Alcuni hanno fatto più cambi di casacca di Ibrahimovic, condividendo con il calciatore svedese non la gloria e i denari, ma solo un infallibile fiuto del gol. Che, traslato in politica, consiste nel farsi trovare sotto rete al momento giusto (elezioni), giocando nella squadra destinata a vincere (nel 2018 i Cinque Stelle). E insaccare agevolmente la palla in rete, semplicemente spingendola. E’ così che molti dei parlamentari che oggi siedono alla Camera e al Senato nei rispettivi gruppi misti hanno visto apparire la loro figurina nell’album della legislatura in corso, ma che rischiano, al prossimo campionato, di diventare solo uno sbiadito ricordo nei taccuini dei cronisti parlamentari.
Gruppi misti, la miniera di voti cui punta Berlusconi
In questo momento tutti guardano a loro, perché, al netto dei franchi tiratori, saranno il vero ago della bilancia nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, potendo contare su un pacchetto di oltre cento voti (per l’esattezza 47 al Senato e 66 alla Camera, dai quali, però, bisogna sottrarre senatori e deputati che sono nei gruppi misti non perché si sono ritrovati senza più una casa, ma semplicemente perché non avevano il numero minimo previsto dai regolamenti per formarne uno).
E’ proprio sul bacino dei parlamentari dei gruppi misti che Silvio Berlusconi ha puntato tutta la campagna acquisti per quella manciata di voti, poco più di cinquanta, che gli servono, dalla quarta votazione in poi, per essere eletto Capo dello Stato, quando per avere il via libera per il Colle basterà avere la maggioranza assoluta dei voti del Grandi elettori.
Berlusconi, prime delusioni dagli ex Cinque Stelle
Puntava sui fuoriusciti grillini, l’ex Cavaliere, ma ieri ha avuto la prima delusione: proprio gli ex Cinque stelle, assieme ad altri colleghi dei gruppi misti di Camera e Senato, hanno comunicato che il loro candidato di bandiera (se tutti i firmatari dell’appello manterranno l’impegno preso pubblicamente, i voti saranno una quarantina) sarà Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale che, si legge nel comunicato, «ha messo al centro della sua opera di magistrato, docente universitario e giudice costituzionale (vice presidente della Consulta) la tutela dei beni pubblici demaniali, della legalità, della sovranità popolare e della nostra Costituzione». Tra i nomi in calce all’appello c’è anche quello di un giovane psicologo di Voghera, eletto deputato con i Cinque Stelle, che proprio l’altro giorno aveva raccontato alla “Provincia pavese” della telefonata ricevuta da Silvio Berlusconi. Cristian Romaniello era in casa quando sul cellulare che squillava ha visto il nome di Vittorio Sgarbi, in questa fase operatore telefonico molto attivo per conto dell’anziano leader di Forza Italia.
Lo stesso Romaniello, ieri, intervistato da Open, ha spiegato: «Sul Quirinale abbiamo fatto un percorso importante, partecipato, legato a valori e a storie che hanno fatto da base comune. Le proposte hanno riguardato profili molto alti e, sebbene il nome da me proposto era quello del professore Alessandro Barbero, molto gradito a tutti, trovo Paolo Maddalena un candidato a cui è davvero difficile dire di no. Sono soddisfatto e spero non si riveli solo una candidatura di testimonianza».
Il drappello di parlamentari che voteranno Maddalena
Berlusconi dovrà prendere atto che anche l’ex grillina Laura Granato, la parlamentare alla quale si era presentato al telefono come “quello del Bunga bunga” – secondo quanto riferita dalla senatrice ai giornali – ha firmato l’appello per Maddalena. Il più votato tra una rosa di tredici nomi in cui erano inclusi anche i più acerrimi nemici di vaccini e Green Pass come il filosofo Giorgio Agamben e il giurista Ugo Mattei. E, infatti, nel pattuglione dei firmatari, compaiono nomi di parlamentari noti per la loro avversione al vaccino come quello di Pino Cabras, che è nella componente del misto alla Camera “Alternativa”, rifugio degli ex grillini fuoriusciti dopo l’ingresso nel governo Draghi deciso dal Movimento Cinque Stelle.
Berlusconi tenta anche Paragone
Su Berlusconi teoricamente potrebbero convergere i tre voti al Senato di Italexit, il movimento fondato da Gianluigi Paragone, giornalista passato dalla Lega, di cui ha diretto il giornale, a vicedirettore di Libero, per poi diventare conduttore di talk su La7 dove aveva ripreso anche la sua passione per il rock, e di qui catapultato nelle liste del Movimento Cinque Stelle. Presentatosi come candidato sindaco a Milano nell’ultima tornata amministrativa, è rimasto fuori da Palazzo Marino per i pochi voti ricevuti dalla sua lista. Sarà difficile pertanto, quando si tornerà alle urne per il nuovo Parlamento, con il numero ridotto di senatori e deputati, possa sperare in una rielezione. Per lui Berlusconi potrebbe avere usato la sirena di una ricollocazione professionale. Paragone per ora non si è espresso pubblicamente per alcun candidato. Lo ha fatto solo per bocciare l’ipotesi Draghi (“mai un banchiere al Quirinale”), che lascia sperare il fondatore di Mediaset.
Lupi-Toti-Quagliariello, voti certi (ma non troppo…)
Nei gruppi misti ci sono anche esponenti di formazioni che appoggiano apertamente la candidatura di Berlusconi, come Noi per l’Italia di Maurizio Lupi alla Camera (cinque deputati) e Idea-Cambiamo di Giovanni Toti (che è uno dei tre grandi elettori espressi dalla Liguria, dove è presidente) e Gaetano Quagliariello: nove senatori. Proprio ieri, però, in una intervista a “Repubblica” Quagliariello ha detto che “la candidatura di Berlusconi rischia di rallentare, o addirittura di vanificare, la costruzione di un grande partito liberale europeo, l’obiettivo a cui teniamo e che per noi va anche oltre il Quirinale”, aprendo a un’ipotesi Draghi. Il “peso” di Coraggio Italia nella partita del Quirinale è di 32 voti.
In questa legislatura 274 cambi di casacca
Tornando ai gruppi misti, illuminante è l’analisi fatta da Openpolis sui cambi di casacca in questa legislatura. Vi si legge: “Dal 2018 a oggi i cambi di gruppo in totale sono stati 274, per una media di 6,2 al mese. Alla camera i deputati coinvolti sono stati 141 per un totale di 180 cambi di gruppo. A palazzo Madama invece i riposizionamenti sono stati 94 e hanno visto protagonisti 68 senatori. Il 2021 è stato l’anno in cui questo fenomeno si è verificato più spesso (…) i cambi di appartenenza sono stati complessivamente 126. Più del doppio rispetto a tutti quelli avvenuti nell’anno precedente (58) e una quota significativamente più alta anche rispetto a quanto avvenuto nel 2019 (72)”.
Ovviamente molti di loro sono andati a ingrossare le fila dei gruppi misti, dove oggi siedono i 113 parlamentari che saranno decisivi nell’elezione del successore di Sergio Mattarella.