Dal nostro corrispondente a Odessa in Ucraina Ugo Poletti*
Quando, il 24 febbraio, la Russia ha lanciato una invasione su larga scala, tutti eravamo convinti della sicura vittoria di Mosca. Eravamo influenzati dai film e dal precedente storico della seconda guerra mondiale. Poi ci siamo accorti che qualcosa non funzionava nell’esercito russo. Dopo due settimane gli esperti militari internazionali erano sbigottiti sul modo in cui i russi stavano conducendo le operazioni. Senza rispettare le piú elementari tattiche insegnate nelle accademie militari.
Il fallimento guerra di Putin
La ragione era che la guerra era condotta dalla politica, cioè Putin in persona, nonostante l’ex spia del KGB non abbia esperienza militare. Non dai professionisti, che avrebbero sicuramente preparato l’invasione in modo diverso. Un piano di battaglia sbagliato e con decisioni prese lontano dal fronte e l’impossibilità di cambiare i piani per non dover riconoscere gli errori, hanno dato un vantaggio enorme agli Ucraini, che lo hanno sfruttato molto abilmente.
Alla base di questa impostazione suicida della cosiddetta “operazione speciale” ci sono due fattori. Il primo é la sfiducia palese di Putin verso i militari. A differenza di Stalin, che nel momento del bisogno fece emergere dei comandanti capaci come Zhukov a cui delegò la gestione della guerra; il presidente russo non ha mai ceduto ai vertici dell’esercito russo il controllo della campagna, salvo poi scaricare su di loro tutta la colpa della sconfitta.
La burocrazia russa zavorra la guerra in Ucraina
Il secondo fattore é la rigida cultura organizzativa russa, come nella peggiore burocrazia statale, in cui dirigenti sono premiati in base all’esecuzione delle procedure e ogni iniziativa viene penalizzata. Il risultato é un apparato in cui gli ufficiali non sono formati alla leadership per raggiungere gli obiettivi, ma si chiede loro l’obbedienza formale degli ordini. Questo uccide l’autonomia di scelta dell’ufficiale in comando e l’assunzione di responsabilitá sui propri uomini e mezzi.
Anche le umiliazioni inferte alla flotta del Mar Nero, dall’affondamento della Moskva agli attacchi di droni aerei e marini al porto di Sebastopoli, mostrano un elevato grado di superficialità dei comandanti che in tutti quei casi non hanno adottato misure necessarie per la difesa. In tali condizioni, se la battaglia va male, non c’é da stupirsi se i soldati si ritirano e non obbediscono a quegli ufficiali che li hanno mandati in guerra senza un equipaggiamento adeguato a causa di ruberie inimmaginabili. La corruzione, vecchia malattia della Russia, ha minato gravemente l’efficienza dell’armata russa e il morale dei soldati.
Un capro espiatorio tra gli ufficiali
Purtroppo per gli invasori, dall’altra parte della trincea le forze armate ucraine erano ben equipaggiate e avevano ufficiali addestrati a prendere decisioni in prima persona, per sfruttare gli errori del nemico e adattarsi rapidamente ai cambiamenti sul campo di battaglia. Di fronte alle sconfitte e alle perdite impressionanti (piú per noi occidentali che per gli uomini del Cremlino), é partita la classica caccia al capro espiatorio tra i generali al vertice, colpevoli di non aver portato a Putin le vittorie richieste. L’ultimo a farne le spese é stato il Generale Lapin.
Il caso di questo alto ufficiale merita di essere analizzato. Il Colonnello-Generale (generale a 4 stelle nell’esercito italiano) Aleksandr Lapin appartiene ad una famiglia di tradizione militare che ha dato molti alti ufficiali all’Unione Sovietica. Quando fu nominato a capo del teatro di operazioni in Ucraina, i media sottolinearono il fatto di essere uno dei prediletti di Putin. La sua rimozione dopo pochi mesi rappresenta uno shock per tutta la casta degli ufficiali russi. Ogni nuovo generale chiamato a ricoprire quel posto, sa giá quale destino lo aspetta. Non é una prospettiva allettante.
Putin come Hitler
Ma c’é un altro aspetto inquietante. A seguito della folgorante controffensiva ucraina di settembre, i due leader militari russi piú folcloristici, il leader della Cecenia Kadirov e Prigozhin, fondatore della agenzia di mercenari Wagner, hanno criticato pesantemente i comandanti dell’esercito russo, affermando che loro avrebbero saputo gestire la guerra nella maniera giusta.
Se Putin inizia a decapitare vertici dell’esercito che copre piú del 90% del fronte, per dare retta ai suoi leader di milizie piú estremisti, disprezzati dai militari di carriera, significa che siamo entrati in una fase simile a quella di Hitler negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, quando rimuoveva i capi della Wehrmacht in cambio dei fanatici comandanti delle SS.
L’ultima occasione per un negoziato in Ucraina
Attualmente le truppe russe si sono messe sulla difensiva e hanno cominciato a scavare trincee. Significa rinunciare ad azioni offensive e a lasciare agli Ucraini la scelta di dove e quando attaccare. Quanto può resistere un esercito sempre piú demoralizzato, i cui generali sono sotto la gogna mediatica in patria e con la reputazione rovinata negli ambienti militari all’estero? Non é possibile che Putin non se ne sia reso conto. Questo inverno sarà l’ultimo momento utile per negoziare una uscita dal conflitto, prima di nuove umilianti sconfitte in primavera. E la perdita delle ultime carte da giocare: il ricatto energetico all’Europa; il ricatto alimentare con il blocco del grano nei porti; il ricatto umanitario a spese dei civili ucraini e la minaccia spuntata del nucleare.
*Ugo Poletti, imprenditore italiano di Milano, vive a Odessa da 5 anni, dove ha fondato un giornale online in inglese, The Odessa Journal, dedicato a storia, cultura e affari a Odessa, la capitale marittima e la città più europea dell’Ucraina.