Perché potrebbe interessarti questo articolo? Secondo Domenico De Masi, tra i più accreditati sociologi del lavoro in Italia, se il M5S fosse rimasto all’opposizione del governo Draghi oggi sarebbe il primo partito. Vincente per il Movimento tornare sui temi del lavoro e della povertà. Il reddito di cittadinanza? “Con 14 milioni di poveri, Meloni lo manterrà, ma ne cambierà il nome”.
“Se il Movimento 5 Stelle fosse rimasto all’opposizione anziché con Draghi e se avesse abbracciato i temi del lavoro e della povertà come nell’ultimo mese, ora sarebbe il primo partito in Italia”. Così il sociologo Domenico De Masi, ha commentato l’esito del voto del M5S a true-news.it.
La tenuta 5 stelle secondo De Masi
Il partito di Conte, che molti opinionisti davano per finito solo alcuni mesi fa, con la fuoriuscita di Luigi Di Maio e alcune dichiarazioni infelici del fondatore Beppe Grillo, secondo il professore ha potuto godere di tre fattori che hanno giocato a suo favore: “L’accentuarsi della povertà che conta 14 milioni tra precari e persone in difficoltà, il disinteresse del Pd nei confronti dei poveri e la personalità carismatica di Giuseppe Conte che si è fatto portavoce delle istanze dei più deboli hanno contribuito al risultato positivo del Movimento”.
Seconde De Masi “da anni il Partito Democratico si è spostato al centro e ha lasciato una vasta prateria a sinistra”. Un’eredità che il M5S deve raccogliere, diventando “il partito leader della sinistra con un modello di società del tutto nuovo e originale, portando nel proprio alveo le varie schegge della sinistra, disperse ormai in ogni formazione politica”.
L’unica alternativa economica
Operai, precari e sfruttati, secondo il sociologo del lavoro, si sono astenuti. Oppure hanno indirizzato il proprio voto un po’ su tutti i partiti; con il M5S che avrebbe performato ancora meglio se avesse iniziato prima a rivolgersi a questo elettorato. “E comunque è stato l’unico partito che ha fatto qualcosa per loro”.
Il Movimento di Conte non ha quindi intercettato solo i percettori del reddito di cittadinanza, ma ha rappresentato per De Masi l’unica alternativa concreta a una visione di politica economica che non si illuda che per creare lavoro si debba necessariamente puntare sulla crescita. “Riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale e salario minimo garantito appartengono a una visione socialdemocratica che non ha trovato espressione nel Pd”.
Il futuro del RdC secondo De Masi
E a proposito della riforma-bandiera del M5S, il reddito di cittadinanza, che Giorgia Meloni ha intenzione di abolire, De Masi si lancia in una scommessa. “Scommetto che il nuovo esecutivo riprenderà il RdC. Lo modificherà, cambiandone il nome, ma non potrà toglierlo, disinteressandosi di 14 milioni di persone in povertà”.
Da sempre attento ai temi della disuguaglianza sociale, come testimoniato anche nel suo ultimo saggio La felicità negata, edito da Einaudi, Domenico De Masi prevede che se nel nuovo governo preverrà la politica economica di FdI orientata allo statalismo – e che lui definisce di “impostazione fascista”, ricordando come fu Mussolini a creare l’IRI – “è probabile che le disparità si riducano. Diversamente accadrà se prevarrà la linea di Lega e Forza Italia, di impianto neoliberista”.