Martedì 13 luglio, dalle 16:30, arriverà il ddl Zan all’esame del Senato. Segno che il momento della verità per la legge, segnata sul calendario d’aula, è finalmente arrivato. I parlamentari di tutti gli schieramenti, da quello di maggioranza più numeroso al più piccolo di opposizione, saranno chiamati ad esprimersi pro o contro il testo che nasce per combattere l’omotransfobia.
La battaglia d’aula però, rispetto quando accaduto alla Camera, si preannuncia molto lunga e ricca di insidie. Tanto che nelle retrovie, specie nel centrodestra, già si parla di “Vietnam” parlamentare. I punti più discussi infatti, dalla commissione giustizia del Senato, non sono ancora stati sciolti.
Ddl Zan, due i nodi da sciogliere nel testo: identità di genere e questione scolastica
Ma quali sono i punti della legge più controversi? Primo tra tutti il tema dell’identità di genere che, nel dibattito in seno alla legge, si scontra con il dato biologico. Secondo la possibilità di celebrare il 17 maggio (giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia) nelle scuole (anche cattoliche e private). Un punto, quest’ultimo, che è stato parecchio discusso specie tra le mure vaticane. Il motivo? Lo ha spiegato con chiarezza Virginia Kaladich, presidente di Fidae (Federazione Italiana di Attività Educative) in un colloquio con l’Ansa. “L’articolo 7 della legge vorrebbe far entrare nei percorsi scolastici, anche delle scuole primarie e secondarie di I Grado, iniziative contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” ma “visto che ancora non c’è uniformità di giudizi su cosa si possa definire il “genere” – ha spiegato – come scuole cattoliche rivendichiamo il diritto e la libertà di poter educare i ragazzi e i bambini al fatto che la famiglia umana è composta da un uomo e una donna, pur nel rispetto di tutte le altre situazioni“. Insomma, il tema è piuttosto spinoso e non di facile soluzione.
Ddl Zan, in Senato i numeri non ci sono (salvo un ripensamento di Matteo Renzi)
Quel che conta però, all’atto della votazione di una legge, sono i numeri in Aula. E a Palazzo Madama, con Matteo Renzi che si è detto favorevole a un dialogo con il centrodestra, i numeri non ci sono. La legge così com’è quindi, ossia come uscita dalla Camera, rischia di arenarsi in Senato o di essere addirittura bocciata.
Il segretario del Pd Enrico Letta, vedendo nel ddl Zan una bandiera per il suo partito, si è detto contrario ad una nuova mediazione sul testo e punta ad andare al voto in aula (con tutti i rischi che questo comporta); idem il Movimento cinque stelle e Liberi e Uguali, che hanno accusato in più occasioni Matteo Renzi di voler affossare la legge.
Ddl Zan, il rischio di un ritorno in commissione (o bocciatura della legge)
La strategia di Matteo Renzi invece, vista la contrarietà del centrodestra al testo, ha avuto invece una inversione a U. Rispetto a quanto accaduto alla Camera, dove i deputati di Italia Viva hanno votato senza problemi il testo, Renzi sta spingendo per modificare la legge al Senato. “Se questo non accade, andando anche incontro alle richiesta del centrodestra, la legge rischia di arenarsi completamente”, ha ammonito più volte l’ex premier.
L’aula infatti, secondo il senatore di Rignano, potrebbe avere i voti per rimandare la legge in commissione giustizia (presieduta dal senatore leghista Andrea Ostellari) e i tempi per l’esame del testo si allungherebbero ancora (se ciò dovesse accadere, per Enrico Letta sarebbe una sconfitta).
Non solo: in Senato, ha rimarcato sempre Matteo Renzi, c’è l’insidia voto segreto, dove può davvero accadere di tutto (anche una bocciatura del testo).
Quel che è certo è che Matteo Salvini, di sponda con Matteo Renzi, sta lavorando per frenare la legge. Un riavvicinamento, quello tra i due Matteo, che è un antipasto di un accordo sul Quirinale? I tempi ancora non sono maturi, ma i più maliziosi sono pronti a scommetterci.