Perché leggere questo articolo? Giustizialisti e “duri e puri” come Davigo? Non sono casi nuovi le loro condanne. Vediamo alcuni esempi di giustizialisti finiti condannati dalla Giustizia.
La condanna in primo grado a Piercamillo Davigo per l’onda lunga del caso Amara da parte del Tribunale di Brescia ha valenza giudiziaria e simbolica. Segnala la nemesi del giustizialismo italiano. A cui il “Dottor Sottile” di Mani Pulite, incarnazione della rivoluzione del 1992, è stato a lungo fedelmente adepto. Ma – da garantisti – lo ricordiamo facendo al tempo stesso nostre le parole dell’Osservatore Meneghino, che si rivolge direttamente a Davigo: “si è colpevoli in senso compiuto solo dopo il terzo grado di giudizio. Può seccare, ma è così. Siamo una democrazia. Magari con mille difetti, ma pur sempre una democrazia. Ed è il motivo per il quale lei stesso rimane innocente per altri due gradi di giudizio”.
Prima di Davigo, condannato il Pm-show Ruggiero
Presunzione d’innocenza, questa, che spesso Davigo, l’uomo che ha sempre visto molti innocenti da lui inquisiti come colpevoli che l’hanno fatta franca, non ha soppesato adeguatamente. Ma la parabola del “Dottor Sottile” non è isolata. E non solo nella giustizia. Spesso i puri che più si presentano come tali devono fare, prima o poi, i conti con il redde rationem della realtà. Fatta di errori, controversie e, spesso, processi.
Pochi mesi fa era stata la volta di Michele Ruggiero, noto negli anni scorsi come Pm di Trani, in Puglia. Dal suo scranno nella città del Mezzogiorno Ruggiero si era inventato negli anni una crociata personale contro grandi potentati internazionali e costruito un ambiguo ruolo di giustiziere: dalle agenzie di rating a Deutsche Bank per la tempesta dello spread nel 2011 a Silvio Berlusconi per il suo presunto ruolo nella chiusura di “Annozero”, per arrivare ad American Express, accusata di truffa e usura, Ruggiero aveva aperto nel suo piccolo spazio operativo improbabili inchieste. Aprendole sempre con enfasi notevole e spirito da giustiziere. E trovandosi poi sempre di fronte all’inevitabile archiviazione.
Nel frattempo Ruggiero il giustiziere, passato al Tribunale di Bari, si è visto confermare a inizio 2023 una condanna a sei mesi di reclusione per tentata violenza privata contro dei testimoni che voleva spingere a denunciare il loro ruolo in un sistema corruttivo. Una condanna non infamante e certamente non compromissoria di una carriera intera. Ma sempre una condanna. Un vero e proprio crocevia per un politico storicamente giustizialista.
La caduta dei “duri e puri” in politica: il caso Gentilini
Ma anche la politica non è priva di casi di questo tipo. Figure che si sono presentate come integerrime, portatori d’ordine e discontinuità e rappresentanti di precisi valori. Salvo poi ritrovarsi in alcuni casi a dover scontare non secondarie problematiche giudiziarie.
In casa centrodestra molti ricorderanno Giancarlo Gentilini, classe 1929, due volte sindaco di Treviso (tra il 1994 e il 2003) e due volte vicesindaco (dal 2003 al 2013) in quota Lega Nord. “Sceriffo” nemico della criminalità organizzata e del degrado, portatore d’ordine e anticipatore di Vincenzo De Luca con le sue uscite caricaturali e spesso controverse, Gentilini è scivolato più volte su un tema caldissimo: il razzismo. Nel maggio 2014 la Cassazione lo ha infatti condannato in via definitiva a 3 anni di reclusione per aver dichiarato di voler “eliminare i bambini dei zingari che rubano dai nostri anziani” alla Festa della Lega di Venezia nel settembre 2018.
Del Turco, da socialista anti-corruzione a condannato
In casa centrosinistra, è del resto nota la storia di Ottaviano Del Turco. Il quale, presidente della Regione Abruzzo dal 2005 al 2008, anno del suo arresto in un’inchiesta sulla sanità privata, è stato nel 2018 condannato definitivamente a 3 anni e 11 mesi di reclusione per induzione indebita confermando la pena decisa nel 2017 dalla Corte d’Appello di Perugia.
Una vera e propria “caduta” per un uomo che nel 1993-1994 era stato l’ultimo segretario del Partito Socialista Italiano, venendo scelto dopo la caduta di Bettino Craxi – colpito da quel pool di cui Davigo era membro – proprio per una percepita integerrima condotta morale. Già giovane “contestatore” nel Psi Anni Ottanta e duro e puro nel contrasto agli illeciti e alla corruzione, Del Turco è finito dopo una lunga carriera che lo ha portato ad essere senatore e ministro proprio nel registro dei condannati in via definitiva.
Lucano, il sindaco-eroe sotto processo
Ancora in divenire le sorti di Mimmo Lucano e del suo “modello Riace” di immigrazione. Costruito negli anni dall’ex sindaco della città calabrese in una maniera tale da attrarre l’attenzione di politici e media progressisti sulla scena internazionale per una percepita “rivoluzione” nella gestione del fenomeno migratorio in senso inclusivo. Ma incagliatosi poi nelle indagini del Tribunale di Locri.
Nel 2021 Lucano è stato condannato a una pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione per i reati di truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio, accusato di aver “costituito un’associazione per delinquere che aveva lo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica Amministrazione”. Una caduta brusca per un uomo inserito da “Fortune” tra i cinquanta più influenti al mondo e invitato da università come l’Ecòle Normale Superieure di Parigi. Ma che dopo aver a lungo messo il suo modello in antitesi con quello nazionale, specie ai tempi di Matteo Salvini Ministro dell’Interno, è andato in testacoda. Per Lucano, come per Davigo, la vicenda giudiziaria è tutt’altro che finita ed è fuorviante pensarli a condannati in via definitiva. Ma i casi di “caduta dei puri” del passato lasciano pensare. E ci ricordano la distanza tra “santini” politici e della società civile e uomini in carne e ossa.