Perché leggere questo articolo: Un duello sul Mes con vista Europee quello tra Conte e Meloni. Lorenzo Castellani spiega dove le istanze dei due leader sono sovrapponibili e il vero obiettivo dell’ex premier: “Meloni teme il leader M5S molto più di Schlein”
Giorgia Meloni e Giuseppe Conte combattono tenacemente sul tema del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). La premier alla Camera dei Deputati ha accusato Conte, premier ai tempi della riforma del fondo salva-Stati, di essere stato opaco e poco democratico nel promuoverne l’assenso italiano. Il leader del Movimento Cinque Stelle ha replicato parlando di subordinazione della premier alla tecnocrazia europea con tanto di tradimento delle promesse elettorali.
Il duello tra due outsider diventati premier
L’ex premier ha ventilato che Meloni stia barattando l’assenso alla ratifica della riforma con condizioni più favorevoli sul Patto di Stabilità. E ricordato che faceva parte del governo Berlusconi IV che nel 2011 siglò l’accesso italiano al Mes.
Un duello politico quello tra Meloni e Conte che dà il ritmo alle dinamiche istituzionali ed elettorali di fine anno, con vista al 2024. Anno di elezioni europee e di molte sfide-chiave per il riassetto del sistema italiano, dal dibattito sulle riforme alla prova del fuoco del ritorno in vigore del Patto di Stabilità. Arrivati al potere da esterni alla tradizionale cerchia del vecchio bipolarismo, alla guida di partiti con elettorati che guardano con scetticismo all’Europa e alle sue burocrazie, chiari nel definire le rispettive formazioni antitetiche Meloni e Conte si studiano e, inevitabilmente, si cercano. Conte ha bisogno di puntare Meloni per marcare la sua primazia all’interno dell’opposizione in una fase di difficoltà per Elly Schlein. Meloni deve attaccare Conte perché sa che dalla sua il Movimento ha una capacità di mobilitare le piazze e di cavalcare temi-bandiera a lei cari maggiore del Partito Democratico.
“Meloni teme Conte molto più che Schlein”
“Ciò che emerge dal dibattito parlamentare è un punto interessante: Meloni teme Conte molto più che Schlein”, sintetizza Lorenzo Castellani, politologo della Luiss School of Government ed editorialista del Quotidiano Nazionale. Castellani, parlando con True-News, sottolinea come la principale partita sia la corsa al medesimo elettorato: “Conte pesca ancora in un elettorato che ha tratti di euroscetticismo e diffida di soluzioni finanziarie e tecnocratiche”, fa notare. “È un elettorato a cui punta anche Meloni e la premier vuole intestarsi la eventuale ratifica del Mes mostrandosi più democratica di quanto non fu Conte all’epoca. Una operazione che le permetterebbe di non perdere voti verso chi diffida di un commissariamento calato dall’alto della politica”. Voti, questi, che fanno gola con vista Europee.
La partita del leader pentastellato, per CIastellani, è sia di rivalsa per conquistare terreno dopo gli attacchi di Meloni alle sue politiche sia di prospettiva per egemonizzare l’opposizione. Sul primo fronte, è chiaro che “Conte sarà molto duro con la maggioranza perché questa ha distrutto due suoi cavalli di battaglia: il superbonus e il reddito di cittadinanza” e “l’obiettivo di Conte sarà portare tutti gli scontenti a votare per il Movimento”. In quest’ottica, aumentare i consensi può aiutare Conte a ristrutturare il Movimento sognando il sorpasso sul Pd come prima forza d’opposizione. E dunque, sul secondo fronte, Castellani fa notare che “il vero obiettivo dell’ex premier non è Meloni ma il Pd e chi si astiene. Su quel terreno intende guadagnare voti perché sa che Schlein è debole e non esistono novità politiche all’opposizione”.
Castellani: “Conte vuole pesare di più”. Pd in allarme?
Pesarsi, nel campo progressista, sarà vitale. Per un semplice dato di fatto: le elezioni 2022 hanno già insegnato cosa vuol dire, con l’attuale sistema politico, per Pd e M5S correre separati. “Se Pd e M5S si dividono sono destinati ad anni e anni di opposizione”, sottolinea Castellani. In questa fase colpire Meloni su temi concreti e caldi può dare una mano per acquisire visibilità tra gli scontenti mentre Schlein preferisce misure-bandiera: “Conte vuole pesare di più e non lasciare in automatico la leadership del centrosinistra al Pd. Per questo si inizia a parlare di un “Papa straniero”, come Landini, proprio perché Schlein non ha la forza di imporsi sul Movimento 5 Stelle”, conclude Castellani.
Sul Mes l’ex premier, forte dell’esperienza a Palazzo Chigi, tiene la barra del timone dell’opposizione. Sul salario minimo ha per primo alzato le barricate. Sulla manovra finanziaria ha maggiormente criticato l’esecutivo e sugli scioperi è stato il più convinto sostenitore dei sindacati in piazza. Conte “studia” da leader della Sinistra. E, paradosso dei paradossi, per farlo ha bisogno di una fetta di votanti confluiti su Meloni. Ma sempre pronti a essere attratti dalle sirene di altri partiti se scontentati su temi chiave come quello del fondo salva-Stati.