Uno degli aneddoti più famosi di Antonio Di Pietro che riguarda Mario Chiesa, fotografa perfettamente cosa sta accadendo in magistratura. È il 1992 e il primo indagato di “Mani Pulite” – quando ancora non si chiama così – appena arrestato con le tangenti del Pio Albergo Trivulzio legge che i suoi compagni socialisti, nello specifico il segretario Bettino Craxi, lo definiscono una “mela marcia”.
Mario Chiesa chiama il futuro fondatore dell’Italia dei Valori e gli dice: “Dottor Di Pietro, ora le racconto il resto del cesto”. Ormai è Storia, con la “S” maiuscola. Ma una storia simile, almeno per la morale, a quella che sta accadendo in Procura a Milano.
Le lotte interne alla giustizia tra vendette personali e correntismi
Guerra per bande, vendette personali, il combinato disposto del caos scatenato da tre fattori – Palamara Gate, correntismo carrierista senza visione né sul mondo né sul diritto e il disastroso esito del processo Eni-Nigeria, dove il fallimento investigativo è il meno in questa vicenda, fra inquirenti che accusano il presidente del collegio che ha giudicato Eni, Marco Tremolada, di connivenza con gli imputati e un sistema di raccolta delle prove che ha mostrato tutti i suoi difetti. Quale sia di preciso lo spettro che sta divorando l’ufficio della autoproclamata “capitale morale” non è chiaro. Di certo c’è che non ci sono “mele marce”. Tuttalpiù interi cestini troppo maturi.
Csm, il pm Paolo Storari pagherà per tutti?
A pagare per tutti ora sarà il pm Paolo Storari, salvo ribaltoni dell’ultima ora venerdì 30 luglio al Consiglio Superiore della Magistratura dove è chiamato a difendersi. Il Procuratore Generale delle Cassazione, Giovanni Salvi, ne ha chiesto il trasferimento ad altra sede e funzioni dopo il caso della fuga di notizie sui verbali dell’avvocato Piero Amara, consegnati a Piercamillo Davigo (che a sua volta ne ha fatto menzione o li ha consegnati ad altri) e i dissidi con il procuratore Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio, in ottimi rapporti con il capo Greco.
Alberto Nobili, Giovanni Salvi, Francesco Greco: stallo alla messicana fra le toghe
La risposta al Pg della Cassazione è arrivata dalla “lettera di solidarietà” a Storari, firmata da circa 100 magistrati milanesi. Capeggiati da Alberto Nobili, ex marito di Ilda Boccassini (con cui Storari ha lavorato fianco a fianco per anni, per esempio sulle infiltrazioni mafiose in Fiera) e nel 2016 in corsa per prendere il posto di capo della procura, assunto poi da Francesco Greco, nel post guerra nucleare fra Edmondo Bruti Liberati e Alfredo Robledo.
Le parole di Luca Palamara nel libro di Alessandro Sallusti
Nel libro intervista di Luca Palamara rilasciato ad Alessandro Sallusti, Nobili e Greco non ne escono benissimo dal capitolo su quella stagione delle toghe meneghine. La nomina del post Bruti? Palamara dice: “Nobili mi fa una telefonata più simpatica che drammatica: “Non sapevo” mi dice “che per perorare la mia causa avrei dovuto chiamarti prima. Lo faccio adesso anche se so di essere fuori tempo massimo”.
Greco, invece, che il primo a usare parole feroci contro le “cene romane” e i vizi di un certo modo di orchestrare i valzer di poltrone fra uffici giudiziari quando lo tsunami dell’ex capo del Anm si abbatte sui tribunali di mezza Italia, viene gelato da Palamara nelle pagine del testo: “A Milano, può essere, i magistrati non fanno né pranzi né cene. In effetti basta prendere un treno e venire a farle a Roma”.
Csm, quella consegna Storari-Davigo e le carte ai giornalisti
Riassumendo: Paolo Storari consegna dei verbali secretati (e in formato word, quindi potenzialmente manipolabili) a un componente del Csm, Piercamillo Davigo. Verbali contenenti informazioni “bomba” su una loggia segreta a cui apparterrebbero anche altri esponenti di spicco a Palazzo dei Marescialli. Informazioni che però arrivano dall’avvocato Piero Amara, avvelenatore di pozzi di lunga data, che racconta sia mezze verità che mezze bugie, ma sempre di alto profilo.
Davigo ne parla in giro e li consegna a sua volta. La sua segretaria li invia in forma anonima ad altri componenti del Csm (Nino Di Matteo). Li ricevano anche i giornalisti Antonio Massari del Fatto Quotidiano e Liana Milella di Repubblica. Davigo sostiene di non saperne nulla e di essere stato “tradito” dalla segretaria ma saranno le evoluzioni di questa vicenda (e delle indagini aperte a Brescia) a dire come è andata per davvero. Massari legge i verbali e denuncia in procura.
