Perché leggere questo articolo: Francesco Boccia, Conte, supportato da Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, ex Ministro dell’Interno: tutti hanno sentenziato sulle responsabilità di Fontana .La battaglia giudiziaria sul Covid insegnerà a molti avversari del Governatore il peso di una gogna ingiusta legata alla pandemia. Ma rischia di svegliare dei fantasmi. Ed è già partito il si salvi chi può politico
Accusare Attilio Fontana di essere un omicida o di avere responsabilità per i morti di Alzano e Nembro del marzo 2020 è fuorviante. E lo è altrettanto dare colpe per “omicidio colposo” o reati vari a tutti gli imputati dell’inchiesta della Procura di Bergamo. Da fermamente garantisti, ci auguriamo che per Fontana, Giulio Gallera, Giuseppe Conte e Roberto Speranza non si proceda per il caso-Covid ma vogliamo, in questa sede, segnalare una volta di più la madre di tutte le menzogne sul coronavirus. E cioè quella che vedrebbe come “omicide” le istituzioni regionali.
La causa del disastro? Il Covid
Il Covid ha ucciso i 4mila morti “evitabili”, secondo la procura, in caso di date scelte politiche. Li ha uccisi a Nembro, ad Alzano, ma non solo. Li ha uccisi a Orzinuovi, paese della Bassa Bresciana in cui chi scrive risiede e che era paragonabile ai due centri della Val Seriana a inizio marzo 2020. A Brescia e a Bergamo città, nelle province industriose diventate terre desolate dopo l’esplosione dell’atomica pandemica. La nostra impressione è che, giudiziariamente, non si possa attestare alcuna responsabilità e operativamente non si potesse fare più di quanto umanamente possibile. Diverso è il discorso politico.
Sottolineiamo, in questa sede, il “si salvi chi può politico” che riguarda coloro che anni fa erano compatti dietro al “Comandante” di allora, Giuseppe Conte, contro Fontana, identificato a inizio pandemia come il nemico e il responsabile delle deficienze organizzative. Salvo ora che Conte si è reso colpevole di “draghicidio” e non è più il salvatore della patria di tre anni fa provare a separare i propri destini politici dal suo.
La guerra dell’ipocrisia
Ai tempi al governo Conte II si perdonava perfino la rottura del principio di non contraddizione. Marzo: Francesco Boccia, Ministro degli Affari Regionali del Partito Democratico, ricorda che in pandemia “sovrano è lo Stato”. Aprile: Conte, supportato da Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, ex Ministro dell’Interno, sentenzia le responsabilità della Lombardia.
“Se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto fare di Alzano e Nembro zona rossa” perché “le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti”. Queste le parole di Conte del 6 aprile 2020. Ai tempi, dal Veneto, anche il virologo Andrea Crisanti sentenziava: “Abbiamo voluto difendere il Paese dei balocchi e l’economia anche di fronte alla morte”.
Lamorgese e Crisanti tra Fontana e Conte
Oggi Conte è in (relativa) flessione. Ma Lamorgese rivendica che era l’ex premier ad essere incerto sulla zona rossa nella bergamasca. E Crisanti è consulente della Procura che va sulle tracce dei due ex contendenti. Ricordando di voler “restituire la verità” sulle responsabilità.
Fulminea la risposta di un quotidiano veramente garantista come Il Riformista: “No, onorevole senatore, lei sarà sicuramente il migliore scienziato del mondo, il migliore esperto in parassitologia, ma sulla giustizia penale le mancano i principi fondamentali. Il rappresentante dell’accusa non è un sacerdote. Deve semplicemente, di fronte a una notizia di reato, accertare se vi siano responsabilità e di chi”.
Conte inserito nel girone dei sommersi assieme a Fontana agli occhi di coloro che piacciono alla gente che piace. L’inchiesta finalizzata “non solo a valutazioni di carattere giudiziario, ma anche per valutazioni scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubbliche, sociologiche e amministrative” destinata secondo i suoi promotori a distinguere il Bene e il Male delle prime ore del Covid aiuta alla corsa politica al distinguo.
Il silenzio dei giorni del Covid
La realtà è che ora tanti, molti degli indagati compresi, capiranno la forza della gogna politica, mediatica e giudiziaria a cui, quasi in solitaria, Fontana assieme a Giulio Gallera è stato sottoposto per un biennio. Passando anche per il (fallimentare) percorso di indagini sul “caso camici”, scioltosi come neve al sole. Arriviamo così all’inchiesta di Bergamo. La quale rischia di aprire solo illusioni di giustizia per i parenti delle vittime che hanno fatto ricorso e cercano legittimamente risposta, scatenando un redde rationem politico.
Chi scrive c’era, in quei giorni, nella zona di contagio atomica del Covid. Ricorda i silenzi, il dolore, i volti che si incontravano per la strada un giorno e nei manifesti funebri quello dopo. Ricorda soprattutto un senso di fragilità, non imputabile a Conte, Speranza, Fontana o Gallera. Ma, semplicemente e drammaticamente, al Covid. O come lo chiamavamo ai tempi, al Coronavirus. Nemico invisibile contro cui, in quei giorni, ci si sentiva costretti a combattere a mani nude.