Perchè leggere questo articolo: La proposta di Berrino: quattro anni e mezzo di carcere e sino a 120mila euro di sanzione per i giornalisti. Bortoli (presidente OdG): “Inaccettabili pulsioni autoritarie”. Ma anche dentro la maggioranza si prendono le distanze. Bongiorno (Lega): “Ci saranno riunioni”. Insomma, alla fine non se ne farà nulla?
“L’Italia è stata più volta richiamata dalle istituzioni europee e dalla CEDU per avere ancora, nel codice penale, la pena del carcere per la diffamazione a mezzo stampa. La Corte Costituzionale ha esplicitamente invitato il Parlamento, nel 2021, a rimuovere la pena detentiva per tale reato. Sarebbe un grave passo indietro, si tratta di posizioni inaccettabili frutto di pulsioni autoritarie“. E’ netta la posizione espressa con una nota dal presidente del consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti Carlo Bortoli in merito all’emendamento presentato da Gianni Berrino di Fratelli d’Italia al ddl sulla diffamazione. L’introduzione dell’articolo 13-bis sulla legge sulla stampa comporterebbe il carcere sino a quattro anni e mezzo e multe sino a 120mila euro per quei giornalisti che venissero riconosciuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa.
Questo il testo dell’articolo: “Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa” fatti “che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50mila a 120mila euro. Se si sa che l’offeso è innocente la pena aumenta da un terzo alla metà, cioè fino a 4 anni e mezzo di carcere”.
Diffamazione, Berrino spiega: “Contro il killeraggio morale della libertà di stampa e le macchine del fango”
Il capogruppo in commissione Giustizia del Senato ha chiarito l’intento del suo emendamento: “La diffamazione, anche a mezzo stampa, è sempre stata punita con la pena detentiva dalla legge. Noi, con norma più liberale, eliminiamo la detenzione per la ipotesi semplice, la riduciamo, pur mantenendola come alternativa alla multa, per il caso di attribuzione di un fatto determinato falso e per l’ipotesi di attribuzione del fatto determinato falso e costituente reato. Le condotte che mantengono una punizione detentiva, seppur sempre attenuata, non sono relative alla libertà di stampa, ma ad un uso volutamente distorto e preordinato al killeraggio morale della libertà di stampa”. Su questo, Berrino ha insistito: “Nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone”. Quello “non è diritto d’informazione”, ma “un’orchestrata macchina del fango”.
Berrino, una norma anche contro le fake news
Berrino, come ha ricostruito Ansa, propone anche l’introduzione di una nuova norma contro le ‘fake news’: l’articolo 595-bis del codice penale. Con questo nuovo articolo “chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione” attribuisce pubblicamente “fatti che sa essere anche in parte falsi”, è punito con la reclusione da 6 mesi a 1 anno e con la multa da 15mila a 50mila euro“. E se il fatto attribuito costituisce un reato “la pena aumenta da un terzo alla metà”. Se poi l’offesa è diretta a “un Corpo politico, amministrativo o giudiziario”, le “pene aumentano”. In più, Berrino amplia, tra l’altro, la platea dei responsabili prevedendo non più solo “l’autore dell’offesa’, ma anche “l’ autore della pubblicazione”.
Diffamazione, l’emendamento di Berrino divide la stessa maggioranza. Bongiorno (Lega): “Ci saranno riunioni…”
Proposte che stanno creando sconcerto. Non solo tra i giornalisti e tra le opposizioni politiche. Ma anche all’interno della stessa maggioranza. La presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno (Lega) ha dichiarato: “Come presidente della commissione Giustizia ho cercato di far trovare un punto di mediazione tra opposizione e maggioranza e vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni. In merito agli emendamenti di Berrino, allo stato non posso pronunciarmi. Ci saranno delle riunioni di maggioranza. Io credo che ciò che veramente si deve mettere a fuoco è che la materia è delicata. Credo che sia importante soprattutto intervenire sul tema dei titoli e delle rettifiche”.
Ed il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, interpellato da LaPresse: “Non abbiamo fatto in tempo ad approfondire il contenuto degli emendamenti. Lo faremo in maggioranza prima di cominciare a votare. Il carcere per i giornalisti? Bisogna vedere se è conciliabile con la sentenza della Consulta”.
Netto Maurizio Lupi: (Noi moderati): “Diciamo un deciso no: non è così, con pene detentive che possono arrivare a oltre 4 anni, che si frena il malcostume della diffamazione a mezzo stampa. Ma soprattutto siamo in presenza di una sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima la previsione dell’obbligo di applicazione della pena detentiva. Bisogna trovare il modo di bilanciare la tutela della reputazione individuale con la difesa della libertà di parola e dell’attività giornalistica, ma non è sicuramente questa la strada”
La levata di scudi dei giornalisti. Costante (Fnsi): “Orbanizzazione dell’Italia”
Insomma, l’impressione è che si potrebbe alla fine arrivare ad un forte ridimensionamento della proposta di Berrino. Contro la quale nel frattempo, come detto, c’è già stata la levata di scudi della categoria diretta interessata.
Oltre all’Ordine dei Giornalisti, si è espressa anche la segretaria della Fnsi Alessandra Costante: “Gli emendamenti presentati in commissione Giustizia dal senatore di FdI Gianni Berrino al ddl Diffamazione dimostrano che qualcuno non ha capito molto delle sentenze della Corte costituzionale in materia. Il carcere per i giornalisti è un provvedimento incivile e denota la paura di questo governo nei confronti della libertà di stampa. Questa è l’orbanizzazione del Paese“. “Parlare di carcere in caso di quella che viene considerata ‘diffamazione grave’ significa voler mettere il silenziatore a molte inchieste giornalistiche. Appare, inoltre, del tutto pretestuosa e funzionale a un disegno liberticida la confusione tra fake news e diffamazione a mezzo stampa. Con queste norme faremo un altro salto indietro nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione. L’auspicio è che in Parlamento anche pezzi della maggioranza sappiano reagire di fronte a questo ennesimo sfregio all’articolo 21 della Costituzione”.
E l’esecutivo Usigrai: “Ancora un attacco alla libertà di stampa. Stavolta il partito della presidente Giorgia Meloni dopo la par condicio à la carte, fa un altro passo verso paesi come Russia, Cina, Bielorussia o Iran: i giornalisti rischiano fino a 4 anni e mezzo di carcere (…) Siamo di fronte a un fatto gravissimo. Lo è ancora di più se si pensa che l’emendamento arriva dal partito della presidente del Consiglio, visto che la Corte Costituzionale si è espressa chiaramente contro il carcere per i giornalisti e il nostro paese è stato richiamato dalla corte europea dei diritti dell’uomo e dalle istituzioni”.