Cera, “è passato dal 5% al 30%, ed è quindi naturale che ci siano al suo interno varie sensibilità, varie visioni, che comunque in questo partito si sono riconosciute. È giusto che, attraverso il confronto, tutte queste visioni possano trovare sintesi nel programma politico che, necessariamente, uscirà da un congresso. Condivido quindi pienamente l’iniziativa di Arianna Meloni di prevedere un congresso aperto, in cui le varie posizioni interne al partito possano confrontarsi”.
Un programma di sintesi con un occhio al Campidoglio
La vittoria elettorale di un anno fa impone responsabilità e “trovandosi il partito a doversi confrontare con una stagione di governo, è emersa la necessità di stabilire alcune posizioni attraverso il confronto”, come del resto richiesto in passato dai rampelliani. I temi, nota Cera “sono molti e riguardano gli ambiti più disparati: in primis quello ambientale, particolarmente sentito a Roma” e che Fdi non vuole abbandonare alla sinistra.