“Ma lei sa che cos’è il lavoro? Ha mai provato la soddisfazione di essere assunto o di ricevere una busta paga?“. Aula del Senato, inizi agosto 2018. Andrea Marcucci, senatore dem, si rivolge così a Luigi Di Maio, allora vicepremier e ministro alle Attività produttive nel governo giallo-verde che ha da poco – parole dell’attuale ministro degli Esteri – “abolito la povertà” grazie al decreto legge dignità.
“Con il M5S, di cui parla il ministro Di Maio, europeista, atlantista, e solidamente ancorato al governo Draghi. farei subito un’alleanza. Fuor di battuta, apprezzo molto l’intervento dell’esponente 5 stelle”. A parlare è ancora il senatore Pd Andrea Marcucci, commentando alcune dichiarazioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, come riporta un lancio dell’agenzia Askanews del 16 giugno scorso.
Ministro Di Maio, ma lei ha mai lavorato?
Per fare politica, dicono, serve pelo sullo stomaco. Ma soprattutto essere in grado di dire tutto e il contrario di tutto per riposizionarsi in tema di alleanze e di tenuta di posizioni. A volte, è successo proprio con Di Maio, la cosa viene ammantata di autocritica perché i tempi nuovi, con la rete diventata un grande archivio sempre disponibile, è impossibile cancellare le tracce del proprio passato. Più conveniente ammettere: sbagliavo.
Tutti gli analisti sono concordi che il nuovo orizzonte politico dell’ex capo politico del Movimento Cinque Stelle sia l’area riformista, di centro, che potrebbe aggregarsi attorno a figure come il sindaco di Milano Beppe Sala, quello di Venezia Luigi Brugnaro, il presidente della Liguria Giovanni Toti e al deputato di Italia Viva Gianfranco Librandi (che in quanto a cambi di casacca potrebbe fare da maestro al ministro degli Esteri: ha militato in Forza Italia, Popolo delle Libertà, Scelta civica per poi essere eletto con il Pd e quindi approdare alla corte di Renzi).
A spulciare gli archivi si scopre che ciascuno di loro, non soltanto Marcucci, in passato ha avuto parole non tenere per Di Maio.
E’ del 2018 la polemica tra Di Maio e il sindaco Sala. A scatenare le scintille tra i due è la netta presa di posizione del primo cittadino di Milano sul tema delle chiusure domenicali dei negozi: “Le facciano ad Avellino se vogliono ma a Milano è contro il senso comune. Pensassero alle grandi questioni politiche e non a rompere le palle a noi che abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti“, aveva detto Sala interpellato sulla questione.
Avellino è la città natale di Luigi Di Maio (Pomigliano d’Arco è quella di residenza), che poco dopo, aveva replicato con un post su Instagram: “Per il sindaco di Milano Sala i diritti delle persone sono una rottura di palle. Nessuno vuole chiudere nulla a Milano né da nessuna altra parte, ma chi lavora ha il diritto a non essere più sfruttato. Questo rompe la palle a un sindaco fighetto del Pd? E chi se frega!“.
Nuovo tweet al veleno di Sala: “quando il ministro Di Maio avrà lavorato nella sua vita il 10% di quanto ho fatto io sarà più titolato a definirmi ‘fighetto’“.
Caro Di Maio, come fai a dire queste cose?
Con Toti non era andata meglio, e la questione era molto più seria e toccava la sensibilità di quarantanove famiglie che avevano perso un proprio caro nel crollo del ponte Morandi. Da Napoli, Di Maio aveva commentato la rabbia degli sfollati dicendo che avevano perfettamente ragione, “non si può lasciare la gente in Italia in balia delle elemosine di Autostrade“.
