La partita per la Commissione Europea è apertissima in Italia. E a pochi mesi dal decisivo voto per le elezioni europee con cui Giorgia Meloni vuole veder Fratelli d’Italia affermarsi come prima forza italiana al Parlamento europeo iniziano rumors e indiscrezioni su chi potrà essere il successore di Paolo Gentiloni come esponente italiano nell’esecutivo comunitario.
Roma e Bruxelles, destini incrociati
La partita va parallela a altre questioni. Ad esempio Mario Draghi è stato dato in passato assieme ad Antonio Tajani come un candidato papabile per la guida della Commissione stessa. Ma il Partito Popolare Europeo di cui Forza Italia fa parte ha scelto di appoggiare l’inedita ricandidatura della non brillante Ursula von der Leyen a Palazzo Berlaymont, chiudendo l’ipotesi di ascesa del vicepremier e Ministro degli Esteri. Mentre Draghi è dato piuttosto in lizza per il Consiglio Europeo, dove potrebbe giocarsi la poltrona con un altro italiano ed ex premier, Enrico Letta. En passant, entrambe candidature che sarebbero in quota a Emmanuel Macron prima che a Giorgia Meloni.
Alla premier e al governo saranno deputate le scelte per il prossimo commissario. Una partita che innanzitutto assomiglia a un derby tra i due pretendenti più forti, nonché i ministri più attivi a muoversi sull’asse Roma-Bruxelles: il meloniano Raffaele Fitto e il leghista Giancarlo Giorgetti. Dati per favoriti nella partita per la Commissione.
Giorgetti e Fitto, pro e contro del derby
Il leghista Giorgetti è ritenuto come figura molto organica a quell’asse popolare, europeista e conservatore attorno cui si vuole costruire l’eventuale von der Leyen bis. E ha un’indubbia esperienza nei rapporti con Bruxelles. Inoltre, avrebbe la prospettiva di ambire a una poltrona di peso come la Commissione Industria dell’alleato Thierry Breton o un commissariato economico.
Il nodo è però duplice. Da un lato, il tema tutto politico dell’apertura di un fronte romano con la messa in discussione della leadership del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con conseguente rimpasto dell’esecutivo. Dall’altro, la durezza della posizione di Matteo Salvini e della Lega contro la possibile riproposizione dell’asse popolari-socialisti in Europa.
Fitto potrebbe invece sbarcare in Europa come membro del partito di Meloni e in quota ai Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) che vogliono giocare su posizioni più avanzate la partita comunitaria. I frequenti screzi che il Ministro degli Affari Europei con delega al Pnrr ha avuto per la Commissione è considerato un problema politico non secondario. Tuttavia, da eurodeputato di lungo corso l’ex presidente della Regione Puglia conosce alla perfezione i meccanismi negoziali di Bruxelles e Strasburgo.
Commissione Ue, i possibili outsider politici: Salini e Zaia
Qualora Meloni non volesse toccare caselle governative, resta comunque un’ampia possibilità per candidati a ruoli apicali in Europa. Nei mesi scorsi era emersa la suggestione di una candidatura di Luca Zaia come possibile altro nome spendibile in Europa. Oggigiorno, Fdi potrebbe pensare a un esponente della Lega agli antipodi rispetto a Salvini per blindare l’alleato in caso di crisi di leadership dopo una possibile crisi comunitaria. Ottenendo in cambio la candidatura di un meloniano per la successione alla Regione Veneto.
Una suggestione su cui non sembrerebbe ad oggi convergere la volontà del diretto interessato, in ogni caso. Più strutturata parrebbe invece la possibilità di una scelta interna ai ranghi degli eurogruppi di centrodestra: Lo Spiffero nei mesi scorsi aveva indicato come papabile il forzista Massimiliano Salini. Cremonese, attivissimo sulle commissioni ambientali e industriali del Parlamento Europeo Salini, ha scritto la testata diretta da Bruno Babando, è stato “recordman di preferenze nella circoscrizione Nord-Ovest e in particolare nella sua Lombardia”.
Un limite? Salini è “ritenuto troppo vicino a Comunione e Liberazione e in qualche modo pure gravato dai suoi trascorsi con Angelino Alfano“. Ma del resto da esponente del Ppe potrebbe ricevere un’agevolissima approvazione nella grande coalizione comunitaria allargata a socialisti e liberali, non dispiacendo anche alla destra.
Anche Roberto Cingolani in quota Commissione?
Un ultimo nome che suggestiona i commentatori, e di cui la stessa testata di Babando ha fatto cenno, è quello di Roberto Cingolani. L’amministratore delegato di Leonardo e ministro della Transizione Ecologica nel governo Draghi è da tempo in prima fila per chiedere l’istituzione di un commissariato europeo alla Difesa per gestire l’attuale fase competitiva in cui il Vecchio Continente è coinvolto.
Parole che fanno pensare a un grande interessamento per la questione del futuro sviluppo delle nomine europee del governo Meloni. Cingolani ha standing internazionale ed è stimato. E tra i manager delle big europee della Difesa è un esponente che ha incarichi politici alle spalle. Un profilo tecnicamente ideale, qualora questo commissariato nascesse. Ma al tempo stesso una figura legata a Meloni da un vincolo di fiducia personale, non da connotati politici comuni. Qualcosa che potrebbe penalizzare Cingolani agli occhi del centrodestra.
Chi non sarà della partita è invece il già eurodeputato e attuale presidente di Regione Piemonte, Alberto Cirio. Il 9 giugno, giorno delle Europee, anche lui sarà in campo, ma nel suo territorio, ove cercherà la riconferma. Il nome di Cirio sarebbe rientrato nel quadro del rimescolamento delle presidenze regionali a favore di Fdi. Ma dopo la scottante esperienza sarda del centrodestra la linea in Basilicata, Piemonte e Umbria è la riconferma degli uscenti. E dunque Cirio è indirizzato verso un possibile secondo mandato a Torino. Restringendo la rosa dei possibili commissari dell’Italia.