Non c’è questione che riguarda il M5s senza un paradosso giuridico, senza un’aporia legale. In vista della probabile astensione o uscita dall’Aula dei grillini durante il voto di fiducia di giovedì in Senato sul Dl Aiuti, l’ultimo garbuglio lo fanno presente l’avvocato Lorenzo Borrè e il senatore ex Cinque Stelle Gregorio De Falco. “Se si alzano o si astengono durante la fiducia a Palazzo Madama, secondo le loro regole, o si deve dimettere il senatore Stefano Patuanelli da ministro oppure Giuseppe Conte deve espellere tutti i senatori”, spiega De Falco a true-news.it.
La stessa moneta
L’ex ufficiale della Marina, famoso per il suo “salga a bordo c…o” all’indirizzo del comandante Schettino durante la tragedia della Costa Concordia, è stato espulso dal M5s alla fine del 2018 per il suo mancato voto di fiducia al governo gialloverde sul decreto Sicurezza. Memore della sua esperienza, il senatore ora nel gruppo Misto, denuncia il paradosso a cui potremmo assistere giovedì.
“Le regole del M5s prevedono che chi non vota la fiducia a un governo ‘espressione del Movimento’ deve essere espulso dal gruppo parlamentare. Ora se i senatori giovedì decideranno autonomamente di uscire dall’Aula, Conte dovrà espellerli tutti; oppure se la linea del gruppo è anche quella di Conte, il ministro Patuanelli, che è un senatore, dovrebbe dimettersi dal governo cui i suoi colleghi non hanno votato la fiducia”, spiega De Falco.
Una questione legale e politica
Per il parlamentare si tratta sì di una questione legale, ma anche di una questione politica. “Quando noi decidemmo di non votare il decreto Sicurezza insieme ad altri colleghi del M5s, chiedemmo al nostro gruppo, allora capitanato proprio da Patuanelli, di fare un’assemblea per discutere della posizione da prendere sul decreto Sicurezza. Maa ci fu risposto ‘il decreto sicurezza non è materia nostra ma della Lega’. Allora il contratto di governo stabiliva dei punti di programma per ognuno dei due partiti e infatti era come se ci fossero due governi in uno”, racconta De Falco a true-news.it.
Adesso, al netto del paradosso regolamentare interno, il punto politico sta nell’ambiguità della linea di Conte. “Conte si è infilato in una brutta situazione politica, se fa alzare i senatori perde l’alleanza con il Pd, se non li fa alzare perde i senatori del M5s. Ma lui si è trovato in questa difficoltà perché è un leader che farebbe di tutto per mantenere il consenso. Infatti ora sta mettendo in crisi il governo per questioni di consenso personale”, l’attacco dell’ex militare. Che addirittura “salva” perfino Luigi Di Maio, il capo politico che lo espulse. “Nella sua incoerenza è più coerente Di Maio di Conte. Perché ha ammesso di aver cambiato idea su tutto e ora persegue la linea governista”, riflette De Falco.
Una nave che affonda
Il senatore vede nero, per quanto riguarda il futuro del suo ex partito. “Conte rimane a bordo di una nave che lui stesso sta portando alla rovina. Io gli consiglierei di dimettersi prima che glielo faccia fare Beppe Grillo, ma la realtà è che sarà inevitabile la frantumazione di un Movimento che era così eterogeneo. Di Maio forse l’ha capito prima degli altri e ha fatto una cosa nuova”, il ragionamento. “Conte è un temporeggiatore, come Quinto Fabio Massimo, detto cuntactor, ma la realtà è che in qualunque altro partito l’avrebbero già fatto da dimettere da leader, dopo che ha ottenuto risultati deludenti alle amministrative e ha assottigliato di 63 eletti i suoi gruppi parlamentari”, continua De Falco. Che conclude: “Senza contare il fatto che se strappasse con Draghi, Conte perderebbe almeno un’altra quindicina di deputati pronti ad andare da Di Maio”.