“Caro Luigi Di Maio, ma a Genova ci sei pure venuto, come fai a dire queste cose?”, aveva risposto Toti, “le famiglie che hanno dovuto abbandonare le loro case stanno tutte avendo un alloggio pubblico. E a tempo di record, grazie a Comune e Regione. I soldi che ricevono sono quelli decisi dal Governo, quindi da Di Maio stesso. Se pensa che siano pochi… li aumenti subito, noi siamo più che d’accordo”.
Poi Toti aveva rincarato la dose: “Mentre lei esternava alla stampa, il sindaco ed io eravamo riuniti con gli sfollati, per chiarire tutti i dubbi e le comprensibili apprensioni. Per aiutare Genova servono meno polemiche e più fatti concreti. Noi aspettiamo le leggi che ci consentano di aprire e accelerare cantieri, risarcire cittadini e imprese, e ricostruire il ponte”.
Non era andata meglio con Brugnaro e col presidente del Veneto Luca Zaia (altro nome che si fa come probabile fondatore della nuova formazione centrista nella quale Di Maio e il suo “Insieme per il futuro” convergerebbero.
Di Maio minaccia le persone
Nell’ottobre 2018 su Facebook Di Maio puntò il dito contro l’attività della famiglia Zoppas per le concessioni pubbliche delle acque minerali. Il commento di Brugnaro : “I pentastellati minacciano le persone, hanno minacciato il presidente di Confindustria Matteo Zoppas che ha detto una cosa; l’hanno sentita come una protesta, e allora tutti quanti addosso, l’hanno minacciato. Poi un ministro dice una cosa, un altro ne dice un’altra. Vi sembra un modo di governare? C’è da preoccuparsi”.
Zaia fu più pacato: “Partiamo dal dato di fatto, noi siamo per il rispetto delle leggi e quanto alle imprese, dico che quando hanno delle concessioni e, fino a prova contraria non commettano reati, hanno tutto il diritto di esercitarle. Spero che le modalità dell’attacco al presidente di Confindustria siano state uno scivolone e già sarebbe riprovevole così”.
Campo largo? Quello che Di Maio ha detto del Pd
Anche rispetto al “campo largo” con il Pd Di Maio dovrebbe completare un percorso “riparativo” rispetto a tante sue affermazioni che una consigliera comunale pentastellata di Napoli aveva messo in fila sbattendo la porta dopo la nascita del governo giallo-rosso.
Eccole
1: “Il Movimento è nato in reazione al Pd, al loro modo di fare politica. E oggi offre uno stile nuovo”.
2: “Il Pd ha un’idea perversa del concetto di democrazia”.
3: “Il Pd è un partito di miserabili che vogliono soltanto la poltrona”.
4: “Il Pd si fa pagare da Mafia Capitale”.
5: “Il Pd profana la democrazia”.
6. “Nel Pd hanno una questione morale grande come tutto il Pd”.
7: “Nel Pd sono ladri di democrazia».
8: “Il Pd è il simbolo del voto di scambio e del malaffare”.
9: “Nel Pd ci sono gli assassini politici della mia terra, sono criminali politici”.
10: “Il Pd fa politiche che favoriscono i mafiosi”.
11: “Il Pd è da mandare via a calci”.
12: “Il Pd ha i mesi contati, mandiamoli a casa”.
13: “Il Pd è il partito dei privilegi, della corruzione e delle ruberie. A casa”.
14: “Il Pd sta con le banche, manda sul lastrico i risparmiatori”.
15: “Il Pd è responsabile di questo schifo”.
16: “Il Pd è il male dell’Italia”.
17: “Le misure economiche del Pd sono infami”.
18: “Siamo noi l’unica alternativa al Pd”.
19: “L’unica cosa che possiamo fare è invitare i cittadini a liberare l’Italia dal Pd”.
20: “Non ci fidiamo del Pd”.
21: “Parlare con il Pd è un suicidio”.
22: “Escludo categoricamente qualsiasi alleanza col Pd”.
Infine, si cambia. 23: “Il nostro primo interlocutore è il Pd con l’attuale segretario e con le persone che in questi anni hanno lavorato bene”.