I contenuti prima di tutto, ma poi di contenuti se ne vedono pochi. Perché nel Partito democratico si parla più dei tempi del congresso, della rosa dei candidati, delle future alleanze; che dell’identità da darsi per il futuro. Anche perché, come osserva il deputato Matteo Orfini «la vera fase costituente per il Pd sarà l’opposizione e durerà anni. Sarà quella a dirci se sapremo ricostruire il Pd. Sarà quella a far emergere nuove leadership. Il congresso serve ad altro: darci rapidamente un gruppo dirigente legittimato e rinnovato per rafforzare questo lavoro».
Cosa manca per il congresso
Così il Pd è prigioniero di se stesso «con un leader che non è più leader. Ma intanto continua a guidare il Pd perché formalmente in carica. Che credibilità possiamo avere?», è la posizione consegnata a True-news.it da chi, tra i dem, chiede un’accelerazione nel confronto interno. Insomma, serve un nuovo segretario, non a marzo, ma prima possibile: non oltre gennaio, è la linea preferita da molti.
Tra appelli collettivi, interviste di dirigenti, e dirette social lo scenario è comunque magmatico. Anche se la presa di posizione di Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e da poco entrata alla Camera, ha impresso una svolta. Lei ci sarà, al netto delle prudenze lessicali a cui ha fatto ricorso durante la diretta su Instagram. E, da quanto si apprende, il suo obiettivo è quello di far saltare l’attuale struttura delle correnti, rimescolando le carte, per “un nuovo Pd” che sia davvero tale e non una trovata lessicale.
Il vecchio e il nuovo
Alla Camera sta avendo modo di confrontarsi con altri esponenti dem, con cui finora non aveva avuto contatti personali. C’è chi racconta di un filo intessuto con Michela De Biase, rappresentante di Areadem che fa capo a Dario Franceschini, uno che sa muoversi con sapienza negli equilibri interni. «Dario non sceglie mai il cavallo perdente», sintetizza un deputato a microfoni spenti. Ma Schlein non ci sta a passare per la “candidata di Franceschini”, altrimenti viene giù l’impalcatura del suo progetto.
Così al di fuori del perimetro parlamentare rafforza il supporto della consigliera regionale del Lazio, Marta Bonafoni, e dell’ex deputata ambientalista, Rossella Muroni, nel nome di un collettivo al femminile, dallo stampo femminista e ambientalista. Ma pure i promotori di Coraggio Pd, come l’eurodeputato Brando Benifei e la segretaria dei giovani democratici, Caterina Cerroni, possono diventare interlocutori di Schlein. In questo caso sotto il segno del rinnovamento generazionale.
Giochi di sponde con vista congresso
Ma non basta. All’interno del Transatlantico, la neo deputata ha bisogno di altri sponde. Roberto Speranza, con il drappello di Articolo Uno e la benedizione di Pier Luigi Bersani possono rappresentarla, per portare i dem più a sinistra. Sono queste, almeno, le intenzioni sulla carta. Il campo è infatti affollato e caotico: il vice segretario in carica Peppe Provenzano sarebbe un alleato naturale di Schlein per il posizionamento a sinistra. Solo che fino a qualche settimana fa era in asse Andrea Orlando: un’intesa che secondo indiscrezioni si è fortemente incrinata.
E adesso Provenzano sta dialogando con il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che di fatto deve solo formalizzare la candidatura alla guida del Pd. «L’alleanza di Nardella con Provenzano sarebbe strategica per togliersi di dosso l’ingombrante etichetta dell’ex fedelissimo di Matteo Renzi», sottolinea una fonte che conferma le interazioni del primo cittadino fiorentino. In tutto ciò Orlando sfoglia la margherita su una sua potenziale candidatura, sotto il segno della ricucitura con il Movimento 5 Stelle, grazie all’intercessione di Goffredo Bettini.
Il grande favorito
In ballo c’è poi la figura più importante, il vero grande favorito: il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che da mesi sta valutando come prendersi la guida del partito, supportato da Base riformista, il gruppo degli ex renziani capeggiato da Lorenzo Guerini che puntano a spostare il Pd su posizioni più moderate. E privilegiare il dialogo con il Terzo polo invece che con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. In corsa c’è poi Paola De Micheli, che in realtà è stata la prima a rompere gli indugi appena si è parlato di congresso. Solo che la sua proposta non ha scaldato i cuori, restando ai margini del dibattito.