Sguardo austero, mascella serrata, guance scavate, nessun sorriso. Le immagini che ritraggono i nostri politici prima e dopo la pandemia, mostrano una differenza abissale. Differenza che la dice lunga su cosa il virus ha portato a galla nel nostro paese.
Coronavirus, l’impatto della pandemia sui politici
Siamo ufficialmente entrati nel post Covid-19. Piano piano, quello che abbiamo capito essere uno dei beni più preziosi – la normalità – sta tornando. Eppure, anche se potrà sembrare una frase fatta, nulla sarà più come prima. La pandemia ci ha infatti segnato profondamente. Di tutta la paura, la tensione, lo stress che ha causato, l’Italia ne avrà le cicatrici per molto tempo. Persino i volti dei nostri politici, coloro che rappresentano il nostro paese, che lo gestiscono, che si sono sempre mostrati super ottimisti, portano i segni del calvario causato dal coronavirus. Confrontando le immagini che li ritraggono prima e dopo la pandemia, si può osservare una differenza evidente e, se vogliamo, agghiacciante.
Giuseppe Conte
Iniziamo da Giuseppe Conte, ex Presidente del Consiglio. La carica di Conte ha avuto termine nel febbraio di quest’anno, pertanto il politico si è trovato faccia a faccia col virus, dovendolo affrontare in pieno. Se nelle foto del 2019 l’ex premier appare sorridente, rilassato e molto sicuro di sé, in quelle del 2021 risulta l’opposto. L’espressione del viso è palesemente tirata, tesa, seria. Gli occhi si riducono a due fessure e trovare un’immagine in cui sorride è un’impresa.
Attilio Fontana
Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, una delle regioni italiane più colpite dal virus. Il politico, sorridente e col volto disteso prima, appare visibilmente invecchiato, con profonde occhiaie e il viso incavato dopo.
Luigi di Maio
Luigi Di Maio, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Lo sguardo vispo e aperto del pre-pandemia, ha lasciato spazio a una mascella serrata, gestualità nervosa e la bocca arricciata.
Roberto Speranza
Roberto Speranza, ministro della Salute. Nel 2019 il viso è sereno e la gestualità esprime cordialità; nel 2021 lo sguardo è vuoto e inespressivo e, molto spesso, il politico viene immortalato con le braccia conserte, tipica postura di chiusura, difesa e vulnerabilità.
Coronavirus in Italia, lo sguardo perso accomuna i politici
Questi sono solo alcuni esempi di politici di fazioni diverse, con ruoli diversi, ma oggi accumunati dalla stessa espressività malinconica fatta dagli angoli della bocca orientati verso il basso, dagli occhi spenti e cupi e lo sguardo perso e anonimo.
Eppure, l’Italia non se la passava bene ancora prima dello scoppio della pandemia. A questo punto, possiamo forse dire che il coronavirus sia stato il cosiddetto schiaffo morale a chi ha sempre fatto finta che tutto fosse idilliaco, che tutto andasse bene … insomma, ha messo alle strette, levando quel telone che per molto, forse troppo tempo, è stato usato per nascondere tutte le problematiche e le contraddizioni che stavano logorando il paese.
Marzo 2020, quando il Coronavirus in Italia era “semplice influenza”
Ricordiamo l’inizio di tutto? “Andrà tutto bene” o “è solo una semplice influenza”. L’ex Presidente del Consiglio affermava con sicurezza “Gli italiani conducano una vita normale. La situazione è sotto controllo”. I nostri uomini di Stato si fotografavano davanti ai monumenti più famosi con l’intento di invogliare le persone a viaggiare: “Non siamo il Lazzaretto d’Europa, venite in Italia”. Come scordare l’appello in perfetto inglese di Giorgia Meloni girato durante un soleggiato pomeriggio romano, con cui invitava i turisti stranieri a non avere paura dell’Italia e dei suoi prodotti unici. E come dimenticare l’iniziativa Milano non si ferma del sindaco Beppe Sala, quando dichiarava “Dobbiamo lavorare affinché questo virus non si diffonda, ma non si deve nemmeno diffondere il virus della sfiducia: Milano deve andare avanti”, facendosi poi immortalare accanto al famoso conduttore Alessandro Cattelan durante un aperitivo al bar.
Così come Nicola Zingaretti, il Presidente della regione Lazio, che il 27 febbraio 2020 sfidò il panico diffuso a causa del virus, partecipando ad un rinfresco con i giovani Democratici sui Navigli: “Bisogna isolare i focolai, ma non bisogna distruggere la vita o diffondere il panico”.
Insomma, non c’era nulla di grave – come sempre in Italia – e quella innocua influenza, sarebbe stata debellata in un batter d’occhio.
Poi però il “State a casa”, detto forse troppo tardi, ha cambiato tutto, distruggendo quello stucchevole ottimismo che tanto risuonava in televisione e sui social. Il resto è poi storia, come lo saranno i volti dei nostri politici.