Paolo Storari e l’indagine sulla fuga di notizie
Chi si mette a indagare sulla fuga di notizie? Paolo Storari. Quando il bubbone diventa di pubblico dominio, a prendere posizione contro di lui, con parole forti, è il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi.
Che nel frattempo è arrivato dove è arrivato grazie a Luca Palamara. È il 2017. “Giovanni Salvi mi offrì un bel pranzo con lo scopo di “autosponsorizzarsi” per l’incarico di procuratore generale della Cassazione” ha riferito Palamara, all’epoca a Capo della potente commissione per gli incarichi del Csm, davanti al Gup di Perugia Piercarlo Frabotta, durante l’ultimo giorno dedicato alle deposizione spontanee. L’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati ha prodotto anche la chat con l’allora procuratore generale di Roma.
I giudici milanesi appoggiano Paolo Storari. Tranne Francesco Greco
I magistrati di Milano si schierano a maggioranza con Storari. Scrivendo che “la loro serenità non è turbata dalla permanenza del collega” (come invece ha detto Salvi). Chi non si schiera con Storari è il suo capo, Francesco Greco. Lo stesso da cui il pm sostiene di essersi voluto tutelare consegnando i verbali a Davigo, perché aveva compreso – dice – che nessuno avrebbe indagato sulle dichiarazioni di Amara rispetto alla “Loggia Ungheria”.
Contro Greco va invece Alberto Nobili, suo avversario cinque anni fa, forte delle decine di firme raccolte fra colleghi e dell’età del capo procuratore che corre verso il pensionamento entro fine 2021.
“Demansionamento” di Paolo Storari? In tanti pronti a brindare
Va anche aggiunto un dettaglio. Irrilevante per la vicenda in sé ma non per il contesto: se il trasferimento con “demansionamento” di Paolo Storari dovesse andare in porto, saranno in tanti brindare a Milano. Già. Perché Storari ha fatto una sciocchezza, gravissima e ancora oggi senza una spiegazione accettabile e completa. Forse anche un reato. Che rischia di pagare caro ora che è indagato a Brescia per rivelazione di segreto. Ma quando è lui a indagare, non scherza affatto. Lo sanno i poteri economici della città, soprattutto quelli meno trasparenti, che sono finiti sotto la sua lente di ingrandimento.
Paolo Storari figura scomoda? Ecco le sue inchieste degli ultimi anni
Solo negli ultimi due anni – per citare i casi più clamorosi – il pm ha messo nel mirino, sempre con risultati e inchieste solide, multinazionali come il colosso della logistica Ceva Logistics (per la quale ha ottenuto il commissariamento nel 2019); Ubereats per lo sfruttamento sui rider (amministrazione giudiziaria nel 2020 e processo a carico dei manager Uber), “svelando” le vergogne del caporalato sotto la Madonnina e non più in un remoto campo di pomodori del Mezzogiorno.
Paolo Storari e le inchieste Ceva Logistics, Ubereats e Dhl
Negli ultimi tre mesi, nemmeno anni, ha recuperato insieme alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate 20 milioni di euro da Dhl Supply Chain Italy per evasione fiscale e contributiva; 22 milioni dal colosso degli appalti negli Hotel Cegalin-Hotelvolver, sequestro appena convalidato dall’Ufficio Gip. Altri 9 milioni di euro da un’impresa del varesotto che aveva dirottato i propri ricavi per sottrarli al fisco italiano su conti off-shore. E altri ancora.
In sostanza ha messo nero su bianco con fatti, mail, fatture e tabelle quello che nessuno a Milano osa dire: nella città che parla sempre di soldi, di sghei e di dané, il vero problema sono proprio i soldi: la loro provenienza; il loro accumulo; lo sfruttamento lavorativo sistematico che li produce e che le sue inchieste fotografano in maniera perfetta; l’evasione fiscale, sempre più raffinata.
Si è appreso in queste settimane che quando arriva la notizia di una sua indagine su una società, ci sono manager e amministratori delegati dei più importanti competitor che vanno nel panico. Perché suona il campanello d’allarme: significa che un intero settore lavorativo è finito sotto osservazione. Così anche il mondo produttivo e industriale scopre che a forza di avere “mele marce”, tutto il cesto si può infettare.
Da Mani Pulite a oggi, la teoria della “mela marcia”. E il resto del cesto?
Ora rimane la grande domanda, che corre sopra le teste dei comuni mortali, di cittadini e giornalisti, e arriva dritta-dritta al Consiglio Superiore della Magistratura: è davvero solo Storari la “mela marcia” di questa storia, con la “s” minuscola? O forse è un cesto intero? E se fosse un cesto intero chi racconta il resto del raccolto?