Perché leggere questo articolo? I comportamenti degli influencer che le nuove linee guida Agcom vogliono sanzionare dopo il caso Balocco, altro non sono che i comportamenti quotidiani dei principali giornali italiani. Publiredazionali, pubblicità occulte e fake news non sono solo prerogativa degli influencer.
L’affaire Ferragni-Balocco ha aperto il vaso di pandoro. Anni di rospi ingoiati, di tregue armate, di farseli andare bene. Adesso il velo è squarciato. La scelta del garante delle comunicazioni di AgCom di introdurre un nuovo codice di condotta per chi lavora come influencer, è il segnale che i giornalisti attendevano da tempo. Che la guerra abbia inizio. Sarebbe bene, forse, chiarire che nessuna delle due categorie contendenti in questo scontro sta sul cavaliere bianco. Chi è senza peccato scagli il primo tweet.
Le nuove regole per gli influencer
AgCom, non fa male ricordarlo, è l‘Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Un ente autonomo, istituito nel 1997 dal primo governo Prodi, con la legge Maccanico, per tutelare la concorrenza, il pluralismo e le libertà nel settore delle telecomunicazioni, dell’editoria e – dei mezzi di comunicazione di massa. Per l’ennesima volta, dunque, il garante ribadisce una verità acquisita: anche i social network fanno informazione. Gli influencer sono per certi aspetti equiparabili ai giornalisti. Con sommo dispiacere dei secondi, che non perdono occasione per tonare contro i primi.
Sulla prima pagina di Repubblica di ieri troneggiava il titolo altisonante: “Basta truffe, stretta sugli influencer“. Non solo per il giornale fondato da Eugenio Scalfari, le norme del garante AgCom per gli influencer sono la notizia del giorno. Dietro la decisione del garante di regolamentare il lavoro degli influencer con almeno milione di follower, che fanno almeno 24 contenuti all’anno e con un tasso di coinvolgimento dei seguaci, qualche elemento di interesse, ovviamente, c’è. Non sta a noi giudicarlo. Quello che contraddistingue il quotidiano ora edito dal gruppo Gedi è però per il tono con cui la notizia viene data. Riassumibile con l’esempio della maestra che dice ai ragazzini: “La ricreazione è finita“.
Il senso del ridicolo che manca ai giornalisti
“Come un giornale, come una radio, come una televisione – anche privata – gli influencer sono ora tenuti al totale rispetto degli interessi e dei valori di una collettività” recita il pezzo di Repubblica. “Come un giornale, come una radio, come una televisione anche gli influencer devono salvaguardare i principi fondamentali scritti nel testo unico dei media audiovisivi. In sostanza, gli influencer dovranno evitare discorsi di odio e discriminazione. Non divulgheranno fake news ed eserciteranno sempre una comunicazione legale e imparziale, garantendo il massimo rispetto del pluralismo, del diritto d’autore e della privacy”. Ora, provate a rileggere il testo virgolettato di sopra, sostituendo “influencer” con la parola “giornalisti”. Provate a farlo senza ridere.
Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. E’ curioso che il giornale che più si scaglia contro le pratiche degli influencer, invitandoli a “promuovere prodotti affermando quando si tratta pubblicità” sia proprio Repubblica. Quotidiano che, non più tardi di due mesi fa provava pubblicava un documento – piuttosto innovativo, quanto disperato – sull’ingerenza delle esigenze della pubblicità nel lavoro giornalistico della redazione. Una lista di dieci “impegni” molto rigorosi nel contesto della cessione di spazi e potere che i maggiori giornali italiani hanno vissuto in questi anni. Una presa di responsabilità piuttosto unica tra le redazioni dei quotidiani maggiori, e una descrizione di fatto di casi e di dinamiche che i giornalisti e le giornaliste del quotidiano hanno scelto di contestare, e di non condividere, almeno a parole.
I giornali si comportano come gli influencer
I comportamenti che le linee guida Agcom vogliono sanzionare, di fatto, sono i comportamenti quotidiani dei giornali. Non c’è giorno in cui sulle principali testate nostrane non compaiano paginate intere di pubblicità di aziende – su tutte quelle della moda – che sono inserzionisti dei quotidiani stessi. Non passa giorno senza i giornali diano a spazio ad articoli che altro non sono che publiredazionali, una reclame impaginata e redatta come un normale articolo di giornale. Da tempo, inoltre, le stampa italiana si sta specializzando in un filone innovativo: l’intervista all’editore del giornale stesso. Specialità dei giornali italiani, che ogni giorno ci regalano quotidiani aggiornamenti irrilevanti sulla giornata di Urbano Cairo, John Elkann, De Benedetti o Piersilvio Berlusconi. Tutte forme di pubblicità alla luce del sole, che però non viene dichiarata tale. Comportamenti che si vogliono sanzionare agli influencer, e occultare per i giornalisti.