di Francesco Floris e Sara Greta Passarin
Verdi che si spaccano sul Ddl Zan. Femministe di vecchio stampo, contrarie alla mercificazione del corpo (e quindi all’utero in affitto), che si scontrano con le nuove generazioni. Sta succedendo tutto questo nella politica milanese – città “arcobaleno” per eccellenza – e non. Ma il dibattito nella sinistra si sta espandendo a macchia d’olio. E nella sinistra più radicale – che va dagli ecologisti al mondo Lgbtq+ – si sta aprendo una crepa pesante. Mostrando plasticamente, una volta di più, cosa accade quando si perde il collante di un minimo comun denominatore come “l’ecologia” per partiti e realtà che escono dalla loro comfort zone.
E se la politica di centro sinistra, senza porsi alcun dubbio in merito, ha aderito in toto alla legge Zan, e la Lega si diverte a fare ostruzionismo presentando emendamenti a “tutela della famiglia”, non tutta la società civile e i movimenti più o meno radicali hanno la stessa opinione. E non mancano di nasconderlo.
Arcilesbica per fare un esempio, rappresentante di un femminismo spinto vecchio stampo, ha fatto sapere che “il ddl Zan contiene errori che vanno cambiati” seppur condivisibile in linea di principio. Questo perché “essere contro l’autocertificazione di genere non è transfobia” e dire no all’utero in affitto deve continuare ad essere un pilastro. Così come anche il primo articolo della legge, alla base di tutto l’impianto, deve essere modificato. Come? Lo ha spiegato su Avvenire anche Luana Zanella, ex deputata e storica esponente dei Verdi, in sintonia con le posizioni espresse da Arcilesbica. “Per evitare il conflitto tra diritti delle donne e delle persone transessuali – ha affermato – occorre sostituire il termine “genere” con “stereotipi di genere” e “identità di genere” con “transessualità”. Se questo non avverrà sarà solo per motivi ideologici e si spianerà la strada all’autoidentificazione come uomo e donna. Mi auguro che ci sia un confronto che vada oltre l’accusa di omotransofobia”.
E i verdi italiani, a partire da quelli milanesi, che posizione hanno sul ddl Zan? I volti più noti sono tutti favorevoli all’approvazione e considerano le obiezioni di Arcilesbica “tutto fumo e niente arrosto”. L’ecologista Leonardo Davide Razvan Meda, per citarne uno, si è detto “amareggiato” per le critiche di Zanella al Ddl Zan “su un quotidiano cattolico” e l’ha accusata apertamente di non ascoltare l’umore della base. “L’identità di genere esiste, è sotto attacco e deve essere riconosciuta come base dei diritti LGBTQIA+” ha chiarito con un post su Facebook. “Abbiamo tutte un Pillon dentro di noi? Estirpiamolo” è il messaggio conclusivo diretto a Zanella.
E se alcuni portavoce del partito ecologista come Elena Grandi, eletta nel Municipio 1 di Milano, preferiscono stare alla larga da questo tema (l’ultimo post su Facebook riguarda Fukushima) mentre organizza la campagna per le amministrative con il nuovo compagno di partito, Beppe Sala, che archiviata la “svolta ambientalista” con l’iscrizione ai Verdi si è fatto fotografare la mano con incisa la scritta “Ddl Zan”, ormai nel mondo progressista volano i coltelli. Marina Terragni ad esempio, storica femminista ed ex Pd entrata nei dem ai tempi di Pippo Civati (è storica amica della moglie del fondatore di Possibile, oggi editore), non ci sta al fatto che la sinistra si appiattisca sulle posizioni del Nazareno. E il socialista Mauro Mercatanti, mente fine del progressismo milanese, che è entrato a gamba tesa nel dibattito, ha spiegato che “riconoscere, rispettare e tutelare l’identità di genere è un conto; pretendere che l’identità di genere prevalga sempre e sistematicamente sul dato biologico è un altro conto”. E questo non significa, ha spiegato lui stesso in un lungo post su Facebook “avere problemi con trans diventati donne” ma non avere la pretesa che “il mondo si debba adattare all’identità di genere anziché l’identità di genere al mondo”.
E l’intervento di alcune giornaliste “seguite” di buon grado dai progressisti, incorpora in parte il pensiero di Mercatanti. Cinzia Sciuto, che è una di queste, ha scritto in un intervento su MicroMega che l’espressione “identità di genere” è “indubbiamente ambigua” poiché “indica il soggettivo senso di appartenenza a un genere sessuale, anche se diverso da quello biologico”.
Tutto finito dunque? Assolutamente no. Basta guardare come I sentinelli di Milano, sostenitori ferrei del Ddl Zan, si stiano scagliando alacremente contro chi sta avanzando delle critiche. Tanto che Luca Paladini, fondatore dei Sentinelli e uomo che in città sposta di certo consensi, forse anche voti, ha preferito commentare con sarcasmo l’emergere di queste posizioni. “Improvvisamente, nel magico mondo della sinistra lombarda, scoppia una voglia forsennata di fermare il Ddl Zan” – ha commentato in un durissimo post pubblicato sul sito di Radio Popolare con il titolo “La sinistra che parla come Pillon”. Si dice sorpreso Paladini che questa sinistra si sia “svegliata nei giorni decisivi” dell’iter legislativo. Chiosando che la domanda che più tormenta costoro che “si dicono progressisti” è: “come si permettono delle donne trans di voler essere considerate donne?”
E il sindaco “verde” di Milano Beppe Sala, che tanto si è schierato per il Ddl Zan, cosa ne penserà di questo dibattito? E soprattutto, accetterà di avere come alleati liste civiche progressiste/ecologiste con queste posizioni al proprio interno? Chissà. Certo è che urge una legge sulla libertà di espressione per abbassare i toni.