“La Francia ha un presidente, Emmanuel Macron, che si è reinsediato piuttosto solidamente. L’Italia, al contrario, si indebolisce perché deve fare i conti con un presidente del consiglio transitorio, Mario Draghi, che ha già le valigie pronte”. Le elezioni presidenziali francesi hanno dato vita ad una situazione singolare, all’interno della quale i rapporti politici ed economici tra Italia e Francia hanno assunto un significato enigmatico e tutto da decifrare. Di questo, dei dossier italo-francesi “congelati” e di tanto altro abbiamo parlato con il professor Aldo Giannuli all’indomani del successo di Macron e della sconfitta di Marine Le Pen.
L’analisi delle elezioni francesi
Prima di parlare espressamente dell’Italia è necessario fornire ai lettori la cornice del quadro. Le ultime elezioni presidenziali hanno visto Macron affermarsi vincitore, tutto sommato in scioltezza, contro la candidata del Rassemblement National Marine Le Pen. Al termine dello spoglio dei voti, il presidente uscente ha ottenuto 18,7 milioni di voti, il 58,55% di quelli espressi. Per la sfidante hanno invece votato 13,3 milioni di francesi, una percentuale del 41,45% dei voti. L’astensione ha fatto segnare il livello più alto per un ballottaggio dal 1969, con il 28,01%.
Da Macron a Draghi
“Macron ha preso meno voti rispetto alle ultime elezioni. Però per lui, adesso, le elezioni rappresentano un ostacolo superato. Viceversa Draghi si trova con le elezioni italiane a circa 11 mesi”, ha spiegato Giannuli, politologo, storico e saggista. Come se non bastasse, Draghi non ha un partito, non sembra abbia voglia di crearne uno né l’intenzione di mettersi alla testa di una colazione. “Obiettivamente è chiaro che nel complesso Macron si è rafforzato e l’Italia, di riflesso, indebolita”, ha sottolineato il professor Giannuli.
I partiti italiani alla prova delle elezioni francesi
Le elezioni francesi hanno fornito interessanti indicazioni in merito al comportamento che potrebbero assumere i partiti italiani e alle prossime tendenze elettorali nostrane. I populisti – pensiamo alla Lega di Matteo Salvini – rischiano di fare la fine del Rassemblement National e di evaporare come neve al sole. Ma il problema della Lega, a detta di Giannuli, non viene soltanto dal terremoto che ha travolto per l’ennesima volta Le Pen. “Quello che nuoce alla Lega, più che essere anti Europa, è la sua posizione filo russa. Capisco che Salvini abbia molti motivi per non prendere distanze da Putin, però non è solo su questo che si combatterà la battaglia elettorale italiana dell’anno prossimo. Anche perché l’Europa attraverserà un travaglio complesso”, ha aggiunto il professore.
Scendendo più nello specifico, che cosa succederà ai partiti italiani? “Non vedo partiti che possano prendere il volo in seguito a vittoria di Macron. In generale, vedo partiti che stramazzeranno a terra come i Cinque Stelle e Forza Italia. Vedo partiti che si indeboliranno come la Lega. Vedo un aumento di Fratelli d’Italia che però non credo sarà decisivo”, ha risposto Giannuli senza troppi giri di parole. Anche perché ci sono altri punti da prendere in considerazione. “Ad esempio, con quale sistema elettorale voteremo? Se non sappiamo quello, non sappiamo niente. Quindi bisogna vedere che sistema ci sarà e quali nuove liste salteranno fuori. Sapete come si prepara la zuppa di mare? Unendo più parti. Ecco, quello è il grande centro. Dobbiamo vedere come si distribuirà il tutto.”, ha proseguito Giannuli.
Il piano economico
Se dal punto di vista politico gli effetti delle elezioni francesi sui partiti italiani e sull’Italia potrebbero essere più limitati di quanto non si possa pensare, in ambito economico, al fine di capire come potranno svilupparsi le relazioni commerciali italo-francesi, occorre fare altri ragionamenti. “L’ordine mondiale che costruiremo dipende molto dall’esito della guerra in Ucraina. Di conseguenza anche l’Europa cambierà in base a quanto accadrà a Kiev”, ha subito premesso Giannuli.
In altre parole, i rapporti politici, economici e geopolitici tra Italia e Francia “non potranno più essere affrontati bilateralmente”, come quasi sempre è stato fatto nel recente passato. Tutto questo dovrà essere visto in un’ottica molto più generale e generalista, e connessa a tutte le vicende internazionali. “Se crolla l’ordine mondiale attuale, come si può continuare a fare il discorso che stavamo facendo quattro mesi fa?”, è la domanda che si è posto il professor Giannuli.
Dossier congelati
Dai contenuti del Trattato del Quirinale all’accordo sullo spazio, passando per i vari intrecci commerciali, i dossier più caldi che uniscono Italia e Francia, almeno nel medio periodo, sono destinati a restare fermi al palo. “Impossibile prevedere come queste faccende possano svilupparsi. Soprattutto in una situazione come questa, nella quale non sappiamo che fine farà l’Italia e con una guerra ancora in corso”, ha spiegato Giannuli. In altre parole, c’è il rischio che il conflitto ucraino possa modificare l’architettura geopolitica dell’Europa (sarebbe meglio dire del mondo) e creare un effetto domino che andrebbe a colpire tutti i protocolli, dossier e accordi che ci sono tra Roma e Parigi.
“In un terremoto chiedereste mai a qualcuno se una casa va dipinta di rosa o celeste?”, si è chiesto, ancora, lo stesso Giannuli, facendo capire che nell’immediato futuro ci saranno ben altre questioni geopolitiche da risolvere. E che – come nel caso degli approvvigionamenti di gas e petrolio – non si limiteranno più soltanto a Italia e Francia ma coinvolgeranno probabilmente l’intera Nato. “Tutte le materie sul tavolo, dallo spazio al cyber, dovranno essere riviste in un contesto che è quello Nato. Ma quale Nato: quella che conosciamo o che si sta formando?”, si è chiesto Giannuli.
Un futuro tutto da scrivere
Certo è che fin qui tra Italia e Francia stava andando avanti un’integrazione economica a doppio taglio. “Molto spesso questa integrazione andava avanti con l’acquisto di “pezzi” di Italia da parte dei francesi”, ha fatto notare Giannuli. Ma se questa era la tendenza, quanto è probabile che le relazioni commerciali italo-francesi, in base alle considerazioni fatte, possano pendere in maniera ancora più netta in favore di Parigi? “Il rischio c’è ma non è così automatico. Ripeto: bisognerà prima vedere come si rimescolerà tutto il mazzo delle carte. Fino al 24 febbraio abbiamo giocato a scopa. Adesso abbiamo appena iniziato a giocare a ramino. È un’altra storia”.