Tutti si attendevano nel 21° secolo l’invasione aliena. E invece al posto degli omini verdi c’è stata un’invasione -mediatica- di virologi, immunologhi, epidemiologi e infettivologi. Tutti a dire tutto e il contrario di tutto e mai nessuno concorde con gli altri. Tra negazionisti e catastrofisti è spesso mancata una parola di buon senso e di equilibrio. La domanda che sorge spontanea è come questi esperti possano concentrarsi sul loro lavoro se son sempre in TV o in radio. L’opinione di questi “esperti” ha poi influenzato direttamente o indirettamente anche le scelte della politica e della vita di tutti noi.
Covid-19, i virologi italiani dettano l’agenda alla politica
Spesso però la visibilità mediatica non va di pari passo con l’autorevolezza che deve basarsi esclusivamente sulle pubblicazioni scientifiche e non sulla bravura o meno nel parlare in TV. Nell’editoria accademica -infatti- una pubblicazione scientifica è uno scritto redatto in modo oggettivo, che può riportare i risultati di una ricerca o essere la revisione di articoli scritti su uno specifico argomento. In ambedue i casi, il metodo applicato è fondamentale. Tanto più è verificabile e replicabile da altri autori, tanto più elevata è la qualità della pubblicazione. Un testo per diventare una pubblicazione scientifica, deve soddisfare specifici criteri, relativi a struttura e impostazioni, definiti da ciascuna rivista scientifica. Tali criteri vengono stabiliti da gruppi di esperti paritari appositamente designati, che decidono se il valore dei contenuti e la forma del testo siano tali da meritare la pubblicazione o meno.
Virologi italiani, visibilità mediatica e autorevolezza non sempre vanno di pari passo
Spesso, agli esperti che giudicano il valore dell’articolo proposto, non vengono comunicati i nomi degli autori, per evitare che tale informazione li influenzi nella decisione. Tanto più è prestigiosa la rivista, tanto più selettivi sono gli esperti che giudicano gli articoli proposti. Un articolo scientifico offre quindi garanzie in termini di affidabilità delle informazioni che contiene, maggiori di quelle che può dare un contenuto pubblicato da un mezzo di comunicazione qualsiasi.
La piattaforma “Scopus” della casa editrice scientifica “Elsevier” ha creato circa 20anni fa il cosiddetto “H-Index” https://www.scopus.com/freelookup/form/author.uri che calcola la produttività degli scienziati e l’impatto delle loro ricerche. Una sorta di coefficiente di attendibilità e autorevolezza degli scienziati, basato sul numero di ricerche pubblicate e citazioni collezionate da ciascun scienziato. “Scopus” è il più grande archivio al mondo di abstract e citazioni di letteratura scientifica sottoposti a revisione paritaria. L’H-Index è stato sviluppato da J.E. Hirsch e pubblicato sulla rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America” nel novembre del 2005 con l’obiettivo appunto di riflettere la prolificità degli autori in base alle loro pubblicazioni e ai record di citazioni.
Covid-19 e virologi italiani, ecco le pagelle
Analizzando in maniera oggettiva l’H-Index, emerge come molti degli esperti presenzialisti televisivi, abbiano in realtà un indice piuttosto basso se paragonato a quelli di altri colleghi italiani.
Il risultato più alto è quello del prof. Alberto Mantovani, immunologo di fama mondiale e direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano che vanta un indice pari a 172 e ben 1222 pubblicazioni, l’ultima proprio sul Covid-19. Per avere un termine di paragone, il noto virologo USA, a capo dell’NIH Anthony Fauci, segna un indice di 178 e 1180 pubblicazioni. Nelle parti più alte della classifica anche il prof. Giuseppe Remuzzi – che molti si auspicavano come nuovo Ministro della Salute – responsabile del prestigioso Istituto Mario Negri con un indice di 166 e 1414 pubblicazioni. Ben quotato anche il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, il pediatra Franco Locatelli, che si attesta a 103 con 1146 pubblicazioni. Giuseppe Ippolito direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” e membro del CTS è più staccato con un indice pari a 67 con 696 documenti, mentre Giorgio Palù presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, AIFA e membro del CTS si attesta a 61 con 596 pubblicazioni. Il prof. Giovanni Rezza, anche lui nel CTS e direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute segna invece 62 punti e 567 documenti, mentre il prof. Donato Greco, esperto epidemiologico del CTS si attesta a 25 punti con 150 pubblicazioni.
I voti ai virologi italiani: Bassetti, Zangrillo, Burioni e….
A metà classifica Andrea Crisanti, il virologo chiamato a dirigere la crisi nella prima fase dal Presidente del Veneto Luca Zaia, che vanta un indice pari a 60 e 113 pubblicazioni, seguito a breve distanza dal prof. Alberto Zangrillo con 58 punti e 453 scritti. Matteo Bassetti, l’infettivologo del San Martino di Genova si attesta a 57 con 510 pubblicazioni, pari merito al prof. Massimo Galli del Sacco di Milano anche lui a 57, ma con 560 scritti. Ilaria Capua dell’University of Florida ha un h-index di 51 con 250 pubblicazioni. Roberto Burioni, virologo del San Raffaele, si ferma a 27 con 115 pubblicazioni, seguito dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro con 24 punti e 164 pubblicazioni, superato per un solo punto dalla virologa milanese Maria Rita Gismondo che vanta un indice di 25 e 186 pubblicazioni. Solo 16 punti e 82 documenti per Fabrizio Pregliasco, mentre Nino Cartabellotta della fondazione Gimbe, si ferma a 7 con 38 documenti.
Sicuramente un solo indice non può cogliere appieno i complessi contributi che questi scienziati danno alle loro discipline, ma è sicuramente il metodo più oggettivo che la comunità scientifica impiega per poter misurare la produttività di ogni singolo ricercatore.